Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23035 del 07/05/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 23035 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
BERLE’ ANTONELLA nata il 07/12/1961, avverso la sentenza del
05/12/2011 della Corte di Appello di Roma;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Enrico Delehaye che
ha concluso per l’inammissibilità;
udito il difensore della parte civile Arena Aurora, avv.to Carlo Borello per
che ha concluso per il rigetto del ricorso
FATTO
1. Con sentenza del 12/05/2010 il Tribunale di Roma condannava
BERLÈ Antonella per i seguenti reati:
a) appropriazione indebita aggravata ex artt. 646, 61 n. 11 cod.
pen. (capo sub A) per essersi appropriata della somma di C 20.000,00
mediante la presentazione all’incasso di due assegni bancari dell’importo
di C 10.000,00 ciascuno, emessi all’ordine di Antonielli Gesuino e recanti
la falsa firma di Branchi Sergio, intestatario del conto corrente sul quale
erano tratti i titoli di credito e convivente dell’imputata, la quale ritirava

Data Udienza: 07/05/2013

il carnet di assegni in virtù di delega ad operare sul suddetto conto
corrente;
b) falso aggravato ex art. 485, 491 e 61 n. 2 cod. pen. (capo sub
B) per aver falsificato, al fine di commettere il reato di cui al capo sub
A, gli assegni citati nel punto che precede, compilandoli abusivamente

2. In data 05/12/2011, la Corte di Appello di Roma, in riforma
della pronuncia resa dal Tribunale di Roma, dichiarava di non doversi
procedere nei confronti dell’imputata in ordine ai reati a lei ascritti
perché estinti per intervenuta prescrizione.

3. Avverso la suddetta sentenza la BENI, a mezzo del proprio
difensore, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo la VIOLAZIONE
DELL’ART. 646 COD. inni. per averla la Corte di Appello ritenuta
responsabile del suddetto reato in mancanza sia del requisito
dell’altruità della cosa sia di quello soggettivo e. comunque, per non
avere adeguatamente motivato sulla sussistenza di tali elementi.
Sotto il primo profilo, la difesa osserva che le somme di denaro di
cui al conto corrente sul quale erano stati tratti gli assegni emessi
all’ordine del sig. Antonielli provenivano anche dall’attività lavorativa
svolta dall’imputata, la quale versava frequentemente su quel conto i
propri incassi quotidiani, sicché il suddetto conto corrente avrebbe
dovuto essere considerato nella comune titolarità tanto del Branchi
quanto della Berlè.
Riguardo invece alla carenza dell’elemento soggettivo, la ricorrente
lamenta di non aver avuto la coscienza e la volontà di appropriarsi del
denaro altrui.

DIRITTO
1. In merito al requisito oggettivo dell’altruità della cosa, richiesto
dall’art. 646 cod. pen. ai fini dell’integrazione del reato in questione, è
sufficiente osservare che la Corte di Appello ha affermato, con

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come indicato sopra ed apponendovi la falsa firma di Branchi Sergio.

motivazione congrua e coerente con le emergenze processuali
puntualmente evidenziate, l’esclusiva titolarità del conto corrente – e
dunque delle somme di denaro in esso depositate – in capo al Branchi.
Pertanto, alla stregua dei suddetti pacifici ed incontestati elementi
fattuali, ineccepibile deve ritenersi la conclusione giuridica alla quale è

quanto titolare della delega e non cointestataria del conto, che solo il
Branchi era il proprietario del denaro presente sul conto t…1».

2. Manifestamente infondato è anche il rilievo difensivo volto a
contestare la sussistenza, in capo alla Berlè, del dolo del reato ascritto.
La Corte territoriale, infatti, ha ritenuto che la ricorrente fosse
senza dubbio consapevole del fatto che il denaro presente sul c.c.
Intestato al Branchi fosse nella esclusiva disponibilità di costui,
evidenziando i seguenti elementi: a) la conoscenza delle pratiche
bancarie maturata dall’imputata in virtù della gestione di un’attività
commerciale; b) la documentazione bancaria, sottoscritta dall’imputata,
relativa all’assunzione della posizione di semplice delegataria; c) il
prelievo dalla banca dei titoli in questione appena dopo l’ictus subito dal
Branchi; d) l’apposizione di una firma falsa del Branchi in calce agli
assegni; e) infine l’utilizzo dei titoli da parte della stessa Berlè.

3. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a
norma dell’art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza: alla relativa
declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna
della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che,
ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina
equitativamente in C 1.000,00, nonché alla rifusione in favore della
costituita parte civile delle spese sostenute in questo rado di giudizio

P.Q.M.
DICHIARA
Inammissibile il ricorso e

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pervenuta la Corte territoriale e cioè che «la Berlè era consapevole, in

CONDANNA
la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di
1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, nonché alla rifusione in
favore della parte civile Arena Aurora delle spese dalla stess sostenute
in questo grado di giudizio che si liquidano in complessivi k 2.000,00

Roma 07/05/2013
IL PRESIDENTE
(Dott. Anti Esposito)
IL CONSIGLIE
(Dott. G. R

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