Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23034 del 07/05/2013
Penale Sent. Sez. 2 Num. 23034 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: RAGO GEPPINO
SENTENZA
su ricorso proposto da:
LEONARD’ ANNITA nata il 30/11/1942, avverso la sentenza del
21/06/2011 della Corte di Appello di Roma;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Enrico Delehaye che
ha concluso per l’annullamento senza rinvio per prescrizione.
FATTO
1. Con sentenza del 21/06/2011, la Corte di Appello di Roma
confermava la pronuncia dal Tribunale di Roma in data 21/01/2009 con
la quale LEONARD’ Annita era stata condannata per il reato di
appropriazione indebita aggravata ex artt. 646 e 61 n. 7 cod. pen.
2. Avverso la suddetta sentenza l’imputata, a mezzo del proprio
difensore, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i seguenti
motivi:
2.1.
PEN.
INOSSERVANZA DEGLI ARTT.
120 COD. PEN., 337/1 – 4 COD. PROC.
per non avere la Corte di Appello dichiarato l’improcedibilità
dell’azione penale benché l’esposto/querela proposto nei confronti della
Data Udienza: 07/05/2013
ricorrente fosse invalido. La difesa rileva che il suddetto atto
difetterebbe delle formalità previste dagli articoli richiamati, e
segnatamente della ratifica della querela da parte degli agenti di P.G.
incaricati delle ricezione dell’atto stesso, della identificazione del
denunciante, della data e del luogo di presentazione e, infine, del
incaricata.
2.2. VIOLAZIONE DELL’ART. 157 COD. PEN.
per non avere la Corte
territoriale dichiarato l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione,
essendo stato il reato consumato in data 15/12/2003.
DIRITTO
1. VIOLAZIONE DEGLI ARTT.
120 COD. PEN., 337/1 – 4 COD. PROC. PEN.: la
doglianza è manifestamente infondata in quanto, com’è stato ritenuto
espressamente nella sentenza del tribunale (pag. 6), il reato deve
ritenersi perseguibile d’ufficio essendo stata contestata l’aggravante di
cui all’art. 61 n° 11 cod. pen.
Sul punto, l’imputata, con l’atto di appello, non solo non dedusse
alcun motivo di doglianza, ma, anzi, ne prese atto tant’è che titolò il
primo motivo «assoluzione dal reato di cui agli artt. 646 e 61 n° 11 cod.
pen perché il fatto non sussiste quanto meno ai sensi dell’art. 530/2
cod. proc. peri.» e nulla dedusse in ordine ai pretesi vizi della querela.
2.
ESTINZIONE DEL REATO PER INTERVENUTA PRESCRIZIONE:
anche la
suddetta doglianza è manifestamente infondata in quanto il momento
consumativo del reato di appropriazione va individuato nel momento in
cui sia accertata l’interversione del possesso.
Nel caso di specie, il suddetto momento va individuato nel
momento in cui
«la stessa Leonardi rinunzia così alla procura
manifestando l’impossibilità di concludere la trattativa e De Candido in
data 28 aprile 2004 revoca la procura speciale concessa a suo tempo
accettando nel contempo dalla stessa in restituzione della somma di
281.000 euro la corresponsione di effetti cambiari del medesimo
2
riferimento alla presentazione personale o ad opera di persona
importo che non saranno mai onorati, con la conseguente elevazione di
verbale di proteso» (cfr pag. 5 sentenza di primo grado): è evidente,
quindi, che, poichè il momento interversivo del possesso avvenne non
prima del 28 aprile 2004, la prescrizione, al momento della sentenza di
3. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a
norma dell’art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza: alla relativa
declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna
della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che,
ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina
equitativamente in € 1.000,00.
P.Q.M.
DICHIARA
Inammissibile il ricorso e
CONDANNA
Il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della omma di
1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Roma 07/05/2013
I P4SIDENTE
(Dott An
IL CONSIGLI
(Dott. G.
ST.
io Esposito)
appello, non era ancora maturata.