Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23043 del 04/04/2016
Penale Sent. Sez. 5 Num. 23043 Anno 2016
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: MORELLI FRANCESCA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
REGGIO CALABRIA
nei confronti di:
FICARA GIOVANNI N. IL 05/07/1964
LATELLA ANTONINO N. IL 02/03/1949
inoltre:
PELLE GIUSEPPE N. IL 20/08/1960
FICARA GIOVANNI N. IL 05/07/1964
PELLE SEBASTIANO N. IL 10/04/1971
PELLE ANTONIO N. IL 04/03/1987
PELLE DOMENICO N. IL 13/08/1975
MORABITO ROCCO N. IL 23/11/1960
MESIANI MAZZACUVA GIUSEPPE N. IL 10/10/1977
IARIA FRANCESCO N. IL 26/01/1966
ZAPPALA’ SANTI N. IL 16/04/1960
avverso la sentenza n. 1622/2014 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 06/07/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/04/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FRANCESCA MORELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per o’
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Data Udienza: 04/04/2016
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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gc. Ne< it44". p.CYt,l Pe)1 Pat e e ,t„-,. t, (k-o—A,D Q_ La-i-d22k. o o --e i ,é2íz 02Avv. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza impugnata, la Corte d'Appello di Reggio Calabria, decidendo in
sede di rinvio disposto dalla Corte di Cassazione con sentenza del 26 giugno 2014,
a seguito del parziale annullamento della sentenza della Corte d'Appello di Reggio
Calabria del 26.2.13, pronunciandosi nei confronti di Pelle Giuseppe, Ficara c1.86, Pelle Domenico, Morabito Rocco, Carbone Sebastiano, Mesiani Mazzacuva
Giuseppe, lana Francesco e Zappalà Santi, ha parzialmente riformato la sentenza
del GUP presso il Tribunale di Reggio Calabria del 15.6.11 escludendo la sussistenza
del reato di cui all'art.12 quinquies 1.356/92, contestato ai capi C e D dell'originaria
richiesta di rinvio a giudizio, nonchè le aggravanti di cui agli artt.416 bis co. 4 e 6
c.p., 3 1.146/06 e 7 1.203/91 là dove contestate e rideterminando la pena in ordine
ai residui reati, principalmente quello di cui all'art.416 bis c.p., di cui sono stati
ritenuti responsabili Pelle Giuseppe, Pelle Sebastiano, Pelle Domenico e Pelle Antonio c1.87. 2. La Corte di Cassazione si è pronunciata nell'ambito di un processo che vedeva
contestata la partecipazione all'associazione mafiosa denominata ‘ndrangheta
anche in due diverse articolazioni: la prima, ascritta a Latella Antonio, Ficara
Giovanni, Biliari Costantino, era relativa alla cosca Ficara- Latella, operante nel
mandamento di Reggio Calabria centro ( in ordine a tale reato la sentenza di
condanna è divenuta irrevocabile); la seconda relativa alla cosca Pelle, operante in
San Luca, Bovalino e territori limitrofi, di essa erano accusati di aver fatto parte
Pelle Giuseppe, con il ruolo di direzione, i di lui fratelli Sebastiano, Domenico, il
figlio Antonio e Mesiani Mazzacuva Domenico ( assolto da tale addebito in esito al
giudizio di rinvio con pronuncia irrevocabile).
2.1. Degli altri reati contestati assumono rilevanza: il tentativo di estorsione
aggravata commesso in danno di un imprenditore di Platì non individuato, per cui
sono stati condannati Pelle Giuseppe, Pelle Antonio cl.87 e Macrì Giorgio; il delitto
di cui all'art.12 quinquies 1.356/92 ascritto ai tre fratelli Pelle e ad Antonio Pelle in
relazione alla fittizia intestazione della società " Azzurra Costruzioni geom.Pelle
Antonio", intestata a quest'ultimo nonostante ne fossero effettivi titolari il padre e
gli zii, ed anche in relazione alla fittizia intestazione della s.a.s. Freedom Cafe di
Antonio Pelle e Sebastiano Carbone, in realtà facente capo anch'essa ai tre fratelli
Pelle; la detenzione di una pistola addebitata a Ficara Giovanni; il delitto di cui Giovanni, Latella Antonino, Pelle Sebastiano, Pelle Antonio c1.87, Pelle Antonio i' .. all'art.86 DPR 570/60, aggravato ai sensi dell'art.7 1.203/91, contestato a Zappalà
Santi, per avere promesso vantaggi alla cosca Pelle in cambio di un pacchetto di
voti, a Pelle Giuseppe e Mesiani Mazzacuva Giuseppe per avere accettato tali
promesse ed, infine, a lana Francesco per avere promesso a Pelle Giuseppe
assegnazione di lavori in subappalto utilizzando imprese di riferimento della cosca
ed altri vantaggi in cambio di un pacchetto di voti. 3. La Corte di legittimità, rigettate le questioni processuali attinenti alla utilizzabilità
delle intercettazioni telefoniche, evidenzia come esse rappresentino la fonte di
prova principale del processo, in quanto le indagini sono consistite essenzialmente
nelle riprese video dell'ingresso dell'abitazione di Pelle Giuseppe, nelle
intercettazioni ambientali svolte per circa quaranta giorni all'interno di quella stessa
abitazione e in altre eseguite in differenti indagini.
Enuncia, quindi, alle pagg.56 ss. i criteri di valutazione delle conversazioni
intercettate quando costituiscano l'unica fonte di prova.
3.1. Quanto all'addebito di cui all'art 416 bis c.p. contestato al capo A)
dell'imputazione, con le articolazioni di cui ai capi a) e b), la Corte ritiene corrette
le argomentazioni dei giudici di merito con riferimento alla partecipazione di Pelle
Giuseppe e di Morabito Rocco alla associazione mafiosa denominata ‘ndrangheta
operante nella provincia di Reggio Calabria e con riferimento all'esistenza della
cosca Ficara- Latella ed alla responsabilità, per avervi partecipato, di Ficara
Giovanni, Latella Antonio e Biliari Costantino.
La Corte evidenzia la mancata pronuncia in ordine all'esistenza delle aggravanti,
contestate nelle imputazioni, di cui agli artt. 416 bis co.6 c.p. e 3 1.146/06 e sul
punto viene disposto l'annullamento con rinvio.
3.2. Ulteriore annullamento con rinvio concerne il riconoscimento dell'aggravante
della natura armata dell'associazione mafiosa, mantenuta nei confronti di Ficara,
Biliari e Latella e che il giudice di merito ha fondato su un episodio di minaccia con
arma, per cui Ficara è stato condannato, desunto da un colloquio in cui costui
riferisce a Pelle Giuseppe di avere dei contrasti con i parenti e di essere stato
costretto ad andare a Milano, facendo intendere la possibilità di sparare allo zio e al
suocero.
Sostiene, la Corte, cha la circostanza che Ficara possedesse una pistola non è
sufficiente a ritenere la natura armata dell'associazione, in quanto ben può esservi
disponibilità di armi in capo ai componenti dell'associazione mafiosa per fini diversi
dal conseguimento degli scopi associativi. 2 .. Nel caso di specie difetterebbe un chiaro collegamento fra l'attività della cosca e la
minaccia pronunciata dal Ficara e la motivazione di merito sarebbe vaga ed
apodittica nell'affermare che gli altri due componenti della cosca fossero
consapevoli della presenza dell'arma.
Si impone, quindi, al giudice del rinvio di motivare adeguatamente sia sulla
destinazione al conseguimento delle finalità associative della pistola detenuta da in capo a Ficara.
Parallelamente viene annullata la condanna di Ficara, per il reato di detenzione di
arma comune da sparo, limitatamente al riconoscimento dell'aggravante di cui
all'art.7 1.203/91.
3.3. Rimanendo nell'ambito delle condanne confermate per il reato di associazione
a delinquere ex art.416 bis c.p.la Corte annulla con rinvio la sentenza di secondo
grado quanto:
alla negazione dell'istituto della continuazione invocato da Pelle Giuseppe e
Latella Antonio
all'aumento di pena per la recidiva quanto a Ficara, Latella e Morabito
3.4. Viene pronunciato annullamento della sentenza impugnata con riferimento alle
condanne di Pelle Domenico, Pelle Sebastiano, Pelle Antonio c1.87, Mesiani
Mazzacuva Giuseppe e lana Francesco in ordine al reato di cui all'art.416 bis c.p. e
relativamente all'accusa di avere fatto parte della cosca Pelle.
Per lana l'annullamento è stato disposto senza rinvio, per gli altri è stato disposto
con rinvio e Mesiani Mazzacusa è stato poi assolto con pronuncia irrevocabile, di tal
che le posizioni oggi rilevanti sono quelle di Pelle Sebastiano, Pelle Domenico e
Pelle Antonio.
La Corte di Cassazione affronta il problema relativo all'esistenza di una cosca Pelle
come articolazione della ‘ndrangheta, ritenendo comunque provata la
partecipazione di Pelle Giuseppe all'associazione- madre.
In particolare individua come fondamentale quesito se Pelle Giuseppe fosse
associato alla ‘ndrangheta in quanto capo dell'omonima cosca locale oppure in
ragione di una particolare autorevolezza personale derivAegli dall'essere figlio di
Pelle Antonio, un personaggio in vista e considerato super partes nell'ambito
associativo.
Premesso che nessuna sentenza ha mai affermato l'esistenza di una cosca Pelle, la
Corte evidenzia carenze argomentative in ordine agli elementi che dimostrino la
presenza sul territorio di tale cosca, tenuto conto anche della mancanza di reati 3 Ficara, sia sulla conoscenza da parte di Latella e Biliari della disponibilità dell'arma fine, costituiti esclusivamente dalla tentata estorsione in danno dell'imprenditore
non identificato ( reato in ordine al quale è divenuta irrevocabile la condanna) e
AcIlla fittizia intestazione dei beni sanzionata ex art 12 quinquies 1.356/92.
3.5. La condanna per il reato di cui all'art.86 DPR 570/60 viene annullata, con
rinvio al giudice di merito, limitatamente al riconoscimento dell'aggravante di cui
all'art.7 1.203/91, la cui esistenza è logicamente subordinata alla risposta al quesito alla certezza che le utilità promesse fossero dirette a favorire la cosca e non
soltanto gli interessi privati di Pelle Giuseppe e Mesiani Mazzacuva.
3.6. Viene altresì disposto l'annullamento con rinvio in relazione alle affermazioni di
responsabilità in ordine ai reati di cui all'art.12 quinquies 1.356/92.
Si evidenziano, sul punto, errori interpretativi e carenze motivazionali:
i giudici di merito avrebbero confuso fra titolarità formale e gestione di una
impresa
sarebbe stata ingiustificatamente ritenuta irrilevante la circostanza che il
denaro utilizzato per la costituzione delle due attività imprenditoriali fosse
lecita.
In particolare, si osserva che la fittizia intestazione di beni non suscettibili di
confisca a titolo di misura di prevenzione patrimoniale non integra la fattispecie di
cui all'art.12 quinquiesl.cit.
La questione, comunque, non è più in discussione, posto che vi è stata sentenza
assolutoria, da parte del giudice di rinvio, non impugnata dal PM. 4. La Corte d'Appello di Reggio Calabria, in sede di rinvio, ha confermato l'esistenza
della cosca Pelle e la partecipazione ad essa di Pelle Sebastiano, Pelle Domenico e
Pelle Antonio; ha escluso le aggravanti ancora sub iudice, ad eccezione di quella di
cui all'art.7 1.203/91, contestata a margine del delitto di cui all'art.86 DPR 570/60,
e la sussistenza dei reati di cui all'art.12 quinquies 1.356/92; ha rideterminato la
pena nei confronti di Pelle Giuseppe e Latella Antonino, riconoscendo la
continuazione con reati già giudicati, e nei confronti dello stesso Latella oltre che di
Ficara Giovanni e Morabito Rocco, con una rivalutazione della recidiva. 5. Oggetto dei ricorsi e del presente giudizio sono:
l'affermazione di penale responsabilità di Pelle Sebastiano, Pelle Domenico e
Pelle Antonio c1.87 in ordine alla condanna per il reato di cui all'art. 416 bis
c.p. 4 se sussistesse o meno la cosca Pelle ed, eventualmente, in che modo si sia giunti l'esclusione dell'aggravante di cui all'art.416 bis co.4 c.p. nei confronti di
Ficara e Latella e di quella di cui all'art.7 1.203/91 contestata a Ficara al
capo D ( detenzione della pistola)
l'esistenza dell'aggravante ex art. 7 1.203/91 constatata a lana, Mesiani
Mazzacuva e Zappalà nell'ambito del delitto di cui all'art.86 DPR 570/60
la determinazione della pena inflitta a Pelle Giuseppe, a Ficara Giovanni, a 6. Il ricorso della Procura generale di Reggio Calabria attiene alla esclusione dell'aggravante di cui all'art. 416 co.4 c.p.nei confronti di Ficara e Latella e di quella
di cui all'art.7 1.203/91 contestata a Ficara con riferimento al delitto di detenzione
d'arma.
Il ricorrente fa riferimento alla sentenza pronunciata nell'ambito del processo
denominato "piccolo carro" dalla Corte d'Appello di Reggio Calabria in data 4.3.15,
che allega al ricorso, per sostenere che è stata in quella sede riconosciuta la natura
armata della cosca Ficara-Latella ed, in particolare, che Ficara era stato trovato,
durante quell'indagine, in possesso di un vero e proprio arsenale.
Si tratterebbe di un nuovo e decisivo elemento idoneo a smentire le conclusioni a
cui è pervenuta la sentenza impugnata in merito alla insussistenza delle aggravanti
sopra menzionate.
6.1. Replica la difesa di Latella Antonino, con memoria trasmessa via fax il 18.3.16,
assumendo che il ricorso del PG è inammissibile in quanto finalizzato ad ottenere
una rivalutazione nel merito degli stessi dati processuali ed in quanto configura
semplicemente un contrasto di giudizi, oltretutto in relazione ad un processo i cui
esiti investigativi e probatori non sono mai stati introdotti nell'ambito del presente
procedimento. Si sottolinea che, in quella sede, Latella non era imputato di
associazione mafiosa. 7. La difesa di Ficara Giovanni, in un primo ricorso, deduce violazione di legge e vizi
motivazionali con riguardo alla determinazione della pena.
Premesso che l'annullamento era stato disposto in quanto il giudice di merito non
aveva tenuto conto dell'art.63 co.4 c.p.nella determinazione della pena, in
particolare aveva applicato l'aumento per l'aggravante di cui all'art.416 co.4 c.p.e
quello per la recidiva qualificata, il giudice di rinvio osserva che, intervenuta
l'esclusione della prima aggravante, dovrà essere applicato soltanto l'aumento per
la recidiva ( quindi infligge una pena di anni dieci di reclusione aumentata di anni 5 Morabito Rocco„ cinque e mesi sei per la recidiva contestata).
Il ricorrente sostiene che il giudice di rinvio ha qualificato la recidiva come semplice
( v. pag.189) e, quindi, è del tutto illegittimo e spropositato l'aumento di due terzi
della pena.
Ci si duole altresì dell'omessa motivazione circa la decisione di applicare un
aumento di pena per la recidiva. sanzionatorio, sia per quanto riguarda la determinazione della pena base che
l'aumento per la recidiva. 8. La difesa di Morabito Rocco deduce la violazione del divieto di reformatio in peius
osservando che con la sentenza annullata il Morabito era stato condannato alla
pena di anni dieci e mesi otto di reclusione e nella sentenza di rinvio, nonostante
l'esclusione dell'aggravante di cui all'art.416 co.6 c.p., la pena base è stata
ugualmente determinata in anni dieci di reclusione .
Con il secondo motivo si censura l'omessa motivazione circa l'aumento di pena per
la recidiva. 9. La difesa di Pelle Giuseppe si duole, con il primo motivo di ricorso, delle modalità
con cui la Corte d'Appello ha applicato l'istituto della continuazione.
La Corte di Cassazione aveva annullato la prima sentenza della Corte d'Appello di
Reggio Calabria, in relazione alla posizione di questo imputato, per non avere
adeguatamente valutato se la condotta che ne aveva determinato la condanna per
associazione mafiosa nell'ambito del processo cd.Armonia non fosse di contenuto
analogo a quella del presente procedimento.
Il giudice di rinvio, pur riconoscendo il vincolo della continuazione fra i diversi fatti,
ritiene più gravi quelli giudicati nell'ambito del presente procedimento in base a
considerazioni che la difesa definisce opinabili e comunque contrastanti con i
principi posti da S.U. Ciabotti.
Si sostiene, infatti, che la pena inflitta nell'ambito del presente procedimento è più
elevata per effetto delle modifiche introdotte con 1.125/08 ma, in realtà, la pena
edittale è maggiore per le condotte oggetto del processo Armonia, dove è
contestato il ruolo direttivo e l'essere, l'associazione, armata.
Censurabile, quindi, l'interpretazione della Corte di rinvio che ha fondato
l'individuazione del reato più grave non sulla base dei principi di diritto enunciati
nella sentenza citata ma su una propria fallace interpretazione dei fatti, secondo cui 6 7.1. Con il secondo ricorso si deduce l'omessa motivazione sul trattamento la condotta del Pelle sarebbe stata più grave nell'ambito del presente processo, in
., ragione della qualità di capo del mandamento. N. Con il terzo motivo si deduce l'omessa motivazione circa l'aumento per la recidiva.
La censura è ripresa ed ampliata nei motivi nuovi, in cui si evidenzia la
incompatibilità fra continuazione e recidiva nel senso che, una volta ritenuta
l'unicità del disegno criminoso, è illegittimo porre a fondamento della recidiva le 10. Nei ricorsi di Pelle Giuseppe, Zappalà Santi, Mesiani Mazzacuva Giuseppe e
Tana Francesco, si censura la sentenza impugnata per avere riconosciuto
l'aggravante di cui all'art.7 1.203/91 con riferimento al delitto di corruzione
elettorale di cui tutti sono stati riconosciuti responsabili con pronuncia irrevocabile.
Analoga problematica è affrontata nei motivi nuovi depositati dalla difesa di Pelle
Giuseppe in data 19 marzo 2016.
Tutti i ricorsi affrontano il problema relativo alla esistenza ed al radicamento sul
territorio della cosca Pelle, oggetto della parte più controversa della sentenza, per
dedurne che ove fosse censurata, sul punto, la sentenza del giudice di rinvio, in
adesione ai criteri enunciati nella sentenza di annullamento, automaticamente
sarebbe esclusa l'aggravante, non potendosi ritenere che l'appoggio elettorale
promesso da Pelle Giuseppe a Zappalà e Tana fosse diretto a portare benefici ad
una inesistente cosca familiare da lui capeggiata.
10.1 Sotto un profilo soggettivo, si sostiene che, ai fini della configurabilità
dell'aggravante, si richiede all'agente la consapevolezza di favorire una cosca
mafiosa e tale attitudine mentale difetterebbe nei ricorrenti, posto che, addirittura,
Pelle Giuseppe agì con riserva mentale, vale a dire promise il proprio appoggio
elettorale a Zappalà e lana, pur essendo intenzionato a favorire, in realtà, un
diverso candidato ( Nucera Pietro, assolto con sentenza irrevocabile dall'addebito di
corruzione elettorale).
Tenuto conto, altresì, del fatto che la persona che tenne i contatti fra Pelle e
Zappalà, cioè Mesiani Mazzacuva, è stato ritenuto estraneo alla supposta
associazione.
In particolare, nel ricorso Zappalà, si osserva come all'esito del giudizio di rinvio si
sia confermata la sussistenza dell'aggravante sulla scorta dei medesimi elementi
posti a fondamento della sentenza annullata: l'agevolazione della cosca Pelle, quale
corrispettivo dell'appoggio elettorale del suo capo, sarebbe consistita nella adozione
di una corsia preferenziale per l'assegnazione di lavori pubblici ad aziende mafiose 7 pregresse condotte criminose. e nell'impegno a fare trasferire Pelle Salvatore in un carcere più vicino alla famiglia.
Il primo elemento sarebbe contraddetto dall'assoluzione irrevocabile in ordine al
reato di cui all'art.12 quinquies per insussistenza del fatto e dall'assoluzione di
Mesiani Mazzacuva ( imprenditore locale) dal reato associativo, di tal che non si
comprende quali siano le aziende mafiose facenti capo alla cosca Pelle.
La decisione impugnata sarebbe, poi, frutto dell'interpretazione distorta di una conversazione la cui trascrizione viene allegata al ricorso.
Quanto al trasferimento di Pelle Salvatore, detenuto per traffico di stupefacenti,
non si comprende in quale misura avrebbe potuto giovare agli interessi della cosca. 11. I ricorsi di Pelle Sebastiano, Pelle Antonio e Pelle Domenico vertono sulla
condanna per la loro partecipazione alla cd.cosca Pelle, capeggiata da Pelle
Giuseppe, ed in parte sviluppano motivi di identico contenuto.
11.1. Nel primo motivo del ricorso di Pelle Sebastiano, si deduce l'illegittima
utilizzazione dell'ordinanza di custodia cautelare emessa nell'ambito del
procedimento cd.Reale 6 in relazione al contenuto delle intercettazioni telefoniche
in essa trascritte, in special modo per quanto riguarda le conversazioni del 20 e 27
marzo 2010, ampiamente citate dalla sentenza impugnata, nonché delle sentenze
irrevocabili emesse in procedimenti a cui il ricorrente è rimasto estraneo, con
particolare riguardo a quelle che fornirebbero la dimostrazione dell'esistenza storica
della cosca Pelle.
11.2. In tutti i ricorsi, si deducono violazione di legge e vizi motivazionali avendo, il
giudice di rinvio, disatteso le direttive contenute nella sentenza di legittimità e
posto a fondamento del giudizio di colpevolezza gli stessi elementi di prova indicati
nella sentenza annullata, debitamente enfatizzati, ma pur sempre riconducibili alla
presunzione che l'autorevolezza di Pelle Giuseppe ed il suo ruolo all'interno della
'ndrangheta fossero determinati dal suo essere a capo della propria cosca, vale e
dire la cosca Pelle.
Sotto questo profilo, si evidenzia l'intervenuta assoluzione dai reati di cui all'art.12
quinquies, di tal che non vi sarebbe prova alcuna dell'esistenza di attività
economiche riconducibili alla cd.cosca, e l'assenza di reati fine, se si eccettua la
tentata estorsione in danno di un imprenditore non identificato e comunque
residente in un paese diverso da quelli in cui, secondo l'accusa, avrebbe operato il
sodalizio criminoso.
Si sottolinea altresì la circostanza, peraltro già ricordata dai giudici di legittimità, 8 conversazione fra Mesiani Mazzacuva, il presunto intermediario, e Zappalà; che nessuna sentenza abbia mai sancito l'esistenza di una cosca Pelle- Gannbazza
anzi, la sentenza di appello nel processo cd.Armonia, l'abbia radicalmente esclusa.
Si evidenzia ancora che, a fronte di conversazioni intercettate fra Pelle Giuseppe e
personaggi di spicco della 'ndrangheta, volti ad elaborare strategie di vario genere
nell'interesse dell'associazione, difettino colloqui fra Giuseppe e gli altri presunti
appartenenti alla sua cosca, a dimostrazione del fatto che l'interlocutore e della 'ndrangheta e non in quanto capo della omonima cosca.
11.3. I ricorrenti sviluppano, poi, motivi più strettamente individuali tesi a
censurare la sentenza impugnata laddove ritiene provata la loro partecipazione alla
cd.cosca Pelle.
11.4. Si deducono, infine, vizi motivazionali con riferimento alla mancata
concessione delle attenuanti generiche ed all'omessa motivazione in relazione alla
recidiva là dove contestata. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso della Procura Generale è inammissibile.
Esso si fonda esclusivamente sul contenuto di una sentenza, non ancora divenuta
irrevocabile all'epoca di presentazione del ricorso, pronunciata nell'ambito di un
diverso procedimento nei confronti di Praticò Demetrio Domenico, Zumbo Giovanni
e Ficara Giovanni, i primi due condannati per avere fatto parte della cosca Ficara Latella, con l'aggravante dell'essere, l'associazione, armata; tutti e tre condannati
per detenzione e porto di ordigni esplosivi ed armi comuni da sparo.
La sentenza deve essere valutata ai sensi dell'art 238 bis c.p.p., dal momento che
risulta essere divenuta irrevocabile dal 7.1.16.
Va tuttavia osservato che non vi è alcuna automaticità nell'introduzione in altro e
diverso giudizio delle prove e delle valutazioni contenute, così come puntualmente
affermato da questa Corte:
"Le risultanze di un precedente giudicato penale acquisite ai sensi dell'art. 238 bis
cod. proc. pen. devono essere valutate alla stregua della regola probatoria di cui
all'art. 192, comma terzo, cod. proc. pen., ovvero come elemento di prova la cui
valenza, per legge non autosufficiente, deve essere corroborata da altri elementi di 9 l'esclusivo terminale dei discorsi era Pelle Giuseppe in quanto personaggio di spicco prova che lo conferminolSez. 1, n. 4704 del 08/01/2014 Rv. 259414) «
"L'acquisizione in funzione probatoria della sentenza pronunciata sulla medesima
vicenda nei confronti del coimputato, divenuta irrevocabile, non esime il giudice del
processo "ad quenn" sia dal dovere di accertare la veridicità dei fatti ritenuti
dimostrativi e rilevanti rispetto all'oggetto della prova, fatta salva in ogni caso la
facoltà dell'imputato di essere ammesso alla prova del contrario, sia dal dovere di elementi di prova che confermino la dedotta veridicità"( Sez. 2, n. 16626 del
28/02/2007 Rv. 23665d,,
Va, quindi, evidenziato come non sia stato proposto, da parte del ricorrente, alcuno
snodo argomentativo fra i fatti accertati nell'ambito di quel processo e quelli oggetti(
di prova nel presente.
In particolare, il giudice di rinvio ha escluso la prova dell'aggravante data l'assenza
di riscontri investigativi rispetto all'ipotesi d'accusa, che vedeva l'arma detenuta da
Ficara riferibile alle attività ed alle finalità della cosca ( pag.24).
Nel ricorso nulla si dice in replica a tale argomento, non essendo evidentemente
sufficiente a superarlo l'accertato possesso di armi, in capo a Ficara, nell'ambito di
una diversa vicenda.
Si tratta quindi di ricorso inammissibile per genericità. 2. Inammissibili anche i ricorsi proposti nell'interesse di Ficara.
Non è esatto quanto sostiene il ricorrente, vale a dire che il giudice di rinvio
avrebbe riqualificato la recidiva contestata a questo imputato in termini di recidiva
semplice.
L'inciso contenuto a pag. 189 è, con tutta evidenza, frutto di un errore materiale,
posto che, fra parentesi, si riportano le parole "recidiva semplice" in modo del tutto
avulso dal contesto motivazionale in cui si fa sempre chiaro ed esclusivo riferimento
alla recidiva specifica reiterata infraquinquennale così come da sempre contestata e
ritenuta nei confronti del Ficara ( v.pag.33).
2.1. Quanto alla omessa motivazione in ordine all'applicazione dell'aumento di pena
per la recidiva, va osservato che, a seguito della sentenza della Corte
Costituzionale del 23.7.15 n.158, l'aumento di pena apportato per la recidiva, non
può essere legato esclusivamente al dato formale del titolo di reato, ma
presuppone un accertamento della concreta significatività del nuovo episodio in
rapporto alla natura e al tempo di commissione dei precedenti, avuto altresì
riguardo ai parametri di cui all'art. 133 cod. pen., sotto il profilo della più 10 acquisire, su richiesta del pubblico ministero e nel contraddittorio tra le parti, gli accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosità del reo (Sez. 5, n. 48341 del
07/10/2015 Rv. 265333), di tal che il giudice di merito è chiamato a fornire una
esplicita valutazione sul punto.
Si veda, altresì, Sez. 2, n. 50146 del 12/11/2015 Rv. 265684
"È illegittima la decisione con cui il giudice applichi l'aumento di pena per effetto
della recidiva, ritenuta obbligatoria ex art. 99, comma quinto, cod. pen., senza di una maggiore capacità a delinquere del reo, considerato che l'applicazione
dell'aumento di pena per effetto della recidiva rientra nell'esercizio dei poteri
discrezionali del giudice, che deve fornire adeguata motivazione, con particolare
riguardo all'apprezzamento dell'idoneità della nuova condotta criminosa in
contestazione a rivelare la maggior capacità a delinquere del reo che giustifichi
l'aumento di pena. (Cfr. Corte cost. sent. n. 185 del 2015)".
Tuttavia, l'esame dell'argomento era precluso al giudice di rinvio, attesa la
manifesta inammissibilità del corrispondente motivo di gravame, contenuto
nell'appello (Sez. 6, n. 47722 del 06/10/2015 Rv. 265878 "In tema d'impugnazioni
è inammissibile, per carenza d'interesse, il ricorso per cassazione avverso la
sentenza di secondo grado che non abbia preso in considerazione un motivo di
appello inammissibile "ah origine" per manifesta infondatezza, in quanto l'eventuale
accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di
giudizio di rinvio) .
Si era dedotto, in quella sede, che" la recidiva è riposta su una condanna riportata
da esso Ficara in epoca di gran lunga antecedente, addirittura risalente alla metà
degli anno '80 e ciò appare chiaramente preclusivo alla possibilità di introdurre una
prognosi di reiterazione che possa giustificare la configurazione della suddetta
circostanza aggravante"; si tratta di un'obiezione che non ha alcun nesso rispetto
al tipo di recidiva contestato, in quanto si discute di un unico precedente penale a
fronte di una ben diversa contestazione e senza addurre alcun argomento concreto
per contrastarla .
In tema di inammissibilità del ricorso per cassazione, i motivi devono ritenersi
generici non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì
quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento
del provvedimento impugnato ( v. Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013 Rv. 255568) .
2.2. Quanto al trattamento sanzionatorio, inteso come individuazione della pena
base, non era oggetto del rinvio da parte della Cassazione, che si è limitata a
sollecitare un nuovo esame relativamente all'aumento di pena per la recidiva. 11 operare alcuna concreta verifica in ordine alla sussistenza degli elementi indicativi 3. Inammissibile il ricorso di Morabito, posto che la questione sollevata nel primo
motivo non ha avuto ricaduta alcuna sulla commisurazione della pena.
La Corte di Cassazione ha preso atto della mancata pronuncia, da parte del GUP e
della Corte d'Appello, in ordine alle aggravanti ex art. 416 bis co.6 c.p. e 3
1.146/06, sollecitando il giudice di rinvio a provvedere in tal senso, ma non ha E' di tutta evidenza come le aggravanti escluse dal giudice dì rinvio, pronunciandosi
su un punto oggetto dell'annullamento, non abbiano avuto influenza alcuna nella
determinazione della pena da parte del GUP ( v. sentenza di primo grado pagg.198
ss.) prima e della Corte d'Appello poi; diversamente, la pena non avrebbe potuto
essere contenuta nei limiti irrogati, sicché tutto induce ad escludere che ai fini della
sua determinazione siano state considerate dette aggravanti.
3.1. Il secondo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza, posto che il
giudice di rinvio ha fornito ampia ed esaustiva motivazione a pag.32 in ordine al
riconoscimento della recidiva. 4. Il ricorso di Pelle Giuseppe è inammissibile quanto al primo e al terzo motivo.
Per quanto riguarda l'individuazione del reato più grave, nell'applicazione
dell'istituto della continuazione, si sostiene, del tutto correttamente, che si tratta
di un'operazione che va effettuata in astratto, sulla base delle pene edittali e non in
concreto, di tal che all'affermazione di principio del giudice di rinvio, il quale
rimanda ai principi delle S.U. n.25939 del 28.2.13, Ciabotti, non segue una
decisione congruente, dal momento che poi si sviluppano argomentazioni relative
alla diversa consistenza delle due associazioni mafiose per cui il Pelle è stato
condannato.
Tuttavia, il motivo di ricorso difetta di specificità ( v. Sez. 6, n. 44774 del
08/10/2015 Rv. 265343) laddove non consente la valutazione delle ragioni per cui il
reato più grave, in astratto e secondo i principi della più volte citata sentenza delle
Sezioni Unite, sarebbe quello già giudicato.
Non è riportata l'imputazione nel processo "Armonia", di tal che non è possibile
individuare con certezza per quale tipo di condotta il Pelle Giuseppe sia stato
condannato in quella sede.
Neppure si chiarisce per quale motivo la pena astrattamente prevista per le
condotte più risalenti nel tempo, sarebbe comunque più grave di quella oggetto del
presente processo, tenuto conto che la pena minima edittale per la posizione 12 certamente affermato che la pena inflitta comprendesse tali aggravanti ( v.pag.64). direttiva nell'ambito della fattispecie non aggravata era di nove anni, all'epoca
dell'associazione a delinquere oggetto del presente procedimento, per effetto delle
modifiche introdotte con 1.125/08, ed era pari a quasi il doppio di quella prevista
per la fattispecie aggravata punita nella versione dell'art.416 bis co.1 e 4 c.p.di cui
al d.I.306/92, vigente all'epoca del processo cd.Armonia .
4.1. La determinazione della pena e l'applicazione della recidiva non sono oggetto continuazione con il reato già giudicato, sicché il relativo motivo di ricorso è
inammissibile.
4.2. La censura proposta nell'ambito dei motivi nuovi depositati il 19.3.16,
afferente a una supposta incompatibilità fra gli istituti della recidiva e della
continuazione è manifestamente infondata, in quanto non esiste incompatibilità tra
gli istituti della recidiva e della continuazione, potendo quest'ultima essere
riconosciuta anche tra un reato già oggetto di condanna irrevocabile ed un altro
commesso successivamente alla formazione di detto giudicato.
( Sez. 5, n. 41881 del 02/07/2013 Rv. 256712 e nello stesso senso: N. 19544 del
2004 Rv. 227981, N. 14937 del 2008 Rv. 240144, N. 19541 del 2011 Rv. 252847,
N. 37759 del 2013 Rv. 256212) 5. Pare opportuno posporre l'esame dei motivi di ricorso aventi ad oggetto la
configurabilità dell'aggravante di cui all'art.7 1.203/91, contestata con riferimento al
reato di cui all'art. 86 per cui sono stati condannati con pronuncia irrevocabile Pelle
Giuseppe, Zappalà Santi, Mesiani Mazzacuva Giuseppe e lana Francesco, alla
valutazione di quelli concernenti l'esistenza dell'associazione a delinquere di stampo
mafioso con particolare riferimento alla cd.cosca Pelle. 6. Nella sentenza annullata, l'esistenza della cosca Pelle era stata affermata essenzialmente sulla base del contenuto delle intercettazioni ambientali eseguite
all'interno dell'abitazione di Pelle Giuseppe e su considerazioni di carattere logico.
In particolare, sia era ritenuto che:
- le condanne riportate da Pelle Giuseppe ( anche per 416bis c.p.) e dal fratello
Pelle Salvatore ( condannato per associazione a delinquere finalizzata al traffico di
stupefacenti e rimasto latitante per molti anni) ne facessero elementi di spicco della
criminalità locale
- l'intervento di Pelle Giuseppe nelle vicende legate alle trattative per la nomina del
capo locale di Roghudi non fosse espressione della sua particolare autorevolezza o del rinvio da parte della Corte di Cassazione, limitato alla verifica della del ricordo dei ruolo svolto dal padre nella precedente faida, quanto piuttosto di
una posizione apicale, da parte sua, all'interno della omonima cosca.
- l'esistenza della cosca Pelle ed il ruolo svolto da Giuseppe fossero evidenziati dal
numero di esponenti di primo piano della criminalità organizzata e di uomini politici
che si recarono da costui in vista delle elezioni regionali del 2010
- i pochissimi reati fine accertati non escludessero l'esistenza del sodalizio frutto di una presenza radicata nel tempo e del capillare controllo del territorio, tale
da non richiedere il compimento di atti di prevaricazione violenta nei confronti di
una popolazione già rassegnata al giogo mafioso; in tale contesto erano stati
valorizzati i reati di intestazione fittizia e corruzione elettorale, tipica espressione
del controllo sul territorio, nonché un colloquio fra Pelle Giuseppe e Morabito Rocco,
in cui quest'ultimo chiedeva al primo di intervenire per far cessare l'attività di
concorrenza sleale portata avanti da tate 'Ntoni ai danni del negozio di
abbigliamento gestito dalla moglie e sito in Bovalino, ed infine la tentata estorsione
contestata al capo B.
6.1. La Corte di Cassazione puntualizza che:
- il vincolo associativo è concetto diverso dal vincolo familiare e la prova richiesta
riguarda la concreta operatività della cosca nel territorio specifico
- non è legittimo trarre la prova dell'esistenza della cosca Pelle unicamente dalla
condotta e dal ruolo di Pelle Giuseppe
- è equivoco il dato rappresentato dai precedenti penali di Pelle Giuseppe e Pelle
Salvatore
- non costituisce un elemento di riscontro alla tesi d'accusa il fatto che numerosi
canditati alle elezioni del 2010 si siano presentati a Pelle Giuseppe chiedendone il
sostegno, visto che, oltretutto, i canditati appoggiati da Pelle avevano avuto
risultati assai scarsi.
- l'assenza di reati fine non può essere superata dall'affermazione secondo cui la
cosca era talmente radicata nel territorio da non rendere necessari atti di
prevaricazione della popolazione.
- il radicamento della cosca non può essere confermato dalla tentata estorsione in
danno di un imprenditore residente fuori dal territorio che, si assume, essere sotto
il suo controllo e neppure dalle intestazioni fittizie.
- del tutto insufficiente, in tale prospettiva, il dato probatorio rappresentato dal
colloquio fra Morabito e Pelle diretto a far cessare una attività di concorrenza al
negozio della moglie. 14 criminoso, ben potendo, l'alone di intimidazione sprigionato dalla cosca, essere il 6.2. La sentenza impugnata parte dalla considerazione che la partecipazione di
Pelle Giuseppe alla 'ndrangheta in posizione di vertice è accertata con sentenza
irrevocabile ( nell'ambito del processo cd. Armonia e nel presente).
Ci si chiede se il ruolo assunto fosse conseguenza dell'essere a capo di un cosca
locale oppure fosse reso possibile dalla sua personale autorevolezza, anche quale
figlio di Pelle Antonio. ( pagg.61 ss.) e si evidenzia come Pelle discuta alla pari con Morabito, che è a capo
della cosca omonima, con un approccio non consentito se egli pure non fosse a
capo di una cosca.
Si conclude, quindi, che la posizione di potere di Pelle Giuseppe all'interno della
'ndrangheta non si può spiegare se non con riferimento al ruolo di capo di una
propria cosca , essendo impensabile che tale prestigio sia attribuito a chi non abbia
uomini e mezzi per controllare il proprio territorio.
Il secondo punto valorizzato dalla sentenza impugnata è rappresentato da alcuni
colloqui avvenuti il 16 marzo, il 20 marzo, il 9 aprile 2010 fra Pelle Giuseppe e
Ficara Giovanni, in cui i due discutono di una possibile alleanza fra le loro cosche e
Ficara si lamenta dei dissidi sorti all'interno della sua "famiglia", invidiando la pace
che regna in quella del suo interlocutore ( pag.72).
La circostanza che la famiglia Pelle sia tale anche in senso 'ndraghetistico sarebbe
confermata, a giudizio della Corte d'Appello, dalle sentenze, risalenti nel tempo, che
trattano della posizione del padre di Giuseppe, Antonio, e da una conversazione,
riportata nell'ordinanza cautelare emessa nel procedimento Reale 6 di data 20
marzo 2010, il cui Pelle Domenico definisce la sua famiglia come "arrivata" ,
evidentemente in senso criminale ( pag.84).
Si evidenziano, poi, le visite a Pelle Giuseppe da parte di elementi di spicco della
criminalità organizzata e di canditati alle elezioni regionali.
Si valorizza, da un lato, l'episodio attinente alla tentata estorsione, per cui vi è una
sentenza irrevocabile di condanna, precisando che la distanza fra il territorio
asseritamente controllato dalla cosca Pelle, Bovalino, e il luogo ove risiedeva
l'imprenditore, Condifuori, è di soli 58 km, e dall'altro la conversazione fra Morabito
e Pelle con la relativa richiesta di far cessare l'attività imprenditoriale in
concorrenza con la moglie del primo.
Viene data una diversa lettura dell'appoggio promesso da Pelle Giuseppe ai
canditati alle elezioni regionali del 2010; in particolare si sostiene che i candidati
non cercavano certamente l'appoggio individuale del Pelle, privato dei diritti 15 Si ripercorrono le vicende relative alla nomina del capo della cosca di Roghudi elettorali, quanto piuttosto miravano, per suo tramite, ad ottenere i voti da costui
controllati, quindi, in ultima analisi, quelli degli appartenenti alla cosca da lui
1r capeggiata.
6.3. Quanto all'appartenenza alla cosca di Pelle Sebastiano e Pelle Domenico, la
sentenza impugnata valorizza:
- la loro partecipazione alle riunioni più delicate che si tengono all'interno criminalità
- la loro permanente disponibilità ad entrare in azione nel momento del bisogno
Per Pelle Antonio, figlio di Giuseppe, si fa riferimento alla partecipazione alla tentata
estorsione.
7. I principi affermati dalla Cassazione attengono essenzialmente alla valutazione
del risultato delle intercettazioni, in quanto si precisa che qualora le intercettazioni
costituiscano l'unica fonte di prova per reati complessi inevitabilmente sorge il
dubbio che esse forniscano davvero la prova di tutti gli elementi che debbono
essere provati ( cfr. pag.58).
Si dice, ancora, che è difficile provare con le sole intercettazioni ambientali i reati di
fittizia intestazione, essendo necessari riscontri documentali - ed in effetti per tali
reati il giudice di rinvio pronuncia sentenza di assoluzione.
La censura svolta dalla Corte attiene essenzialmente al tipo di ragionamento
congetturale che afferma l'esistenza di un fatto o di una condotta sulla base di un
processo argonnentativo coerente ma privo di una base probatoria solida, cioè di
una interpretazione certa ed indiscutibile di un colloquio intercettato avente un
oggetto rilevante per la prova del reato.
7.1. Il giudice di rinvio è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo i
parametri implicitamente o esplicitamente enunciati nella sentenza di
annullamento, dovendo comunque evitare di riprodurre i vizi della motivazione
rilevati nel provvedimento annullato ( Sez.6 n.18459 del 22.1.15). 8. Tutto ciò premesso, vanno evidenziati i limiti di utilizzabilità del materiale a cui il
giudice di rinvio ha fatto riferimento al fine di integrare il quadro di prova ritenuto
non pienamente concludente dal giudice di legittimità.
8.1. Illegittima l'utilizzazione dell'ordinanza cautelare emessa nell'ambito del
procedimento cd.Reale 6 con riguardo alle prove in essa indicate e, in particolare,
al contenuto delle intercettazioni riportate a pag.70 - 84- 99- 120 della sentenza
impugnata ( si tratta delle conversazioni 8 aprile 2010 n.8681; 20 marzo 2010 16 dell'abitazione di Giuseppe, in particolare quelle in cui si decidono le alleanze n.4627; 27 marzo 2010 n.6274)
In tal senso Sez. 6, n. 15912 del 28/01/2015 Rv. 263121
" In tema di prova documentale, l'ordinanza di custodia cautelare, al pari della
sentenza non irrevocabile, può essere acquisita al processo a norma dell'art.234
cod. proc. pen. solo per provare che nei confronti di una persona è stato emesso un
provvedimento perché imputata, in concorso o meno con altri, di uno specifico cod. proc. pen. riconosce tale valore probatorio solo alla sentenza irrevocabile".
8.2. L'utilizzazione del contenuto di altre sentenze, con specifico riferimento alle
risultanze dell'indagine cd. Crimine, citate a pag. 65, a quelle del processo cd.
Armonia citate a pag.67-84- 104, a quelle del proc. Konta Korion citate a pag.6893-104, a quelle dell'indagine Infinito citate a pag.70, si presta ad ulteriori osservazioni.
Pur ammettendo la utilizzabilità delle sentenze, se divenute irrevocabili ed acquisite
ai sensi dell'art. 238 bis c.p.p., anche nei confronti di terzi ( v.Sez. 5, n. 7993 del
13/11/2012 Rv. 255058 "Le sentenze irrevocabili acquisite ai sensi dell'art. 238 bis
cod. proc. pen. sono utilizzabili anche nei confronti di soggetti rimasti estranei ai
procedimenti nei quali esse, sono state pronunciate"), va comunque evidenziato
che esse costituiscono prova dei fatti considerati come eventi storici, mentre le
dichiarazioni in esse riportate restano soggette al regime di utilizzabilità previsto
dall'art. 238 bis c.p.p., e possono quindi essere utilizzate, nel diverso
procedimento, contro l'imputato soltanto se il suo difensore aveva partecipato
all'assunzione della prova. (Sez. 1, n. 11488 del 16/03/2010 Rv. 246778) ed, in
ogni caso, vale la regola di giudizio già enunciata al punto 1., con riferimento
all'applicabilità dell'art.192 co.3 c.p.p.
Un conto è, quindi, fondare la propria decisione su fatti storicamente accertati da
sentenze divenute irrevocabili, diversa cosa è estrapolare da quel contesto singoli
elementi di prova al fine di trarne conseguenze in termini logico-giuridici nel
processo in cui le sentenze sono acquisite.
Questa seconda operazione deve essere assistita da particolari cautele non sempre
osservate nella sentenza impugnata.
9. Ne risulta, allora, che il giudice di rinvio ha ritenuto l'esistenza della cosca Pelle
sulla base dei medesimi elementi già valutati dalla Corte di Cassazione, pur
essendo in ampia misura condivisibile- ma evidentemente non concludente- il
percorso logico argomentativo esposto a pag. 60 ss. e la conseguente
interpretazione delle conversazioni già richiamate nella sentenza di primo grado e 17 reato e non anche come prova dei fatti in essa affermati, posto che l'art.238 bis pienamente utilizzabili.
Si è così violata la regola di giudizio enunciata al punto 7.1.
10. Ritiene tuttavia, questo collegio, che il giudice di rinvio, a cui debbono essere
trasmessi gli atti per un nuovo esame della posizione di Pelle Domenico, Pelle
Sebastiano e Pelle Antonio in ordine all'addebito di cui all'art.416 bis c.p., possa
valorizzare altri elementi di prova, ritualmente acquisiti nel processo, anche modo sottolineando che:
- nell'imputazione, la cui parte generale è descritta al capo A) e la parte specifica al
capo b), Pelle Giuseppe è considerato membro della 'ndrangheta nel suo ruolo di
capo della cosca omonima
- il reato di tentata estorsione è stato ritenuto aggravato ex art 7 1.203/91
Su questi due punti la condanna è divenuta irrevocabile, di tal che un qualche
riconoscimento dell'esistenza di una articolazione criminale operativa, all'interno
della più ampia associazione mafiosa denominata 'ndrangheta, alla cui testa vi è
Pelle Giuseppe, non pare del tutto estraneo al giudicato.
10.1. Se si accoglie il principio secondo cui il reato di cui all'art. 416-bis cod. pen. è
configurabile - con riferimento ad una articolazione periferica di un sodalizio
mafioso radicato nell'area tradizionale di competenza - anche in difetto della
commissione di reati-fine e della esteriorizzazione della forza intimidatrice, qualora
emerga il collegamento della nuova struttura territoriale con quella "madre" del
sodalizio di riferimento, ed il modulo organizzativo (distinzione di ruoli, rituali di
affiliazione, imposizione di rigide regole interne, sostegno ai sodali in carcere, ecc.)
presenti i tratti distintivi del predetto sodalizio, lasciando concretamente presagire
una già attuale pericolosità per l'ordine pubblico ( Sez. 5, n. 31666 del 03/03/2015
Rv. 264471; Sez. 2, n. 4304 del 11/01/2012 Rv. 252205), potranno essere
valorizzate le singole condotte tenute dai presunti sodali, vale a dire Pelle
Sebastiano, Pelle Domenico e Pelle Antonio, che la sentenza impugnata confina
nella parte di comprimari a fianco del capo cosca, non riuscendo così a superare le
censure della Corte di legittimità relative alla soluzione del quesito- che nell'ottica
del giudice di rinvio è rimasto nodale- se il ruolo di Pelle Giuseppe all'interno della
'ndrangheta fosse dovuto al suo personale carisma o alla posizione di capo di una
propria cosca.
Soltanto un approfondimento delle condotte dei presunti sodali- anche ampliato
ricorrendo alla rinnovazione dell'istruzione ex art. 603 co.3 c.p.p. non preclusa dalla
specialità del rito (Sez. 5, n. 19388 del 09/05/2006 Rv. 234157 "nel giudizio 18 tenendo conto di aspetti che non sono stati oggetto di approfondimento, in special abbreviato d'appello, celebrato anche in sede di rinvio, il giudice può esercitare il
potere officioso di integrazione probatoria, perché la previsione dell'art. 441,
comma quinto, cod. proc. pen., che attribuisce siffatto potere al giudice
dell'abbreviato in primo grado, è estensibile, con gli stessi limiti, al giudice
d'appello, e la sua valutazione discrezionale circa la necessità della prova non è
censurabile in sede di legittimità" )- può definire se costoro abbiano tenuto loro familiare Pelle Giuseppe è stato condannato, nell'ambito del presente
procedimento, per avere fatto parte della 'ndrangheta in posizione apicale e che
Pelle Antonio è stato condannato, in concorso con Pelle Giuseppe, per tentata
estorsione connotata dall'appartenenza ad una cosca mafiosa. 11. Quanto al reato di corruzione elettorale, l'aggravante di cui all'art. 7 1.203/91 è
stata ritenuta sussistente sotto il profilo dell'agevolazione del sodalizio criminale
mafioso e, correttamente, la sentenza impugnata ha premesso che ciò postula sia
la reale esistenza di una associazione a delinquere di stampo mafioso che di una
effettiva volontà da parte dell'agente di avvantaggiare il sodalizio, anche se in
unione a propri interessi personali ( Sez. 5 n.4037 del 22.11.13; Sez.5 n.11101 del
4.2.15).
L'annullamento con rinvio della sentenza impugnata per quanto attiene
all'accertamento dell'esistenza della cosca Pelle, comporta la necessità di
riconsiderare in quella sede anche l'esistenza dell'aggravante. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Pelle Domenico, Pelle Antonio cl.87
e Pelle Sebastiano, annulla altresì la stessa sentenza nei confronti di Tana Francesco, Mesiani Mazzacuva Giuseppe, Zappalà Santi e Pelle Giuseppe
limitatamente all'aggravante di cui all'art. 7 1.203/91 con rinvio relativamente a
tutti i nominati imputati ad altra sezione della Corte d'Appello di Reggio Calabria
per nuovo esame.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso di Pelle Giuseppe.
Dichiara inammissibili i ricorsi di Ficara Giovanni e Morabito Rocco, che condanna
Sti,Lree.44,4.422.4„k 19 at condotte sanzionabili ai sensi dell'art.416 bis c.p., partendo dal presupposto che il pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della
cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso del Procuratore Generale.
Così deciso il 4 aprile 2016 Il Presidente