Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23066 del 28/02/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 23066 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RIVARA TIZIANA N. IL 06/10/1958
avverso la sentenza n. 1737/2010 CORTE APPELLO di GENOVA, del
19/03/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 28/02/2014

1) Con sentenza del 19.3.2013 la Corte di Appello di Genova, in riforma della sentenza
del Tribunale di Imperia, resa in data 11.3.2010 ed appellata dal P.G., dichiarava
Rivara Tiziana colpevole del reato di cui all’art. 2 L.638/83 ascritto e la condannava
alla pena di giorni 15 di reclusione ed euro 600,00 di multa.
2) Ricorre per cassazione Rivara Tiziana, a mezzo del difensore, denunciando la
violazione di legge e la mancanza di motivazione in ordine all’omessa applicazione
della causa di non punibilità.
2) Il ricorso è manifestamente infondato.
3) Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n.1855 del 24.11.2011 (richiamata
anche dalla ricorrente), hanno affermato il principio che nell’ipotesi “in cui l’esercizio
dell’azione penale sia avvenuto prima che l’imputato sia stato messo in condizione di
fruire della causa di non punibilità o per l’omessa contestazione e notificazione
dell’accertamento delle violazioni o per irregolarità della notificazione
dell’accertamento” il giudice di merito deve verificare “se l’imputato sia stato
raggiunto in sede giudiziaria da un atto di contenuto equipollente all’avviso dell’ente
previdenziale che gli abbia consentito, sul piano sostanziale, di esercitare la facoltà
concessagli dalla legge”.
3.1) La Corte territoriale non ha, però, fatto riferimento al decreto di citazione a
giudizio quale equipollente della contestazione, avendo ritenuto che il pagamento era
stato effettuato ben oltre il termine di novanta giorni previsto (addirittura a
dibattimento già iniziato).
La ricorrente, non esclude di avere ricevuto la notifica dell’accertamento da parte
dell’INPS (tanto del resto emerge dagli atti), né contesta la tardività del pagamento
rispetto a tale contestazione, limitandosi a dolersi della mancata indicazione, da parte
della Corte territoriale, della “data di decorrenza del termine di tre mesi”.
4) Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, con condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento
della somma che pare congruo determinare in euro 1.000,00 ai sensi dell’art.616 c.p.p.
4.1) Va solo aggiunto che l’inammissibilità del ricorso preclude la possibilità di
dichiarare la prescrizione, maturata dopo l’emissione della sentenza impugnata.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento alla cassa delle ammende della somma di euro 1.000,00.
Così deciso in Roma il 28.2.2014

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