Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23091 del 09/05/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 23091 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: LOMBARDI ALFREDO MARIA

SENTENZA

sui ricorso proposto da
Di Bernardino Mario, nato a Carsoli il 25/05/1935

avverso la sentenza in data 20/10/2011 della Corte di appello di L’Aquila

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alfredo Maria Lombardi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Francesco Salzano, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Carlo Luppino, in sostituzione dell’avv. Guido Ponziani,
che ha concluso chiedendo dichiararsi la prescrizione dei reati.

RITENUTO IN PATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di L’Aquila ha confermato
la sentenza del Tribunale di Avezzano in data 16/09/2009, con la quale Di
Bernardino Mario era stato dichiarato colpevole dei reati: a) di cui all’art. 256,
comma 3, del D. Lgs n. 152/2006, a lui ascritto, perché, lasciando abbandonato
il complesso denominato “ex fornace Corvaia”, senza provvedere alla sua
bonifica, faceva sì che le coperture in cemento amianto dei capannoni andassero

Data Udienza: 09/05/2013

In disfacimento con la conseguenza di diffondere nell’ambiente circostante rifiuti
pericolosi, nonché per avere depositato nel sito anche altri rifiuti pericolosi e non
pericolosi, trasformando la zona in una discarica non autorizzata; b) di cui all’art.
674 per avere, con la descritta condotta, provocato emissioni nell’atmosfera di
fibre di amianto; c) di cui all’art. 677, comma terzo, c.p. per avere omesso di
provvedere ai lavori necessari per rimuovere la situazione di pericolo per le
persone che si era creata.
La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali l’appellante

abusiva quale conseguenza della condotta omissiva addebitata al Di Bernardino;
contestato l’accertamento della diffusione di polveri di amianto e, in ogni caso, il
superamento dei limiti di legge previsti in materia; contestato, infine,
l’accertamento della violazione di cui al capo c) in quanto fondato solo sulle
dichiarazioni di un teste de relato.
La sentenza ha affermato, con riferimento al reato di cui al capo a), che
l’imputato aveva serbato una condotta di partecipazione attiva anche con i terzi,
rimasti ignoti, che avevano effettuato il ripetuto abbandono di rifiuti, non
provvedendo In alcun modo ad evitare il protrarsi o l’aggravarsi della situazione,
come peraltro gli era stato imposto dal sindaco di Oricola con apposita ordinanza
del 13 settembre 2007.
Quanto al reato di cui al capo b) la sentenza ha affermato che la clausola
“nei casi non consentiti dalla legge” contenuta nell’art. 674 c.p. si riferisce alle
emissioni di gas, vapori o fumo e non al getto o rilascio di polveri, ravvisabile nei
caso in esame. L’accertamento degli elementi costitutivi del reato di cui al capo
c) emergeva Infine dalle risultanze delle fotografie in atti e dalla deposizione del
teste oculare, M/Ilo della GG.FF. Apodia Paolo.

2. Avverso la sentenza ha proposto personalmente ricorso il DI Bernardino,
che la denuncia con quattro mezzi di annullamento.
2.1 Mancata assunzione di una prova decisiva e vizi di motivazione.
Con il motivo di gravame si denuncia la violazione degli art. 195, comma 3,
495, comma 4, e 603 c.p.p.. Il teste Apodia Paolo si era limitato a riferire quanto
appreso da un funzionario del Genio civile, non meglio identificato, e dal Mulo
della GG.FF. D’Antonio Agostino, che avevano effettuato il sopralluogo disposto
dal Genio civile. Il giudice di primo grado aveva disposto la citazione dei M/lio
D’agostino su richiesta della difesa, ma aveva, poi, ingiustIficatamente revocato
la prova, che non è stata neppure ammessa dalla Corte territoriale. La
deposizione del Millo Apodia risultava pertanto inutilizzabile in quanto teste de
relato.
2.2 Errata applicazione della legge penale.
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aveva contestato la configurabilità del reato di realizzazione dl una discarica

Si contesta, in sintesi, la configurabilità della fattispecie di cui all’art. 256 del
D. Lgs n. 152/2006 quale conseguenza della condotta meramente omissiva
ascritta all’imputato.
2.3 Errata applicazione di legge con riferimento al reato di cui all’art. 674.
La presunta dispersione di polveri contenenti amianto non ha formato
oggetto di alcun accertamento, mentre il fatto integra un’ipotesi di reato solo ove
si verifichi il superamento del limiti previsti dall’art. 3 della L n. 257/1992.
Anche con riferimento a detto capo di imputazione inoltre l’affermazione di

mentre per la configurabilità del reato di cui all’art. 674 c.p. occorre una
condotta attiva.
2.4 Inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità e mancanza
di motivazione.
Nei motivi di appello era stato dedotto che la condotta ascritta all’imputato
doveva essere inquadrata nella fattispecie di cui all’art. 255 del D. Lgs n.
152/2006 ed anche il P.G. di udienza aveva chiesto la riqualificazione del fatto.
La sentenza ha totalmente ignorato tali richieste, confondendole con quella di
esclusione della recidiva, che non è configurabile nei reati contravvenzionali. Si
denuncia infine violazione dell’art. 521 c.p.p. con riferimento alla rispondenza tra
imputazione e fatto ritenuto in sentenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non è fondato.
2.1 Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Emerge dalla sentenza di primo grado, la cui motivazione integra, per
l’uniformità della decisione, quella di appello, che l’accertamento dei fatti e della
situazione dei luoghi è fondato sulle risultanze di numerosi

sopralluoghi

effettuati, in prosleguo di tempo, dall’ispettore del lavoro Osvaldo Perrotta, dal
dott. Giancaterino Giammaria, biologo dell’ARTA, dal M/Ilo della GG.FF. Paolo
Appodia, che in data 26 marzo 2008 aveva provveduto al sequestro dell’area, dal
M/110 dei C.C. Americo Mincone, da uno del residenti nei pressi della ex fornace,
Virgilio Conti.
Sicché la decisione del giudice di primo grado, afferente alla superfluità della
deposizione dell’ulteriore teste, la cui escussione era stata chiesta dalla difesa
dell’imputato, si palesa assolutamente coerente con la ritenuta esaustività delle
prove già acquisite, mentre la deduzione del ricorrente, secondo la quale Il M/IIo
Appodia sarebbe stato solo un teste de relato, è contraddetta dalla deposizione
del medesimo teste.
2.2 Il secondo motivo di ricorso è infondato.

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colpevolezza è fondata sulla posizione di garanzia attribuita al Di Bernardino,

Effettivamente, secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa
Corte, la fattispecie della realizzazione e gestione di una discarica si configura
come reato che si realizza mediante condotte commissive. (Sez. U, Sentenza n.
12753 del 05/10/1994, Zaccarelli Rv. 199385; sez. 3, sentenza n. 31401 del
08/06/2006, Boccabelia, Rv. 234942; sez. 3, sentenza n. 2477 del 2008,
Marciano’ e altri, Rv. 238541).
La giurisprudenza citata, in particolare, ha affermato l’insussistenza di un
obbligo del proprietario dell’area adibita a discarica di attivarsi per la rimozione

proprietario con coloro che hanno conferito i rifiuti.
Nel caso in esame, però, deve trovare applicazione il disposto dell’art. 40,
comma secondo, c.p..
Emerge, infatti, sempre dalla sentenza di primo grado, che l’imputato era
destinatario di un’ordinanza, emessa in data 13 settembre 2007 dal sindaco del
Comune di Oricola, con la quale gli era stato ingiunto di provvedere alla
rimozione della copertura fatiscente, alla messa in sicurezza dell’immobile ed alla
recinzione dell’area, per impedire l’ulteriore accumulo di rifiuti da parte di terzi.
Detto provvedimento, pertanto, era finalizzato proprio ad impedire, che il
sito, ormai trasformato in discarica, subisse ulteriori incrementi della massa di
rifiuti, sia in conseguenza dell’ulteriore sfaldamento della copertura costituita da
materiale contenente cemento-amianto (eternit), sia per l’apporto di ulteriori
rifiuti da parte di terzi.
E’ evidente, pertanto, il nesso causale tra la condotta omissiva dell’imputato
e l’ulteriore incremento della discarica, che lo stesso aveva l’obbligo di impedire
In esecuzione del preciso ordine impostogli dall’autorità amministrativa, con la
conseguente sussistenza del reato ascritto allo stesso.
Per completezza di esame, si deve rilevare che la fattispecie, così come
accertata era sostanzialmente contestata in fatto nell’imputazione e da essa ha
ampiamente avuto modo di difendersi l’Imputato nel corso del giudizio di merito,
avendo avuto conoscenza dl tutte le citate risultanze probatorie, con la
conseguente insussistenza della violazione di cui all’art. 521 c.p.p.. (sez. 3,
sentenza n. 15655 del 27/02/2008, Rv. 239866; conformi: sentenze n. 41663
del 2005 Rv. 232423, n. 10103 del 2007 Rv. 236099, n. 34789 del 2007 Rv.
237415, n. 45993 del 2007 Rv. 239320; di recente: sez. 6, 22/01/2013 n. 5890,
RV 254419).
Ovviamente il fatto accertato è stato correttamente inquadrato nell’ipotesi di
reato di cui all’art. 256, comma 3, del D. Lgs n. 152/2006 e non in quella di cui
all’art. 255 dello stesso Testo Unico, configurandosi per la situazione di degrado
dei luoghi l’esistenza di una discarica.
2.3 Anche Il terzo motivo di ricorso è infondato.

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dei rifiuti depositati da terzi, allorché non risulti accertato il concorso del predetto

E’ stato già reiteratamente affermato da questa Corte che la diffusione di
polveri nell’atmosfera rientra nella nozione di “versamento di cose” ai sensi della
prima Ipotesi dell’art. 674 cod. pen. e non in quella di “emissione di fumo”
contemplata dalla seconda ipotesi, in relazione alla quale soltanto è richiesto il
superamento dei limiti di legge, poiché, se il fumo è sempre prodotto della
combustione, la polvere è prodotto di frantumazione e non di combustione. (sez.
3, sentenza n. 16422 del 11/01/2011, P.G., P.C. Busattto e altro, Rv. 249982;
Massime precedenti Conformi: N. 447 del 1994 Rv. 195922, N. 42924 del 2002

Nel resto valgono le osservazioni precedenti in ordine alla ascrivibilità
all’imputato della condotta ex art. 40, comma secondo, c.p..
2.4 Le censure di cui all’ultimo motivo di ricorso sono assorbite dai rilievi già
esposti in punto di diritto sostanziale e processuale.
3. Osserva, però, la Corte che dalla data di commissione del fatto o di
cessazione della permanenza dello stesso, coincidente con quella del sequestro
dell’immobile eseguito in data 26 marzo 2008, è Interamente decorso il termine
di prescrizione dei reati, ai sensi dell’art. 157 e 160 c.p., non rilevandosi
sospensioni del decorso del termine.
La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata senza rinvio per la
indicata causale.
Stante la infondatezza del ricorso, devono essere confermate le statuizioni
civili della pronuncia impugnata ai sensi dell’art. 578 c.p.p..

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché i reati sono estinti per
prescrizione. Conferma le statuizioni civili della sentenza,
Così deciso il 09/05/2013

Rv. 223033, N. 16286 del 2009 Rv. 243454).

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