Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23063 del 28/02/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 23063 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BRANDIMARTE ALFREDO N. IL 27/03/1981
avverso la sentenza n. 2789/2013 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di PESCARA, del 07/05/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 28/02/2014

OSSERVA
1) Con sentenza in data 7.5.2013 il &IP di Tribunale di Pescara applicava a
Brandimarte Alfredo, operata la diminuente per il rito, la pena concordata di anni 4 di
reclusione ed euro 18.000,00 di multa per il reato di cui all’art.73 DPR 309/90.
Ricorre per cassazione l’imputato, denunciando la violazione di legge e il difetto di
motivazione di ordine all’art.129 c.p.p. ed alla congruità della pena.
2) Il ricorso è generico e manifestamente infondato.
2.1) L’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo processuale in
virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si accordano sulla qualificazione
giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza di circostanze, sulla
comparazione delle stesse, sull’entità della pena, su eventuali benefici. Da parte sua il
giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti giuridici e
la congruità della pena richiesta e di applicarla dopo aver accertato che non emerga in
modo evidente una della cause di non punibilità previste dall’art.129 c.p.p.
Quanto alla motivazione in ordine alla mancata applicazione dell’art.129 c.p.p. questa
Corte ha costantemente affermato che occorre una specifica indicazione “soltanto
nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa
la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente
in caso contrario, una motivazione consistente nella enunciazione anche implicita che è
stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la
pronuncia di proscioglimento ex art.129 c.p.p.” (ex multis sez.un.27.3.1992- Di
Benedetto; sez.un.27.9.1995 n.18-Serafino).
2.1.1) Il &IP ha effettuato la necessaria verifica, evidenziando che dagli atti non
emergevano i presupposti per l’applicazione dell’art.129 c.p.p. (risultando provato
l’assunto accusatorio sulla base degli atti di indagine”).
2.2) In ordine alla lamentata omessa motivazione sulla congruità della pena, secondo la
giurisprudenza di questa Corte “Nella motivazione della sentenza applicativa della
pena richiesta dalle parti appare sufficiente il rilievo che detta pena, ricompresa nei
limiti di legge inderogabili, è congrua: ciò dimostra l’avvenuto controllo da parte del
giudice di tale rilevante elemento dell’accordo intervenuto tra imputato e P.M. e la
valutazione favorevole operata ai fini dell’art.27 comma terzo Cost.” (Cass.sez.1
n.1878 del 28.3.1995).
2.3) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibili -t& al versamento
della somma che pare congruo determinare in euro 1.500,00 ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento alla cassa delle ammende della somma di euro
1.500,00.
DEPOR!, TATA1
Così deciso in Roma il 28.2.2014
IN CANCELLERIA

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