Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23074 del 28/02/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 23074 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MULLIRI GUICLA

Data Udienza: 28/02/2014

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Pantone Placida Lucia, nata a Potenza il 5.10.48
imputata artt. 314 e 479 c.p. e 73 T.U. stup.
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Potenza del 4.4.13

Sentita la relazione del cons. Guida Mùlliri;
osserva

La ricorrente è stata condannata dal Tribunale per avere, nella sua qualità di infermiera
professionale, violato l’art. 314 c.p. utilizzato, per la somministrazione ai tossicodipendenti che
se ne appropriavano, metadone di cui aveva la disponibilità in ragione del suo servizio e,
quindi, dopo avere falsificato i registri di carico/scarico delle sostanze droganti, avere, in
concorso con tali tossicodipendenti, detenuto, presso locali di sua pertinenza, svariati
quantitativi di metadone cloridrato.
La presente impugnazione è stata proposta contro la decisione della Corte d’appello di
confermare quella condanna. La ricorrente, infatti, obietta che al sentenza si basa su
argomentazioni suggestive ma infondate mancando la prova della detenzione della droga da
parte dell’imputata. A tal fine, si ricorda che la contestazione riguarda solo 2/3 episodi di
sottrazioni modeste e si ricorda che la perquisizione eseguita presso l’abitazione dell’imputata
e della figlia ha dato esito negativo ed, in ogni caso, nel periodo incriminato, la Pantone non

4.

Il ricorso è inammissibile perché, come si evince agevolmente anche dalla sintesi degli
argomenti su cui esso si fonda, si tratta di una riproposizione delle emergenze fattuali per
ottenerne una lettura diversa che conduca a conclusioni più favorevoli all’imputata.
Così facendo, però, la ricorrente mostra di equivocare il compito di controllo di questa
S.C. e, soprattutto, di non avere chiaro il concetto che la non condivisibilità di una decisione
non la rende, per ciò solo, illogica.
Conseguentemente, nella misura in cui questa S.C. ravvisi che le prove, sono state
tutte considerate in modo esauriente e non manifestamente contrario alla logica, il
provvedimento esaminato diviene inoppugnabile ed, anzi, si finirebbe per travalicare i confini
di pertinenza del solo giudice di merito se si accedesse ad una diversa interpretazione (ancorché
astrattamente possibile) dei medesimi elementi.
Visto, poi, che la ricorrente denuncia asserite violazioni di legge, resta da puntualizzare,
in via generale, che un vizio motivazionale non dà mai luogo a tale vizio se non quando il
difetto della motivazione consista nel fatto di non esistere graficamente o di essere apparente
mentre l’eventuale illogicità manifesta può denunciarsi, nel giudizio di legittimità, soltanto
tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell’art. 606 stesso codice
(S.U, 28.1.04, Bevilacqua, Rv. 226710).

A tale stregua, esaminato secondo i parametri appena indicati, il presente ricorso non
presta il fianco a critiche di sorta. I giudici, infatti, hanno ricordato, in particolare, il contenuto
della deposizione di Agriesti Giuseppina, medico dirigente presso il Sert nonché quello di altri
pazienti che avevano avanzato il dubbio che il metadone somministrato ad altri fosse stato
diluito con acqua. Altre anomalie nelle somministrazioni del metadone erano state registrate
grazie alle deposizioni di Romano Carmelo e Rufo Maria Donata dalle quali emergeva che
pazienti che non erano più in cura presso i! Sert erano stati annotati come assuntori.
Dal momento che l’infermiera addetta alla somministrazione del metadone era la
Pantone, era a quest’ultima che erano state chieste spiegazioni. Quest’ultima aveva ammesso
l’anomalia consegnando anche il metadone in eccesso che ella custodiva nel proprio armadietto
personale.
Per quel che attiene a! diniego delle gereriche, la doglianza della ricorrente non ha
ragion d’essere state chieste è puramente e semplicemente visto che – come avvenuto anche
in questa sede – si è trattato di una richiesta del tutto generica ed immotivata che poteva
essere disattesa dalla Corte anche solo per tale motivo.
Alla presente declaratoria segue, per legge, la condanna della ricorrente al pagamento
delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 €.

P.Q.M.
Visti gli artt. 610 e ss. c.p.p.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento al!a Cassa delle Ammende della somma di 1000 €.

Così deciso in Roma nell’udienza del 28 febbraio 2014

DE PO ! TATA

I

Il Presidente
(dr. Aldo Fiale)

era l’unica infermiera di quel Sert, inoltre, anche le dichiarazioni dei tossicodipendenti non sono
univoche. In sostanza, manca la prova certa della detenzione della droga da parte
dell’imputata. Infine (terzo motivo) si lamenta la eccessività della pena ed il diniego delle
attenuanti generiche.

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