Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23037 del 07/05/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 23037 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
1. DE SILVIO ERRICO nato il 04/07/1975;
2. DE SILVIO ANTONIO nato il 26/03/1954;
avverso la sentenza del 06/07/2012 della Corte di Appello di Roma;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Enrico Delehaye che
ha concluso per l’inammissibilità;
udito il difensore avv.to Eduardo Rotondi per De Silvio Errico, che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso.
FATTO
1. Con sentenza del 06/07/2012, la Corte di Appello di Roma,
confermava la pronuncia resa dal giudice dell’udienza preliminare del
Tribunale di Cassino in data 13/10/2011 con la quale DE SILVIO Antonio
e DE SILVIO Errico erano stati condannati per i seguenti reati: a) usura
aggravata ex artt. 81, 110, 644, comma 5 n. 4 cod. pen. (capo sub A)
per essersi fatti dare o promettere, in concorso tra loro, con più azioni
esecutive del medesimo disegno criminoso, a fronte di un prestito di C
10.000,00 erogato a favore di Piccinini Salvatore e Gabriele Angela

Data Udienza: 07/05/2013

Maria, titolari dell’attività commerciale “Casa dell’Agricoltura di Angela e
Salvo”, interessi o vantaggi usurari consistiti in C 25.000 in contanti a
titolo di interessi, due autoveicoli (autocarro Fiat Unic e autovettura
Peugeot 206) del valore di C 17.000, mangimi ed attrezzature per
cavalli per C 2.000 ed arredi da giardino del valore complessivo di C

pen. (capo sub B) per avere costretto i predetti, in concorso tra loro,
con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con minacce
di morte materialmente rivolte da De Silvio Errico alle persone offese,
personalmente o a mezzo telefonico, a consegnare le somme di denaro
e i beni indicati nel capo precedente a titolo di interessi usurari,
procurandosi un ingiusto profitto con danno per le vittime.

2. Avverso la suddetta sentenza gli imputati, a mezzo dei propri
difensori, hanno proposto, con due distinti atti, ricorso per cassazione.

3. DE SILVIO Antonio ha dedotto i seguenti motivi:
3.1. VIOLAZIONE DELL’ART. 644 Cm. PEN. per avere la Corte di Appello
effettuato un’errata valutazione delle dichiarazioni delle persone offese,
dalle quali erano stati ricavati tutti gli elementi del reato di usura, e
sulle quali, conseguentemente, era stata fondata la dichiarazione di
colpevolezza.
Il ricorrente lamenta che non era stato disposto alcun
accertamento volto a verificare in capo agli usurati ed agli imputati la
disponibilità delle somme di denaro asseritamente versate a titolo di
interesse e di quelle date in prestito.
La difesa, inoltre, al fine di screditare le dichiarazioni del Piccinini e
della Gabriele, evidenzia le incongruenze tra le dichiarazioni delle
persone offese e quelle rese dal teste Soave: quest’ultimo, infatti, non
aveva mai nominato De Silvio Antonio, essendosi limitato ad indicare il
figlio Errico come soggetto al quale rivolgersi per risolvere i problemi
economici; ancora, il Soave aveva dichiarato che il Piccinini gli aveva
riferito di aver venduto un furgone a De Silvio Errico, mentre le parti

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3.500; b) estorsione aggravata ex artt. 81, 110, 629, comma 2, cod.

offese avevano sempre escluso di aver ricevuto una qualche
contropartita.
Infine, secondo la ricostruzione difensiva, le richieste di denaro
denunciate dalle persone offese riguarderebbero il prezzo di
un’autovettura Mercedes venduta da De Silvio Errico al Piccinini, che

le circostanze della compravendita e del mancato pagamento sarebbero
state confermate dal teste Silvio Torriero, la cui incertezza circa la targa
dell’autovettura sarebbe del tutto irrilevante, considerato che l’errore
era caduto su una sola lettera.
Inoltre, ulteriori riscontri alla versione dell’imputato proverrebbero
sia dalle parole del teste Soave, al quale De Silvio Errico aveva detto
che il Piccinini avrebbe potuto estinguere il debito da lui contratto con la
restituzione di una macchina, sia dalla documentazione relativa ad un
sinistro occorso al Piccinini nel periodo in contestazione mentre era alla
guida della suddetta Mercedes.
3.2. TRAVISAMENTO DELLA PROVA

per avere la Corte territoriale

sostenuto che il teste Soave avrebbe riferito di condotte tenute da
entrambi gli imputati, mentre dalle deposizioni testimoniali si evinceva
che il Soave aveva indicato come unico autore dei fatti in contestazione
De Silvio Errico.
3.3. VIOLAZIONE DELL’ART. 629

COD. PEN. per non avere la Corte di

Appello esplicitato le ragioni sulla base delle quali aveva attribuito il
reato di estorsione a De Silvio Antonio. Il ricorrente, infatti, non avrebbe
avuto consapevolezza della condotta posta in essere dal coimputato, ed
alcun elemento contrario potrebbe essere desunto né dal tenore
letterale delle minacce né dall’esistenza di asseriti rapporti usurari tra gli
imputati.

4. DE SILVIO Errico, con due distinti

motivi, ha lamentato la

VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 192/2 – 125/3, COD. PROC. PEN.

distrettuale motivato

per relationem,

per avere la Corte

senza tuttavia integrare la

sentenza di primo grado riguardo ai rilievi critici formulati nell’atto di
appello.

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quest’ultimo non avrebbe mai saldato. Peraltro, il ricorrente precisa che

DIRITTO
1. DE SILVIO ANTONIO
1.1. VIOLAZIONE DELL’ART. 644 COD. PEN.: il motivo è infondato.

responsabilità degli imputati non è basata sulle sole dichiarazioni delle
persone offese, bensì alla stregua di numerose risultanze probatorie,
che rappresentano un concreto riscontro a dette testimonianze.
In particolare, la Corte di merito ha valorizzato le dichiarazioni dei
testi Soave Renato e Perna Maria Rita, il rinvenimento degli arredi da
giardino nell’abitazione di De Silvio Antonio e della cambiale da C 2.500
nell’abitazione di De Silvio Errico, l’acquisizione dei documenti relativi
alla cessione dei veicoli, la disponibilità dei veicoli dell’azienda delle
persone offese da parte degli imputati, la telefonata con la quale De
Silvio Errico minacciò il Piccinini di pagare quanto asseritamente dovuto
e alla quale il luogotenente Sicignano assistette, ed infine le contrastanti
giustificazioni degli imputati circa i presunti rapporti con le persone
offese.
Questa Corte, peraltro, non rinviene alcuna contraddizione tra
quanto affermato dal Piccinini e dalla Gabriele, da un parte, e dal Soave,
dall’altra.
Il fatto che il teste Soave non nominò De Silvio Antonio nel corso
della propria deposizione, limitandosi a riferire di aver messo in contatto
gli usurati con De Silvio Errico, non esclude né il coinvolgimento
dell’odierno ricorrente nei fatti per cui si procede né si pone in contrasto
con le dichiarazioni delle persone offese, che hanno, invece, aggiunto
particolari considerati attendibili dai giudici di merito.
Come coerentemente ricostruito dalla sentenza di primo grado, cui
quella di appello ha fatto rinvio, il Soave indicò al Piccinini ed alla
Gabriele l’imputato De Silvio Antonio quale soggetto in grado di
rilasciare loro un prestito e, poi, provvide a metterli in contatto con De
Silvio Errico, il quale acconsentì alla concessione di un mutuo
condizionato esclusivamente all’approvazione del padre.

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Dalla sentenza impugnata emerge chiaramente che la

Pertanto, non essendo evidenziabile alcuna delle pretese
incongruità, carenze o contraddittorietà motivazionali dedotte dal
ricorrente, la censura, essendo incentrata tutta su una nuova
rivalutazione di elementi fattuali e, quindi, di mero merito, va dichiarata
inammissibile.

infondate in quanto la ricostruzione effettuata dalla Corte e la decisione
alla quale è pervenuta deve ritenersi compatibile con il senso comune e
con «i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento»: infatti, nel
momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve
stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore
possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la giustificazione,
ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile
con il senso comune Cass. n. 47891/2004 rv 230568; Cass. 1004/1999
rv 215745; Cass. 2436/1993 rv 196955.
Sul punto va, infatti ribadito che l’illogicità della motivazione, come
vizio denunciabile, dev’essere percepibile ictu ocuii, dovendo il sindacato
di legittimità essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando
ininfluenti le minime incongruenze: ex plurimis SSUU 24/1999.

1.2. TRAVISAMENTO DELLA PROVA: il motivo non è fondato.
Infatti, le dichiarazioni del Soave, non sono l’unico dato probatorio
attraverso il quale la Corte territoriale ha ritenuto provata la
responsabilità di De Silvio Antonio.
Si pensi a quanto riferito dal Piccinini circa la preventiva
approvazione di De Silvio Antonio cui il figlio Errico subordinò
l’erogazione del prestito; alla presenza all’interno del giardino della villa
di De Silvio Antonio del Fiat Fiorino, del Fiat Unic, delle statue e delle
fontane provenienti dall’azienda delle persone offese; alla testimonianza
di Perna Maria Rita, la quale riferì che entrambi gli imputati, con modi
prepotenti, si erano frequentemente appropriati di alimenti per animali,
senza mai corrispondere il relativo prezzo; alla inattendibile
giustificazione addotta da De Silvio Antonio per motivare il rinvenimento
dei numerosi arredi da giardino nella propria abitazione; al diretto

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In altri termini, le censure devono ritenersi manifestamente

coinvolgimento del padre dichiarato da De Silvio Errico nel corso della
telefonata di minacce ricevuta dal Piccinini.
Ne consegue che, stante la logicità e la coerenza della motivazione
resa dalla Corte distrettuale, la censura in ordine al preteso

1.3. VIOLAZIONE DELL’629 coo. Peni.: il motivo non è fondato.
La Corte di Appello è pervenuta alla condanna di De Silvio Antonio
per estorsione sulla base di un quadro probatorio chiaro ed univoco.
È infatti del tutto irrilevante che le minacce fossero state
materialmente proferite da De Silvio Errico, in quanto la Corte ha
evidenziato una serie di emergenze processuali dalle quali la
responsabilità di De Silvio Antonio, per il reato in questione, emerge in
modo chiaro.
La vicenda estorsiva, realizzata attraverso le frasi minacciose
rivolte telefonicamente da De Silvio Errico nei confronti di Piccinini,
maturò nel contesto di un precedente rapporto usurario, che – secondo
quanto affermato dallo stesso Piccinini e confermato dalle risultanze
probatorie sopra menzionate – fu intrattenuto con entrambi gli imputati.
Il che trova conferma nella circostanza che, nella suddetta telefonata, fu
proprio De Silvio Errico a coinvolgere il padre sia nell’usura che
nell’estorsione, nominandolo espressamente, al fine di rafforzare le
minacce ed incutere maggiore timore nella vittima.
2. DE SILVIO ERRICO
Anche il motivo del suddetto imputato è infondato.
Infatti, i punti della pronuncia del Tribunale che l’imputato
sottopose a gravame sono stati puntualmente affrontati dalla Corte di
Appello.
In proposito, è sufficiente rilevare che le dichiarazioni delle
persone offese sono state ritenute credibili non solo perché rese nel
corso di indagini nate da una iniziativa della polizia giudiziaria, e non già

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travisamento della dichiarazione del teste Soave e infondata.

dalla denuncia di Piccinini e della Gabriele, ma anche perché riscontrate
da innumerevoli circostanze.
Infine, va osservato che la Corte territoriale ha stigmatizzato le
diverse e contrastanti versioni rese dagli imputati ed ha puntualmente
confutato la tesi difensiva dell’imputato (cfr pag. 4-5), con motivazione

legittimità.

3. In conclusione, entrambe le impugnazioni devono rigettarsi
con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.
RIGETTA
i ricorsi e
CONDANNA
i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Roma 07/05/2013
IL ESIDENTE
(Dott. A J.nio Esposito)
IL CONSIG E EST.
(Dott. G.

ampia, congrua e logica e, quindi, incensurabile in questa sede di

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