Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23038 del 12/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 23038 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BOGDAN FLORIN N. IL 29/10/1988
avverso l’ordinanza n. 445/2012 TRIBUNALE di ROMA, del
25/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

DEPOSITATA

IN CANCELLERIA

– 3 M 2014

Data Udienza: 12/07/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 25 giugno 2012 il Tribunale di Roma, in funzione di
giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza avanzata da Bogdan Florin, volta al
riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati giudicati con le sentenze
indicate nella richiesta e riportate nella epigrafe della stessa ordinanza, avuto
riguardo alla mancanza di elementi probativi della riconducibilità delle condotte
ascritte a un originario e unitario disegno criminoso.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione

personalmente l’interessato, che ne ha chiesto l’annullamento sulla base di unico
motivo con il quale ha denunciato inosservanza di norme processuali e difetto di
motivazione rispetto agli atti del procedimento, ai sensi dell’art. 606, comma 1,
lett. b) ed e), cod. proc. pen.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.
4.

Il 14 giugno 2013 è pervenuta memoria con motivi aggiunti del

ricorrente, che, reiterando i denunciati vizi, ha rappresentato che nelle sentenze
allegate alla richiesta era stata già riconosciuta la continuazione tra i reati
giudicati e ha contestato la sinteticità della motivazione, che, alla luce della
vicinanza temporale dei fatti, della omogeneità delle condotte, della identità del
bene giuridico offeso e delle sue abitudini di vita e in presenza anche del parere
favorevole del Pubblico Ministero, doveva adeguatamente indicare le ragioni della
pronuncia di rigetto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso, integrato con i motivi aggiunti, è manifestamente infondato.
1.1. La nozione di continuazione, delineata nell’art. 81, comma 2, cod. pen.,
richiede che i fatti siano riferibili a un “medesimo”, dunque originario, disegno
criminoso.
Detta unicità di disegno, necessaria per il riconoscimento della continuazione
in fase di cognizione e in fase esecutiva, non può identificarsi con la generale
tendenza a porre in essere determinati reati o comunque con una scelta di vita
che implica la reiterazione di determinate condotte criminose. Occorre, invece,
che si abbia una iniziale programmazione e deliberazione di compiere una
pluralità di reati, che possono essere anche non dettagliatamente

ab origine

progettati e organizzati, purché siano almeno in linea generale previsti in
funzione di “adattamento” alle eventualità del caso, come mezzo al
conseguimento di un unico fine, prefissato e sufficientemente specifico.
2

2.

1.2. Nella specie, il Giudice dell’esecuzione, che ha preso in considerazione i
reati, cui il ricorrente ha riferito la sua richiesta di unificazione, e i dati di fatto
tratti dalle sentenze in atti, ha logicamente e ragionevolmente ritenuto la non
riconducibilità delle condotte illecite a un medesimo disegno criminoso esistente
sin dal momento in cui è stato commesso il primo reato, valorizzando, a fronte
della emergenze acquisite circa la sistematica commissione da parte dell’istante
di delitti contro il patrimonio, consistiti nell’appropriazione e/o nell’utilizzo di
ciclomotori e documenti di provenienza illecita, la predisposizione del medesimo

contingente consumazione di illeciti.
Le linee argomentative dell’ordinanza, congrue sul piano logico e corrette in
diritto, resistono alle censure formulate dal ricorrente, che si risolvono nella
generica prospettazione di considerazioni attinenti al fondamento dell’istituto
della continuazione, infondatamente ricollegato, con i motivi aggiunti, alla
omogeneità delle condotte, alla distanza temporale tra esse e alla identità del
bene giuridico violato, che costituiscono, invece, aspetti da soli insufficienti a
dare dimostrazione dell’unico iniziale programma criminoso che costituisce il
presupposto per il riconoscimento della continuazione, e la cui riproposta
rilettura, a fronte della coerente esposizione delle ragioni della decisione che ha
preso in debita considerazione gli stessi elementi, è invasiva di valutazioni di
merito estranee al sindacato di legittimità.
Né il ricorrente ha indicato gli elementi, tratti dal contenuto delle sentenze
allegate alla richiesta e dal dedotto intervenuto riconoscimento da parte di
ciascuna di esse del vincolo della continuazione tra i reati giudicati, incidenti
sull’apprezzamento svolto e decisivi per una diversa valutazione.
2. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il
contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella
determinazione della causa d’inammissibilità – al versamento della somma,
ritenuta congrua, di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 12 luglio 2013

a tenere condotte delittuose secondo scelte di vita ispirate alla sistematica e

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