Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23047 del 11/04/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 23047 Anno 2016
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: FIDANZIA ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAPORALE SIMONE N. IL 14/05/1980
avverso la sentenza n. 859/2013 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
06/11/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/04/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANDREA FIDANZIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 11/04/2016

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott.ssa Paola Filippi ha concluso per la
declaratoria di inammissibilità del ricorso. L’avv. Roberto Braida per il ricorrente ha chiesto
l’annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 6 novembre 2014 la Corte d’Appello di Trieste ha
confermato la sentenza di primo grado con cui Caporale Simone è stato condannAlla pena di
giustizia per il reato di violenza privata, perché, con violenza consistita nel parcheggiare la

impediva ogni forma di passaggio costringendo Drescig David a rimanere sul posto in attesa
che spostassero la suddetta autovettura per uscire con la propria motocicletta.
2. Con atto sottoscritto dal suo difensore ha proposto ricorso per cassazione l’imputato
affidandolo ai seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo è stata dedotta la mancanza, contraddittorietà e/o manifesta
illogicità della motivazione in relazione al comportamento impedito.
Lamenta il ricorrente che la Corte di merito ha errato nell’affermare che lo stesso avrebbe
impedito al Drescig l’uscita dal suo fondo ma, come lo stesso giudice aveva ricostruito nello
svolgimento del processo, alla persona offesa è stato solo impedito, nell’esercizio del diritto di
proprietà, l’accesso al fondo Caporale e di transitarvi attraverso.
2.2. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione di legge penale in relazione all’art.
42 Cost e all’art. 832 c.c..
Lamenta il ricorrente che una qualsiasi condotta posta in essere all’interno della proprietà
non integra una violenza, soprattutto se posta in essere nell’esercizio di un diritto assoluto.
Né nel caso di specie la persona offesa era titolare di un diritto di pari spessore e portata,
non avendo la persona offesa stessa un diritto di transito, che all’epoca dei fatti era in fase di
accertamento.
2.3. Con il terzo motivo è stata dedotta violazione di legge in relazione all’art. 111 Cost e
282 c.p.c.
Lamenta il ricorrente che la Corte territoriale ha fondato la propria sentenza sull’esistenza
di uno ius possidendi a favore della persona offesa senza che nell’istruttoria di primo grado e
nello stesso capo d’imputazione fosse mai stato fatto riferimento alla situazione di possesso,
essendosi sempre parlato di diritto di transito.
Infine, la sentenza civile che ha disatteso l’azione negatoria servitutis svolta dal ricorrente
non è passata in giudicato e non ha quindi alcun rilievo, e non quindi non è stato riconosciuto
un diritto di transito alla persona offesa sul fondo Caporale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

I tre motivi proposti dall’imputato possono essere esaminati unitariamente, in

relazione all’omogeneità delle questione trattate, e sono fondati.

2

propria vettura davanti nA LAJA, camc.-iko rs’n
ua proprietà ma con diritto di transito dei dimoranti,

Va preliminarmente osservato che la Corte territoriale ha ritenuto, in primo luogo, la illiceità
della condotta dell’imputato sul rilievo che la persona offesa avesse un diritto di transitare sul
fondo dello stesso e ciò in quanto il giudice civile ha rigettato l’azione negatoria servitutis
proposta dal ricorrente (unitamente al padre) finalizzata ad escludere il transito dei vicini sulla
sua area, ritenendo, invece, fondata l’eccezione di usucapione della servitù di passaggio
sollevata dalla compagna della persona offesa, titolare del fondo vicino.
La Corte di merito ha, in ogni caso, ritenuto sussistente in capo alla proprietaria del fondo

Questo Collegio non condivide tale impostazione.
Emerge dalla stessa sentenza impugnata che l’accertamento compiuto dal giudice di civile in
ordine alla sussistenza di una servitù di passaggio della compagna della persona offesa sul
fondo dell’imputato, oltre a non essere sfociato nell’espresso riconoscimento di tale diritto,
non è stato comunque ancora consacrato in una sentenza irrevocabile, con la conseguenza
che, allo stato, non può ancora rivendicarsi la titolarità di un diritto di transito.
Né, peraltro, risulta che in sede

pe maksia stato accertato in capo alla compagna della persona

offesa uno ius possidendi del diritto di transito relativo alla stessa servitù. Significativo, in
proposito, è che né il capo di imputazione né la sentenza di primo grado contengono alcun
riferimento ad una eventuale situazione possessoria. Peraltro, la sentenza impugnata ne
ritiene, invece, la sussistenza sulla base di quanto osservato in sede di discussione nel giudizio
d’appello dal Procuratore Generale, senza che, tuttavia, risulti che un tale accertamento abbia
formato eventualmente oggetto dell’istruttoria dibattimentale.
Posto quindi che non può ritenersi, allo stato, sussistente in capo ai vicini dell’imputato la
titolarità di un diritto, o quantomeno uno ius possidendi corrispondente allo stesso, a transitare
sul suo fondo, deve valutarsi, a questo punto, se la condotta del Caporale di parcheggiare la
propria autovettura sul proprio immobile, in corrispondenza del portone del vicino – avendo
così impedito alla motocicletta della persona offesa di avere diretto accesso alla via pubblica
tramite l’attraversamento del fondo del ricorrente – abbia costituito una mera manifestazione
del diritto di proprietà, eventualmente esercitato con modalità arbitrarie o sia, invece,
espressione dell’intendimento dell’imputato di coartare la volontà della persona offesa e di
limitarne la sfera di azione e determinazione.
Il comportamento dell’imputato è stato ricondotto dalla Corte territoriale alla fattispecie della
violenza privata sulla base del rilievo, ritenuto assorbente, che il ricorrente avesse impedito
alla persona non l’entrata nel suo fondo, a bordo della sua motocicletta, ma l’uscita. Tale
ricostruzione fattuale deve, tuttavia, ritenersi erronea e contraddittoria con quanto nella stessa
sentenza impugnata è stato indicato nella parte narrativa (pag. 3), nella quale è stato
evidenziato che la motocicletta della persona offesa era parcheggiata all’interno delLa proprietà
3

vicino uno “ius possidendi” del diritto di transito corrispondente alla relativa servitù.

Rotter e a bordo della stessa il sig. Drescig si era diretto verso la pubblica via “con l’intenzione
di passare attraverso il portone di ingresso al cortile dei prevenuti”.
Posto che quindi che l’assunto della Corte territoriale si è fondato su un presupposto fattuale
erroneo e che quindi il ricorrente, con la sua condotta, ha impedito non l’uscita ma “l’ingresso”
nel proprio fondo, non emerge dalla lettura della sentenza impugnata che siano stati analizzati
con precisione e puntualità gli elementi fattuali idonei per poter valutare se il comportamento
dell’imputato sia stato giuridicamente lecito, o, pur posto in essere con l’intenzione di

delle proprie ragioni o sia, infine, sussunnibile nella fattispecie contestata della violenza privata.
In proposito, deve segnalarsi l’orientamento di questa Corte secondo cui il reato di esercizio
arbitrario delle proprie ragioni si differenzia da quello di violenza privata – che ugualmente
contiene l’elemento della violenza o della minaccia alla persona – non nella materialità del fatto
che può essere identica in entrambe le fattispecie, bensì nell’elemento intenzionale, in quanto
nel reato di cui all’art. 392 cod. pen. l’agente deve essere animato dal fine di esercitare un
diritto con la coscienza che l’oggetto della pretesa gli competa giuridicamente, pur non
richiedendosi che si tratti di pretesa fondata. Occorre, per altro verso, ai fini dell’integrazione
del reato di cui all’art. 392 cod. pen., accertare che la condotta rivesta i connotati
dell’arbitrarietà, la quale non sussiste qualora la violenza sulle cose sia esercitata al fine di
difendere il diritto di possesso in presenza di un atto di turbativa nel godimento della “res”,
sempre che l’azione reattiva avvenga nell’immediatezza di quella lesiva del diritto, non si tratti
di compossesso e sia impossibile il ricorso immediato al giudice, sussistendo la necessità
impellente di ripristinare il possesso perduto o il pacifico esercizio del diritto di godimento del
bene. (Sez. 5, n. 23923 del 16/05/2014 – dep. 06/06/2014, Dematte’, Rv. 260584).
Il giudice di primo grado ha argomentato che il Caporale aveva agito per meri scopi di
dispetto e disturbo assumendo che, per valutare la sussistenza dell’elemento psicologico della
violenza privata, “deve reputarsi sufficiente il dolo generico, insorto quando il prevenuto ha
perseverato nel detto comportamento, una volta che gli era stato richiesto di rimuovere il
veicolo”.
Questo Collegio non condivide tale impostazione giuridica anche sulla base del brocardo
“dolus superveniens non nocet”.
Deve quindi annullarsi la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte
d’Appello di Trieste la quale, nell’effettuare il nuovo esame, dovrà ricostruire le circostanze di
tempo e di luogo idonee a consentire di individuare l’intendimento dell’imputato nel momento
in cui ha posto in essere la condotta ascrittagli.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Trieste
per nuovo esame.
4

“difendere” la propria proprietà, abbia integrato il delitto meno grave di esercizio arbitrario

Così deciso in Roma, il 11 aprile 2016
nsore

Il Presidente

Il consigliere

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA