Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23053 del 23/04/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 23053 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da Cinquepalmi Michele, n. a Bari il 28/08/1971;

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bari in data 16/02/2012;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale V. D’Ambrosio, che ha concluso per il rigetto;
udite le conclusioni dell’Avv. Mandel per la parte civile S.i.a.e che ha concluso
come da nota scritta;

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 16/02/2012 la Corte d’Appello di Bari, parzialmente
riformandola quanto ai benefici di legge, ha nel resto confermato la sentenza del
Tribunale di Bari di condanna di Cinquepalmi Michele alla pena mesi sei di
reclusione ed euro 2.000 di multa per i delitti di cui all’art. 171 ter, comma 2,
lett. a) della I. n. 633 del 1941, per avere riprodotto e duplicato 2328 Dvd, 44 cd
e 1218 cd musicali, e 171 ter, comma 1, lett. d), della I. n. 633 del 1941 in
relazione alla detenzione di detto materiale.

Data Udienza: 23/04/2013

2. Ha proposto ricorso l’imputato personalmente.
Con un unico motivo pare lamentare violazione dell’art. 133 c.p., erronea
applicazione della disciplina del concorso apparente di norme e illogicità della
motivazione in relazione alla mancata verifica del rapporto di specialità tre le due
figure criminose contestate; a supporto, deduce che la presunta flagranza nel
mancata considerazione degli elementi di cui all’art. 133 c.p., della intervenuta
prescrizione relativamente a quelle che sarebbero ipotesi di natura
contravvenzionale e richiama in proposito, riportandola Integralmente in ricorso,
la sentenza n. 47164 del 2005 delle Sezioni Unite di questa Corte in materia di
concorso tra il reato di ricettazione e quello di commercio abusivo di prodotti
audiovisivi abusivamente riprodotti (art. 171-ter Legge 22 aprile 1941, n. 633).
CONSIDERATO IN

Dnurro

3. Il ricorso, di difficile comprensibilità logica, è inammissibile.
Va in primo luogo osservato che la censura in ordine alla violazione dell’art. 133
c.p. e dell’art. 15 c.p. è del tutto generica non specificando il ricorso in alcun
modo perché vi sarebbe stata violazione di tali norme (va anzi sottolineato che,
con riguardo alla pena, che parrebbe essere stata considerata con riguardo ad un
solo reato, la stessa appare essere stata irrogata al di sotto del minimi edittali).
Quanto alla mancanza di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità,
peraltro neppure sindacata con l’atto di appello, la Corte territoriale, richiamando
la sentenza di primo grado, ha riportato gli esiti del servizio di accertamento
svolto dagli agenti della Guardia di Finanza con riguardo alla pacifica detenzione
del materiale in oggetto, ciò bastando ai fini dell’onere motivazionale.
Va per completezza aggiunto che nessun termine di prescrizione appare
maturato neppure prima della sentenza impugnata stante la natura di delitti, e
non di contravvenzioni, come preteso in ricorso, del reati addebitati.
4. All’inammissibilità del ricorso deve seguire la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della
cassa delle ammende oltre alla rifusione, in favore della costituita parte civile
S.i.a.e. delle spese del grado da liquidarsi in complessivi euro 2.000 oltre
accessori.
P.Q.M.

2

reato non sarebbe stata corroborata da elementi probatori certi, si duole della

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della cassa delle
ammende nonché alla rifusione delle spese in favore della parte civile liquidate in
complessivi euro 2.000 oltre accessori.

Il CoigIiefl est.

Così deciso in Roma il 23 aprile 2013

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