Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23095 del 09/05/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 23095 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: LOMBARDI ALFREDO MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Cantore Rosina, nata a Gassano allo Ionio il 10/03/1956

avverso la sentenza in data 06/12/2012 della Corte di appello di Catanzaro

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alfredo Maria Lombardi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Francesco Salzano, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Catanzaro ha
confermato la sentenza del Tribunale di Castrovillari in data 07/02/2012, con la
quale Cantore Rosina era stata dichiarata colpevole dei reati di cui agli art. 44,
comma 1 lett. c), 64, 65, 71, 72, 95 del DPR n. 380/2001 (capi a, b, c e d), 181,
comma 1, del D. Lgs. n. 42/2004 (capo e), 349, comma secondo, c.p. (capo f), a
lei ascritti per avere costruito un manufatto con strutture in conglomerato
cementizio armato in zona sismica e sottoposta a vincolo paesaggistico, senza il
permesso di costruire e senza l’autorizzazione dell’amministrazione preposta alla

Data Udienza: 09/05/2013

tutela del vincolo, nonché per avere violato i sigilli apposti dall’autorità
giudiziaria, proseguendo i lavori abusivi.
La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali l’appellante
aveva censurato la mancata sospensione del processo in attesa della definizione
del procedimento di sanatoria, dedotto l’inesistenza del vincolo paesaggistico e
censurato la condanna per il delitto di cui all’art. 349 c.p., deducendo che non
erano stati apposti sigilli al manufatto abusivo.

denuncia con tre mezzi di annullamento.
2.1 Vizi di motivazione.
La sentenza impugnata ha respinto il motivo di gravame con il quale era
stata censurata la mancata sospensione del processo in attesa della definizione
del procedimento di sanatoria, affermando che mancava ogni prova
dell’avvenuto deposito della relativa istanza e dello stato della pratica. Dagli atti,
invece, emergeva che la relativa istanza era stata prodotta all’udienza

del

27/09/2011 nel giudizio di primo grado ed alla successiva udienza del
07/02/2012 era stata prodotta una nota dell’ufficio tecnico comunale attestante
che la richiesta di sanatoria era in fase istruttoria.
2.2 Vizi di motivazione e violazione di legge in relazione al’art. 192 c.p..
Si denuncia carenza di motivazione delle sentenze di entrambi i gradi di
giudizio in ordine all’accertamento dell’esistenza del vincolo paesaggistico.
2.3 Vizi di motivazione con riferimento al reato di cui all’art. 349 c.p..
Si ripropone la questione della configurabilità del reato di violazione dei
sigilli in assenza della materApposizione di questi ultimi; mancata apposizione
dei sigilli, peraltro, ritenuta dalla stessa sentenza Impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso non è fondato.
2.1 Con il primo motivo di ricorso viene formulata una censura irrilevante.
Da un lato, infatti, la mancata sospensione del processo, in attesa della
definizione del procedimento di sanatoria, non è causa dì nullità, stante il
principio di tassatività ex art. 177 c.p.p. vigente in materia; dall’altro, ai sensi
dell’art. 36, comma 3, del DPR n. 380/2001, decorsi sessanta giorni la richiesta
di sanatorla si intende rifiutata, con la conseguenza che i giudici di merito non
avrebbero neppure potuto sospendere il processo per la indicata causale.
2.2 Il secondo motivo di gravame si esaurisce In una contestazione di natura
fattuale, in quanto nell’imputazione risulta puntualmente indicato il DM
23/01/1976, richiamato in sentenza, con li quale è stato apposto il vincolo
2

2. Avverso al sentenza ha proposto ricorso di persona l’imputata che la

paesaggistico sull’area ove è stato costruito il manufatto abusivo. Peraltro, la
sentenza di primo grado fa anche riferimento sul punto alla deposizione del
verbalizzante ed alla documentazione in atti, sicché anche la censura contenuta
nei motivi di appello si palesa carente del requisito della specificità.
Anche l’ultimo motivo di ricorso è infondato.
Secondo Il consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte, ai
fini della configurabilità del reato di violazione di sigilli, il sigillo può essere
costituito da qualsiasi segno esteriore e percettibile che, in modo anche

valga a manifestare la volontà pubblica di intangibilità di una determinata cosa
mobile o immobile al fine di assicurarne la conservazione, l’identità’ e
consistenza oggettiva. (Sez. 3, Sentenza n. 28546 del 20/03/2012, Bertino, Rv.
253141; sentenze precedenti conformi: n. 2393 del 1991 Rv. 189372; n. 3009
del 1991 Rv. 186569).
Orbene, nel caso in esame emerge dalla sentenza impugnata che era stato
apposto un cartello con la dicitura “cantiere sottoposto a sequestro” e, peraltro,
l’imputata era pienamente consapevole del vincolo, essendo stata nominata
custode della cosa sequestrata.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato con le conseguenze di legge.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 09/05/2013

simbolico, e quindi senza necessità di rendere inaccessibile la “res serbanda”,

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