Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23078 del 28/02/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 23078 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BARBATO MARCO N. IL 23/05/1971
BOUGERRA FAZAA N. IL 14/10/1990
avverso la sentenza n. 118/2013 CORTE APPELLO di GENOVA, del
04/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 28/02/2014

1) Con sentenza del 4.4.2013 la Corte di Appello di Genova, in parziale riforma della
sentenza del GIP del Tribunale della Spezia, emessa il 18.7.2012, con la quale Barbato
Marco e Bougeerra Fazaa (con la diminuente per la scelta del rito e concesse le
circostanze attenuanti generiche al solo Bougeerra) erano stati condannati per il
reato di cui all’art.73 DPR 309/90 ed il Barbato anche per i reati di cui agli artt.337
c.p.582, 585 c.p., riduceva la pena inflitta al Barbato ad anni 5 di reclusione ed euro
22.000,00 di multa ed al Bougeerra ad anni 2, mesi 8 di reclusione ed euro 14.000,00
di multa.
Ricorrono per cassazione gli imputati, denunciando la violazione di legge ed il vizio di
motivazione, in relazione alla mancata concessione della circostanza attenuante
speciale di cui all’art.73 comma 5 DPR 309/90 ed il Barbuto anche in riferimento al
mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
2) I ricorsi sono manifestamente infondati.
2.1) La circostanza attenuante di cui all’art.73 comma 5 DPR 309/90 “può essere
riconosciuta solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia
dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla
disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell’azione, con la conseguenza che, ove
venga meno uno soltanto degli indici previsti dalla legge, diviene irrilevante l’eventuale
presenza degli altri” (cfr.Cass.sez.un.21.9.2000 n.17; conf.Cass.sez.4, 16.3.2005
n.10211; Cass.sez.4 ,1.6.2005 n.20556). Anche la giurisprudenza successiva ha ribadito
che “..il giudice è tenuto a complessivamente valutare tutti gli elementi indicati dalla
norma, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia
quelli che attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze
stupefacenti oggetto della condotta criminoso), dovendo conseguentemente escludere
la concedibilità dell’attenuante quando anche uno solo di questi elementi porti ad
escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di lieve entità…” (cfr ex multis
Cass.pen.sez.4 n.38879 del 29.9.2005; conf.Cass.sez.6 n.27052 del 14.4.2008).
2.2) Con valutazione argomentata adeguatamente, come tale non sindacabile in questa
sede di legittimità, la Corte di merito ha ritenuto non ipotizzabile siffatta attenuante
per il quantitativo considerevole della sostanza stupefacente (gr.273,3 di eroina con
principio attivo pari a gr.13,36, equivalente a 534 dosi), di cui entrambi gli imputati
erano pienamente consapevoli (pag.3 sent.).
2.3) La Corte distrettuale ha poi ritenuto assolutamente ostativi al riconoscimento
delle circostanze attenuanti generiche al Barbato, i precedenti penali anche specifici
dello stesso.
Ed è pacifico che, ai fini dell’applicabilità delle circostanze attenuanti generiche, il
giudice di merito deve riferirsi ai parametri di cui all’art.133 c.p., ma non è
necessario, a tal fine, che li esamini tutti, essendo sufficiente che specifichi a quale

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OSSERVA

di essa. ha inteso far riferimento. La concessione delle circostanze attenuanti
generiche è, invero, un giudizio di fatto lasciato alla discrezionalità del giudice, che
deve motivare nei soli limiti atti a far emergere, in misura sufficiente, la sua
valutazione.
2.4) I ricorsi debbono quindi essere dichiarati inammissibili, con condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a
favore della cassa delle ammende della somma che pare congruo determinare in euro
1.000,00 ciascuno ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento alla cassa delle ammende della somma di euro
1.00,00 ciascuno.
Così deciso in Roma il 28.2.2014

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