Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23073 del 28/02/2014
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23073 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MARINI LUIGI
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NGOUDA SOW N. IL 07/09/1990
avverso la sentenza n. 828/2013 CORTE APPELLO di TORINO, del
15/05/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI MARINI;
Data Udienza: 28/02/2014
Con sentenza in data 15/5/2013 la Corte di Appello di Torino ha confermato la sentenza del
14/11/2012 del Tribunale di Torino con cui il Sig. Sow NGOUDA è stato condannato alla pena
di 1 anno di reclusione e 3.000,00 euro di multa in relazione al reato previsto dagli artt.81,
337 cod. pen. e 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309, commesso il 30/10/2012.
Osserva la Corte che il ricorrente propone censure che introducono contestazioni in punto
concernenti il contenuto della decisione e che sollecitano la Corte a rivisitare le valutazioni
operate nel merito dal giudicante con riferimento alla gravità del fatto e al trattamento
sanzionatorio; si tratta di richieste estranee al giudizio di legittimità alla luce di quanto
affermato dalla costante giurisprudenza, secondo cui è “preclusa al giudice di legittimità la
rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di
nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti” (fra tutte: Sezione Sesta
Penale, sentenza n.22256 del 26 aprile-23 giugno 2006, Bosco, rv 234148).
Si osserva, poi, che in presenza di persona gravata da recidiva reiterata, specifica e
infraquinquennale e ritenuta avere posto in essere anche una condotta violenta, i motivi di
ricorso appaiono generici in quanto non si confrontano con la motivazione della sentenza
impugnata, che ha esposto con chiarezza e linearità le ragioni che hanno condotto alla
qualificazione del fatto e alla determinazione della pena. Va, altresì, considerato che nel caso in
esame non risulta violata la legalità della pena alla stregua dei nuovi parametri normativi
introdotti con il decreto legge n.146 del 2013 e successiva legge di conversione.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con
conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., di sostenere le spese del
procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n.186,
e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare
in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la
somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 28/2/2014
Il Presidente
Avverso tale decisione è stato proposto ricorso col quale si lamenta vizio di motivazione ai
sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. in relazione alla determinazione della pena, ritenuta
dal ricorrente eccessiva.