Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23094 del 09/05/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 23094 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: AMORESANO SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) Lia Filippo

nato il 17.9.1967

avverso la sentenza del 22.10.2012
della Corte di Appello di Milano
sentita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano
sentite le conclusioni del P. G., dr. Francesco Salzano, che
ha chiesto rigettarsi il ricorso

Data Udienza: 09/05/2013

1. Con sentenza del 22.10.2012 la Corte di Appello di Milano, decidendo in seguito di rinvio
disposto dalla Corte di Cassazione in data 10.7.2009, in parziale riforma della sentenza emessa
il 21.10.2003 dal GUP presso il Tribunale di Milano, con la quale Lia Filippo, previo
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed applicata la diminuente per la scelta
del rito, era stato condannato per il reato di cui all’art.73 DPR 309/90 (perchè illecitamente,
al fine di spaccio, acquistava o comunque riceveva un quantitativo di circa 1 Kg. di cocaina),
riduceva la pena inflitta in primo grado ad anni 3, mesi 1, giorni 10 di reclusione, ferma
restando la sanzione pecuniaria di euro 20.000,00 di multa.
Premetteva la Corte territoriale che l’annullamento era stato disposto soltanto in relazione al
trattamento sanzionatorio, ma che appariva a tal fine necessario ripercorrere la ricostruzione
del fatto.
Tanto premesso rilevava la Corte territoriale che all’imputato erano state già concesse le
circostanze attenuanti generiche e che era condivisibile la valutazione del primo giudice in
ordine al rigetto della richiesta di concessione della circostanza attenuante del fatto di lieve
entità, essendo stato accertato che il Lia era persona di fiducia degli altri compartecipi (e
quindi ben inserita nel traffico di sostanze stupefacenti) e tenuto conto del dato ponderale.
La pena base, pur potendo essere ridotta in considerazione anche del tempo trascorso dal
fatto, non poteva essere determinata nel minimo edittale per il dato quantitativo e per il
contesto in cui si inseriva la condotta di cui all’imputazione.
2. Ricorre per cassazione Filippo Lia , denunciando l’erronea applicazione di legge penale,
nonché l’illogicità della motivazione.
La Corte territoriale ha ritenuto di pronunciarsi in merito alle intercettazioni, che costituiscono
la principale se non l’unica prova, senza tener conto che esse erano inutilizzabili.
Venendo a mancare tale supporto probatorio non è dato comprendere come sia stato possibile
ritenere la partecipazione al reato del ricorrente in modo rilevante, al punto da escludere la
circostanza attenuante del fatto di lieve entità, e determinare la pena in misura superiore al
minimo edittale.
Non vi è alcuna prova in ordine al quantitativo di stupefacente. Peraltro la Corte territoriale
non ha tenuto conto del ruolo del tutto marginale avuto dall’imputato e del suo stato di
incensuratezza, che smentiscono la supposta caratura criminale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. La sentenza della sezione 4 di questa Corte del 10.7.2009 era chiarissima nel disporre
l’annullamento limitatamente alla determinazione della pena per carenza di motivazione sul
punto. Il ricorso del Lia veniva, infatti, rigettato in ordine alla eccepita inutilizzabilità delle
intercettazioni telefoniche e quindi all’affermazione della penale responsabilità dell’imputato, su
cui si formava quindi il giudicato.
Secondo giurisprudenza, assolutamente pacifica, di questa Corte, infatti,
“In caso di
annullamento parziale della sentenza, qualora siano rimesse al giudice del rinvio questioni
relative al riconoscimento delle attenuanti generiche e alla determinazione della pena, il
giudicato formatosi sull’accertamento del reato e della responsabilità impedisce perfino la
declaratoria di estinzione del reato per prescrizione sopravvenuta alla sentenza di
annullamento” (cfr.da ultime Cass.pen.sez.2 n.8039 del 9.2.2010m; Cass.pen.sez.3 n.15101;
conf.Cass.sez.4 n.2843 del 20.11.2008; Cass.sez.2 n.12967 del 14.3.2007; sez,un.n.1 del
2000 Rv216239).
2.1. Stante la formazione progressiva del giudicato (l’annullamento era stato disposto solo per
la determinazione della pena), ogni questione in tema di responsabilità era quindi preclusa.

2

RITENUTO IN FATTO

3. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma che pare congruo
determinare in euro 1.000,00 ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali,
nonché al versamento alla cassa delle ammende della somma di euro 1.000, 00.
Così deciso in Roma il 9.5.2013

Di tanto ha correttamente dato atto la Corte territoriale, che ha ripercorso la ricostruzione del
fatto (così come irrevocabilmente accertato) ai fini della quantificazione della pena.
Ed alla luce di tali emergenze, con motivazione adeguata ed immune da vizi logici, ha ritenuto
che il Lia fosse una persona di fiducia degli altri concorrenti, e che quindi fosse ben inserito
nell’ambiente dei soggetti che trafficavano In partite rilevanti di cocaina; ed inoltre che delle
caratteristiche dello stupefacente e del quantitativi significativi smerciati si aveva conferma
nelle telefonate intercettate. Tutti tali elementi portavano ad escludere che la pena base
potesse essere determinata nel minimo edittale.
Il ricorrente continua, invece, ad insistere, in modo assertivo, sul ruolo marginale avuto nella
vicenda e sulla inutilizzabllità delle intercettazioni per pervenire ad una diversa valutazione.

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