Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2307 del 11/10/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 2307 Anno 2013
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
IL

sul ricorso proposto da

DELLA RAGIONE Nicola, nato a Pozzuoli il 10/5/1968

•I

7, M 7913

ft CA
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LLIERE

DELLA RAGIONE Mario, nato a Bacoli il 27/3/1943
ESPOSITO Giuseppina, nata a Napoli il 22/4/1972
avverso l’ordinanza del 14/11/2011 del Tribunale di Napoli

che ha respinto le

richieste di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo emesso il
12/10/2011 dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Napoli ai sensi
degli artt.321 cod. proc. pen. e 322-ter cod. pen. in relazione ai reati ex artt.2, 4
e 11 del d.lgs. 10 marzo 2000, n.74.
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale,
F.Salzano, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
uditi per i ricorrenti l’avv. F. Pio Porta e l’avv. Franco Coppi, che hanno concluso
chiedendo accogliersi il ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 14/11/2011 il Tribunale di Napoli ha respinto le
richieste di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo emesso il
12/10/2011 dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Napoli ai sensi

Data Udienza: 11/10/2012

degli artt.321 cod. proc. pen. e 322-ter cod. pen. in relazione ai reati ex artt.2, 4
e 11 del d.lgs. 10 marzo 2000, n.74. In particolare il Tribunale ha ritenuto
sussistere il “fumus” del reato di utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti
e l’esistenza di una rilevante evasione d’imposta da parte della società “Porfidi
De.Ra.N. S.r.l.” , così da giustificare il sequestro per equivalente di somme
corrispondenti all’importo delle imposte evase per gli anni 2008 e 2009.
2. Avverso tale decisione i sigg. Della Ragione d Esposito propongono ricorso
tramite il Difensore lamentando errata applicazione di legge ex art.606, lett.b)

per avere il Tribunale:
a. incluso tra le somme soggette a sequestro anche gli importi relativi agli anni
d’imposta anteriori all’anno 2008 e ciò in contrasto con i limiti temporali che
lo stesso provvedimento espressamente fissa;
h. Ritenuto applicabile, senza fornire alcuna motivazione sul punto, la misura
cautelare anche alle persone fisiche che rivestivano un ruolo quale organo di
gestione della società di capitale;
c. Omesso di motivare in ordine alla richiesta di riduzione degli importi soggetti
a sequestro avanzata dalla Difesa.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è viziato da genericità e deve essere dichiarato
inammissibile. Sia il decreto di sequestro preventivo sia l’ordinanza qui
impugnata espressamente indicano come soggette a cautela esclusivamente le
somme e i beni corrispondenti all’importo delle imposte evase per gli anni 2008 e
2009, apparendo il richiamo all’omessa dichiarazione per l’anno 2007 (pag.5
ordinanza) ancorato a specifica censura mossa dalla Difesa in ordine all’esistenza
del “fumus” di reato. A fronte di questa impostazione dei provvedimenti
giudiziali, i ricorrenti lamentano l’estensione del sequestro anche a importi
relativi ad anni d’imposta precedenti, ma tale censura non viene in alcun modo
specificata, né per quanto riguarda l’entità degli importi che eccederebbero le
due annualità consentite né per quanto riguarda il riferimento a specifiche
annualità anteriori all’anno 2008; a ciò consegue che la Corte non è in grado di
comprendere quale sarebbe la situazione di fatto che i ricorrenti pongono a
fondamento dell’errore in cui sarebbe incorso il Tribunale.
2. Venendo al secondo motivo di ricorso, la Corte ritiene che si tratti di
motivo anch’esso infondato. La natura penale del sequestro finalizzato alla
confisca “per equivalente”, che gli stessi ricorrenti riconoscono, trova
fondamento in plurime decisioni sia della Corte europea dei diritti dell’uomo (si

2

cod. proc. pen. e vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen.

vedano i principi generali in tema di confisca fissati con la sentenza 20/1/2009,
Sud Fondi S.r.l. contro Italia) sia della Corte costituzionale (si rinvia ai principi
fissati con le sentenze n.97 del 2/4/2009 e n.196 del 4/6/2010) sia di questa
Corte (per tutte, Sez.5, n.11288 del 26/1/010, Natali, in tema di non
retroattività della disciplina applicabile ai reati tributari. Muovendo da tali
principi questa Corte ha affermato il principio che la misura del sequestro
finalizzato alla confisca “per equivalente” in relazione a reati tributari debba
applicarsi alle persone fisiche che sono ritenute probabili autrici degli illeciti e

a cui i reati si riferiscono e che quelle persone hanno gestito e amministrato; il
principio è stato così sintetizzato:

“Il sequestro preventivo, funzionale alla

confisca per equivalente, previsto dall’art. 19, comma secondo, del D.Lgs. 8
giugno 2001, n. 231, non può essere disposto sui beni immobili appartenenti alla
persona giuridica ove si proceda per le violazioni finanziarie commesse dal legale
rappresentante della società, atteso che gli artt. 24 e ss. del citato D.Lgs. non
prevedono i reati fiscali tra le fattispecie in grado di giustificare l’adozione del
provvedimento, con esclusione dell’ipotesi in cui la struttura aziendale costituisca
un apparato fittizio utilizzato dal reo per commettere gli illeciti.”(rv 253062).
3. Quanto, infine, al terzo motivo di ricorso, la Corte ritiene che il Tribunale
non abbia affatto omesso di dare risposta alla censura proposta dai ricorrenti con
l’istanza di riesame. Citando un precedente giurisprudenziale adottato da questa
Sezione, il Tribunale ha illustrato le ragioni che consentono di procedere al
sequestro dei beni, pur non specificamente individuati nel decreto giudiziale, da
individuarsi successivamente nell’ambito del valore massimo fissato dal giudice
secondo una procedura esecutiva che è soggetta a successivo controllo
dell’autorità giudiziaria. Si tratta di decisione che deve essere condivisa e che
impone di respingere il motivo di impugnazione.
4. Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere
rigettato e i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali ai sensi
dell’art.616 cod. proc. pen.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti I pagamento delle spese processuali.
Così deciso il giorno 11/10/2012

Il C

ere estensore

Il Presidente

non possa avere, almeno in prima battuta, come riferimento i beni della società

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