Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23050 del 23/04/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 23050 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da Mattioli Domenico, n. a Sassuolo il 10/08/1968;

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Ancona in data 03/10/2011;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale V. D’Ambrosio, che ha concluso per Il rigetto;
udite le conclusioni dell’Avv. Favini, che ha concluso per l’accoglimento;

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 03/10/2011 la Corte d’appello di Ancona ha rigettato la
richiesta di revisione avanzata da Mattioli Domenico relativamente alla sentenza
del Gip presso il Tribunale di Modena del 14/01/2004.

2. Ha proposto ricorso Mattioli Domenico; con un unico motivo, volto ad invocare
la violazione dell’art. 630 lett. a) c.p.p., lamenta che la sentenza di assoluzione
pronunciata dal Tribunale di Modena con riguardo ai coimputati del richiedente in

Data Udienza: 23/04/2013

relazione ai medesimi fatti sarebbe del tutto inconciliabile con la sentenza di
applicazione della pena a suo carico.
Infatti la sentenza assolutoria avrebbe acclarato l’insussistenza dell’attività di
favoreggiamento e sfruttamento imputate anche a Mattioli.
Chiede pertanto l’annullamento non solo della sentenza impugnata ma anche,

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso va rigettato.

La Corte d’appello di Ancona, nel rigettare l’istanza di revisione ha, tra l’altro,
osservato che unicamente per effetto della valutazione delle prove emerse nel
corso del dibattimento il Tribunale di Modena ha ritenuto non sufficientemente
provata l’accusa nei confronti degli imputati che non hanno richiesto la
definizione del procedimento ex artt, 444 e ss. c.p.p., sicché nessuna specifica
analisi degli elementi probatori raccolti nel corso delle indagini è stata operata
nei confronti di Mattioli Domenico.
Ed in effetti, nella ricordata sentenza, il Tribunale di Modena, valutando come
inattendibili le dichiarazioni rese dalla persona offesa testimone Gonzales Bernal
in virtù delle numerose incongruenze riscontrate, ha ritenuto le prove raccolte
“insufficienti a dimostrare la fondatezza dell’assunto accusatorio” (vedi pag.12).
Tali argomentazioni danno conto, del tutto correttamente, della impossibilità di
configurare nella specie il presupposto invocato dal ricorrente a fondamento della
richiesta di revisione e indicato nella lett. a) dell’art. 630 c.p.p. : pur essendo
divenuta ammissibile anche la revisione della sentenza di patteggiamento in virtù
della modifica dell’articolo 629 c.p.p. ad opera della legge numero 134 del 2003,
è incontestabile che la sentenza di applicazione della pena comporta un
sindacato di responsabilità che non può che essere limitato alla valutazione
negativa di esistenza di ipotesi di proscioglimento ex art. 129 c.p.p.; il diverso e
più limitato spettro valutativo caratteristico della sentenza di patteggiamento,
legittimamente connotato dalla constatazione della mancanza di prove, nella
specie, in particolare, indicative della insussistenza del fatto, evidenzia pertanto
che nessuna inconciliabilità logica può essere invocata tra tale decisione e quella
che, potendo invece “accontentarsi” della mancanza di una prova connotata dai
requisiti di certezza, giunga ad esito assolutorio nei confronti del coimputato del
“patteggiante” . Sicché, al di là della distinzione, frequentemente esaltata da
decisioni di questa Corte onde ritenere non invocabile la revisione in presenza di
un diverso approdo di distinte decisioni riguardanti coimputati degli stessi fatti,
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senza rinvio, della sentenza del Gip di Modena.

tra inconciliabilità dei “fatti” (quale requisito letteralmente richiesto dall’art. 630,
comma, 1 lett. a) c.p.p.) ed inconciliabilità delle “valutazioni”, distinzione,
peraltro, non sempre facilmente praticabile se non altro perché l’accertamento
dei fatti non può che passare attraverso la valutazione di mezzi di prova,
legittimamente la sentenza impugnata appare avere valorizzato, in via decisiva,
per rigettare la richiesta, la “divaricazione” valutativa tra rito speciale e rito
diversi in ordine all’accertamento del medesimo fatto.
4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 23 aprile 2013
Il COr iglier -st.

esidente

ordinario di per sé fisiologicamente conducente ad esiti che ben possono essere

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