Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23058 del 26/04/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 23058 Anno 2013
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da Duval Perez Luis Rafael, n. a Santo Domingo il
14/10/1978;

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Firenze, in data 27/03/2012;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale N. Lettieri, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
udite le conclusioni dell’Avv. Passione, che ha chiesto l’accoglimento;
RITENUTO IN FATTO

i. Con sentenza del 27/03/2012 la Corte d’Appello di Firenze, in parziale

riforma della sentenza del tribunale di Pistoia di condanna di Duval Perez Luis
Rafael alla pena di anni otto di reclusione ed euro 50.000 di multa per il reato di
cui all’art. 73, comma 1 bis, del d.P.R. n. 309 del 1990 in relazione alla
detenzione di circa 129,48 grammi di cocaina, ha ridotto la pena ad anni sei di
reclusione ed euro 30.000 di multa.

Data Udienza: 26/04/2013

2. Ha interposto ricorso, tramite il proprio difensore, l’imputato.
Con un primo motivo lamenta la mancanza nonché contraddittorietà ed illogicità
della motivazione. Deduce in particolare che, quanto alle dichiarazioni del
coimputato Candelario, acquirente dello stupefacente venduto dall’imputato, la
Corte ha omesso di esaminare la credibilità e attendibilità intrinseca delle stesse
muovendo subito alla ricerca di riscontri esterni in contrasto con l’insegnamento
Intrinseca, evidenzia le contraddizioni in cui è caduto lo stesso Candelario in
particolare con riguardo alla località in cui avvenne l’acquisto della sostanza
stupefacente, indicato dapprima in Faenza e successivamente in Montecatini;
analogamente il Candelario avrebbe dichiarato di avere conosciuto i suoi fornitori
In una discoteca di Faenza, successivamente in una discoteca di Montecatini e,
successivamente ancora, quanto a uno dei due, in una discoteca di Bologna; in
analoghe contraddizioni era poi caduto con riguardo al nome della persona che
gli aveva ceduto sostanza stupefacente; in particolare il 5 agosto 2011
nell’ambito di altro procedimento aveva poi dichiarato che colui che gli aveva
ceduto la sostanza, di nome Raul, non era presente all’arresto. Tali
contraddizioni non sono state minimamente esaminate dalla Corte nella sentenza
impugnata. Quanto ai riscontri esterni, le valutazioni operate dalla Corte
d’appello sarebbero affette da illogicità; ciò in particolare: con riferimento al
luogo di ritrovamento della droga, posto che, anche nella versione difensiva,
l’acquisto sarebbe comunque ivi avvenuto sebbene da parte di terza persona non
coincidente con l’imputato; con riferimento alle modalità di apertura della porta
da parte degli occupanti ai carabinieri, che secondo la sentenza sarebbe
avvenuta secondo le stesse modalità, ovvero previo squillo telefonico, risultanti
dalle intercettazioni, che erano convenzionalmente usate per gli incontri illeciti,
posto che in realtà lo stesso dichiarante ha riferito in dibattimento che l’apertura
era in precedenza avvenuta previa suonata del campanello mentre, d’altra parte,
allorquando il Candelario vi si era recato coi carabinieri, secondo questi Raul
aveva risposto al telefono e non aperto subito dopo lo squillo; con riferimento
alla presenza nell’abitazione del telefonino sul quale Candelario chiamava, posto
che lo stesso, secondo la versione offerta dagli imputati, era stato lasciato lì da
Wilson, proprietario anche dell’appartamento; con riferimento alla presenza della
droga in un mobile come indicato dal dichiarante, essendo comunque tale dato
neutro per le stesse ragioni sopra riportate. Denuncia ancora la illogicità della
motivazione in ordine alle ragioni su cui è stata fondata la colpevolezza
dell’imputato, in particolare con riguardo al fatto che questi avrebbe risposto al
cellulare, al fatto che il suo nome era indicato in un SMS quale destinatario del
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delle sezioni unite della corte di cassazione. In ogni caso, quanto all’attendibilità

pagamento del Candelario (il che sarebbe inconciliabile col fatto che egli sarebbe
stato anche il fornitore) e al significato stesso di tale SMS, in realtà relativo al
rimborso del pagamento per l’acquisto di un biglietto aereo.
Con un secondo motivo lamenta la mancata assunzione di prova decisiva.
Premette che in dibattimento era stato richiesto che fosse accertata l’effettiva
proprietà dell’immobile in cui furono trovati De la Cruz e Duval unitamente alle

del 25 gennaio 2011 senza che tuttavia la stessa avesse seguito, pur essendo
assolutamente necessaria; con l’atto dl appello poi, Intervenuta una nuova
prova, ovvero il nuovo interrogatorio di Candelario, ove si parla di terza persona
all’interno dell’appartamento quale cedente la sostanza, la difesa aveva
ulteriormente richiesto l’effettuazione di accertamenti in ordine all’effettiva
proprietà dell’appartamento; ciononostante la Corte non ha in alcun modo
motivato per giustificare il diniego della rinnovazione richiesta; tale prova
sarebbe invece decisiva giacché, ove emergesse che l’imputato non era
proprietario dell’appartamento, allo stesso non potrebbe essere addebitato alcun
comportamento concorsuale.
Con un terzo motivo lamenta violazione dell’art.73, comma 5, del d.P.R. n. 309
del 1990 nonché mancanza e contraddittorietà della motivazione, in ordine al
mancato riconoscimento dell’attenuante in oggetto; quest’ultima è stata negata
sulla base del quantitativo di sostanza, pur essendo la stessa pari a grammi
129,48 lordi, non tale da escludere in toto la possibilità di valutare gli altri
elementi indicati nel comma quinto, tanto più risultando dalla sentenza di primo
grado che l’imputato faceva uso di sostanze stupefacenti, a tale uso dunque
dovendo ricondursi parte della sostanza detenuta.
Con un ultimo motivo deduce violazione dell’art. 62 bis c.p. e mancanza della
motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche. In proposito la
sentenza impugnata ha omesso ogni motivazione sul punto senza neppure il
richiamo a una clausola di stile pur a fronte della richiesta in seguito al diniego
del primo giudice, fondato per di più sulla stigmatizzazione del comportamento
difensivo degli imputati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il primo, complessivo motivo, che propone censure attinenti al merito
dell’affermazione di responsabilità, è infondato.
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loro rispettive valigie; il giudice aveva quindi disposto tale indagine alla udienza

Va preliminarmente osservato, in generale, che la tenuta logica e argomentativa
della decisione impugnata deve essere correlata al complessivo costrutto del
percorso motivazionale sicché eventuali omesse risposte o risposte, financo,
manifestamente illogiche su censure investenti singoli aspetti della decisione
impugnata in tanto possono assumere rilievo in quanto incidano in maniera
determinante e decisiva sull’assetto motivazionale della pronuncia. Né, del resto,
deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze
processuali, essendo sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di
quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico ed adeguato, le ragioni del
convincimento, dimostrando che ogni fatto decisivo è stato tenuto presente (Sez.
4, n. 26660 del 13/05/2011, Caruso e altro, Rv. 250900; Sez. 5, n. 8411 del
21/05/1992, Chirico ed altri, Rv. 191488). Infatti la denunzia di minime
incongruenze argomentative o l’omessa esposizione di elementi di
valutazione, che il ricorrente ritenga tali da determinare una diversa decisione
(ma che non siano inequivocabilmente muniti di un chiaro carattere di
decisività), non possono dar luogo all’annullamento della sentenza, posto che
non costituisce vizio della motivazione qualunque omissione valutativa che
riguardi singoli dati estrapolati dal contesto. Al contrario, e’ solo l’ esame del
complesso probatorio entro il quale ogni elemento sia contestualizzato che
consente di verificare la consistenza e la decisività degli elementi medesimi,
oppure la loro ininfluenza ai fini della compattezza logica dell’impianto
argomentativo della motivazione (ex plurimis, Sez. 2, n. 18163 del 22/04/2008,
Ferdico, Rv. 239789; Sez. 2, n. 7380 del 11/01/2007, Messina ed altro, Rv.
235716). Allo stesso tempo va ricordato che alla Corte di cassazione è preclusa
la possibilità non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze
processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la
tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto
tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di
ragionamento mutuati dall’esterno (Sez. Un., n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv.
216260); resta dunque esclusa, pur dopo la modifica dell’art. 606, lett. e),
c.p.p., la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze da contrapporre a
quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure
anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti
o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilità delle fonti di prova (Sez. 2, n.
7380 dell’ 11/01/2007, Messina ed altro, Rv. 235716).
Ciò posto, ed alla luce di quanto sopra, il percorso argomentativo della sentenza
Impugnata, pur sintetico, ha posto in rilievo elementi la cui decisività esclude che
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la sentenza di merito è tenuta a compiere un’analisi approfondita di tutte le

la motivazione impiegata possa soffrire della lamentata carente disamina del
compendio probatorio o di scompensi sul piano logico – razionale.
Nella specie la sentenza impugnata ha motivatamente tratto gli elementi di
prova della responsabilità dell’imputato nella detenzione della droga rinvenuta
nel mobile dell’appartamento ove egli si trovava dalla congiunta valorizzazione,
da una parte, delle dichiarazioni di Candelaria, quale acquirente, il giorno
dall’altra, di quanto direttamente riscontrato dai Carabinieri di Faenza che,
recatisi alle ore 3,20 circa del 15/10/2010 nell’appartamento in questione, e
fattisi aprire la porta mediante la chiamata operata dallo stesso Candelaria
secondo il sistema convenzionale da lui già sperimentato in precedenza, ebbero
a trovare al loro interno Duval Perez insieme a De la Cruz Rondon e, appunto,
all’interno di un mobile posto nel soggiorno, lo stupefacente di cui
all’imputazione, suddiviso in diversi involucri ed ovuli, unitamente a materiale di
confezionamento e ad una bilancia di precisione. In particolare, i giudici hanno
ricordato che Candelaria, fermato alla stazione ferroviaria di Faenza e trovato
appunto in possesso di due ovuli contenenti complessivamente 22 grammi di
cocaina, dopo avere dichiarato di avere acquistato Io stupefacente a Montecatini
da due persone (successivamente dichiarando, invece, che le persone erano tre),
aveva indirizzato, con precise indicazioni, i carabinieri di Faenza sul luogo di tale
acquisto, e precisamente un appartamento di Montecatini ove gli stessi militari,
previa chiamata da parte dello stesso Candelaria, e successiva subitanea
apertura della porta, entrati, avevano rinvenuto l’imputato insieme ad altra
persona e, all’interno del mobile del soggiorno, anch’esso già precisamente
indicato da Candelaria, la cocaina unitamente al materiale di confezionamento;
sul tavolo avevano poi rinvenuto, insieme ad altri telefoni, il cellulare la cui
utenza, già chiamata in precedenza da Candelaria, era servita per gli accordi in
ordine alla precedente cessione. Con riferimento in particolare a quest’ultima, gli
stessi giudici hanno anche rievocato le dichiarazioni rese da Candelaria, e, in
particolare, per quanto di più immediata rilevanza, le affermazioni in ordine
appunto alla cessione in suo favore dello stupefacente, poi rinvenutogli indosso,
da parte di tale Raul, che, dopo avere chiamato Candelaria al telefono prendendo
accordi per trovarsi il 14/10 (e non prima perché proprio quel giorno doveva
arrivare una persona dalla Spagna), gli aveva poi ceduto lo stupefacente
prendendolo da un mobile posto nel soggiorno dell’appartamento poi indicato ai
militari; hanno poi posto in rilievo che, sempre Candelaria, ha riconosciuto in
fotografia nell’imputato il predetto Raul, ovvero, appunto, la persona che, dopo

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14/10/2010, di analoga sostanza sempre detenuta nel medesimo mobile, e,

avere ceduto la cocaina e parlato al telefono con lui, era stata trovata
nell’appartamento assieme a De La Cruz.
In definitiva, escluso che De La Cruz, ovvero l’altra persona rinvenuta dai
carabinieri nell’immobile insieme all’imputato, potesse essere stato l’interlocutore
di Candelario nella telefonata delle ore 10,31 del 14/10/2010, giacché a quell’ora
egli si trovava ancora in volo ed escluso, conseguentemente, che fosse stato lui
valorizzato, nel senso dell’attribuibilità all’imputato della contestata detenzione
della cocaina, gli elementi della presenza nell’immobile di Duval Perez,
riconosciuto come tale in fotografia, a dispetto del nome conosciuto come quello
di Raul, da Candelario come colui che aveva avuto a cedergli Io stupefacente il
giorno prima prendendolo dal medesimo mobile, l’indicazione del suo nome in un
Sms quale destinatario del pagamento operato prima del precedente acquisto,
nonché la avvenuta risposta alla chiamata telefonica, sulla consueta utenza e
secondo il modus operandi già seguito, operata subito prima dell’accesso dei
militari sulla medesima utenza impiegata per gli accordi in ordine alla precedente
cessione. Non si vede dunque, escluso, ancora una volta, che questa Corte possa
procedere ad una rivalutazione degli elementi probatori in atti, quand’anche, al
limite, più plausibile e persuasiva di quella operata dal giudice del merito, perché
una tale conclusione dovrebbe, secondo gli assunti del ricorrente, essere illogica
od immotivata.
Del resto, a ben vedere, gli elementi valorizzati dal giudice di appello sono stati
“sviliti” dal ricorrente o sulla base di una inammissibile visione parcellizzata degli
stessi e non invece, come correttamente fatto dalla Corte territoriale, nell’ambito
di una necessaria lettura complessiva che, sola, può chiarire l’effettiva portata
dimostrativa dei medesimi, o sulla base di considerazioni meramente fattuali, e
in taluni casi ipotetiche, inapprezzabili in questa sede e per di più in alcun modo
determinanti quanto al thema probandi (come la possibile attribuzione della
titolarità dell’appartamento ad una terza persona dal nome di Wilson) o sulla
base di interpretazioni delle dichiarazioni del Candelario operate tra l’altro
Inammissibilmente mediante il richiamo di singoli passaggi dei verbali (come ad
esempio con riferimento alla questione del pagamento da effettuare in favore di
Duval Perez) o infine sulla base di considerazioni non logiche (come quella
secondo cui la presenza dello stupefacente nel mobile da cui era avvenuto il
precedente prelievo di cocaina ceduta a Perez sarebbe un dato del tutto neutro).
Con riferimento inoltre alla denunciata inosservanza dei criteri di disamina
dell’attendibilità delle dichiarazioni di Candelario, il ricorso trascura che, seppure
ai fini di una corretta valutazione della chiamata in correità il giudice è tenuto a
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a cedere lo stupefacente sempre a Candelario, la Corte territoriale ha

seguire un preciso ordine logico, muovendo in primo luogo dalla valutazione della
credibilità del dichiarante per poi valutare in secondo luogo l’intrinseca
consistenza delle dichiarazioni e, infine, i riscontri esterni (Sez. 6, n. n. 16939
del 20/12/2011, De Filippi e altri, Rv. 252630), è anche vero che, da un lato i
giudici di merito, non venendo meno a tale compito, hanno correttamente preso
atto delle incongruenze nelle dichiarazioni del Candelaria (vedi pag. 9 della
correttamente non determinanti, oltre che in ragione dei riscontri esterni, anche
e soprattutto in ragione degli elementi di segno probatorio oggettivi non
dipendenti in alcun modo dalle predette dichiarazioni perché frutto dell’attività di
polizia giudiziaria.
4. Il secondo motivo, con cui si censura la mancata risposta della Corte in ordine

alla richiesta con la quale, nei motivi aggiunti di appello, si chiedeva, ex art. 603,
comma 3, c.p.p., accertarsi dl chi fosse l’effettiva proprietà dell’immobile
all’interno del quale furono trovati De La Cruz e Duval, è inammissibile. Va
premesso che l’obbligo per il giudice di fornire una risposta a tutte le questioni
sollevate dalle parti nei motivi di impugnazione incontra naturalmente il limite,
desumibile dal concetto stesso di “completezza”, insito nella inammissibilità,
anche per manifesta infondatezza, del motivo, come tale suscettibile di
apprezzamento anche in sede di legittimità (cfr. Sez. 1, n. 3150 del 05/03/1991,
Calò ed altri, Rv. 186972); sicché, in altri termini, l’omesso esame di un motivo
d’appello non può ritenersi causa di nullità della sentenza ove il motivo stesso sia
manifestamente infondato (Sez. 5, n. 3952 del 18/02/1992, Cremonini, Rv.
189818).
Ciò posto, va allora puntualizzato, sulla base della lettura degli atti processuali,
qui consentita in ragione della natura processuale della violazione lamentata,
che all’udienza del 25/01/2011 il Tribunale di Pistoia, su richiesta della Difesa,
aveva disposto, mandando a tal fine i Carabinieri di Montecatini Terme,
accertarsi chi fosse il proprietario dell’appartamento sito in Montecatini Terme
via Galvani 26; a tale richiesta, tuttavia, come anche ricordato dalla sentenza di
primo grado, non era stato dato alcun seguito, sì che si giungeva all’udienza di
discussione del 05/05/2011 senza che in ordine al compimento o meno dei
predetti accertamenti pervenisse alcuna risposta, né la Difesa aveva insistito in
essa. Successivamente, con il primo dei motivi aggiunti proposti, l’odierno
ricorrente aveva a chiedere nuovamente l’effettuazione di detti accertamenti
(anche, per quanto pare di comprendere dal richiamo ad una “prova
documentale” mai richiesta in tali termini in precedenza, attraverso il
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sentenza di primo grado e pag. 7 della sentenza di appello) pur considerandole

rinvenimento e l’acquisizione del contratto di affitto dell’immobile, menzionato
all’udienza del 25/01/2011 suddetta), senza che peraltro gli stessi siano stati
effettuati dalla Corte territoriale né la sentenza impugnata abbia argomentato in
ordine al loro non espletamento.
Tale, dunque, il quadro processuale nel quale si è inserita la richiesta di
rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, va osservato che la stessa, per come
territoriale; e ciò, ancor prima che per la evidente non compatibilità delle
argomentazioni svolte dalla Corte, e già analizzate sopra, in ordine alla
attribuibilità del reato a Duval Perez con il preteso carattere decisivo della prova
in oggetto (non compatibilità che, già di per sé, esimeva i giudici del merito dalla
necessità di rigettare espressamente e motivatamente la richiesta : vedi, tra le
altre, Sez. 5, n. 8891 del 16/05/2000, Callegari, Rv. 217209), per il fatto, del
tutto pregiudiziale, che nessuna “prova”, a ben vedere, è stata in realtà
richiesta, bensì una irrituale attività di indagine, di natura esplorativa, non
riconducibile alla previsione dell’art. 603 c.p.p.
Ove infatti si consideri che l’assunzione della prova In appello assume carattere
di eccezionalità nel senso che, a fronte della relativa presunzione di completezza
del materiale già raccolto nel contraddittorio dibattimentale di primo grado
l’esigenza di una attività istruttoria diminuisce col procedere dell’accertamento
verso la decisione definitiva, nessun ingresso può ritenersi consentito a richieste
che si risolvano, come nella specie (in cui si è appunto richiesto di verificare a chi
appartenesse l’immobile), nell’affidare irritualmente al giudice di appello il
compito, essenzialmente Investigativo, di andare alla ricerca di prove anche solo
eventualmente favorevoli al richiedente.
5. Il terzo motivo è manifestamente infondato.

Va ricordato che, secondo il costante indirizzo di questa Corte, ai fini della
concedibilità o del diniego della circostanza attenuante del fatto di lieve entità di
cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, il giudice è tenuto a valutare
complessivamente tutti gli elementi normativamente indicati, ovvero, sia quelli
concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che
attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle
sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa), dovendo
conseguentemente escludere il riconoscimento dell’attenuante quando anche uno
solo di questi elementi porti ad escludere che la lesione del bene giuridico
protetto sia di “lieve entità” (da ultimo, in tal senso, Sez. 4, n. 6732 del
22/12/2011, P.G. in proc. Sabatino, Rv. 251942). Nella specie, la Corte
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osservato in premessa, non imponeva alcun obbligo di risposta alla Corte

territoriale ha correttamente valorizzato ai fini ostativi il dato ponderale, alla luce
dei principi appena ricordati di per sé assorbente, e non posto in discussione
neppure dal ricorrente.
6. Il quarto motivo è invece fondato.
Con l’atto di appello il ricorrente aveva lamentato il mancato riconoscimento
pervenuto genericamente a determinare la pena sulla base della “personalità
degli imputati come dimostrata nel corso del processo”; ciononostante, nessuna
motivazione, a conferma del relativo diniego, ha reso la Corte territoriale sul
punto, con conseguente sussistenza del vizio denunciato.
7. La sentenza va pertanto annullata con rinvio ad altra sezione della Corte
fiorentina per nuovo esame del motivo di appello in ordine al mancato
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche; il ricorso va invece
rigettato quanto alle residue doglianze.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla statuizione concernente le
circostanze attenuanti generiche e rinvia alla Corte d’Appello di Firenze, altra
sezione; rigetta nel resto.

Così deciso in Roma il 26 aprile 2013
IlC;Ziere
a
st.

Il Presidente

delle circostanze attenuanti generiche da parte del giudice di primo grado,

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