Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23033 del 07/05/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 23033 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
TESTA STEFANO nato il 11/09/1953, avverso la sentenza del
02/02/2012 della Corte di Appello di Ancona;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Enrico Delehaye che
ha concluso per l’inammissibilità;
uditi il difensore avv.to Gabriele Marra (per la parte civile Banche delle
Marche spa) che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso e l’avv.to
Salvatore Petronio, in sostituzione dell’avv.to Giovanni Caracci, per
l’imputato, che ha concluso per raccoglimento del ricorso
FA1TO
1. Con sentenza del 02/02/2012, la Corte di Appello di Ancona
confermava la pronuncia resa dal G.U.P. del Tribunale di Urbino in data
16/04/2009 all’esito del giudizio abbreviato, con la quale TESTA Stefano
era condannato per i seguenti reati:
a) truffa aggravata ex artt. 61 nn. 7 e 11, 81, 110 e 640 cod. pen.
(capi da A ad F) per avere, in concorso con Cit Marco e Chebli Charles,
con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, al fine di
trarne profitto per se e per altri, con vari artifizi e raggiri, aperto

Data Udienza: 07/05/2013

fraudolentemente numerosi rapporti di conto corrente a favore di varie
società – reperite da Cit e facenti capo alla “Trade & Share Consulting”,
di cui lo stesso Cit era titolare – finalizzati ad ottenere, mediante
l’utilizzo e l’abuso da parte del Testa della propria qualità di direttore
dell’Agenzia di Fermignano della “Banca delle Marche s.p.a.”, l’apertura
false fatture; tali condotte inducevano così in errore la “Banca della
Marche s.p.a.” in ordine alla genuinità del rapporto, la quale, in virtù di
ciò, subiva un danno patrimoniale ammontante complessivamente in
milioni di euro, somma che veniva prelevata in denaro contante, assegni
circolari e talvolta con l’emissione di assegni bancari, questi ultimi
negoziati dagli imputati presso istituti di credito italiani e sanmarinesi;
b) truffa aggravata ex artt. 61 nn. 7 e 11, 81, 110 e 640 cod. peri.
(capi sub G e H) per avere, in concorso con Ferrara Enrico e Lazzarini
Bruno, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, al
fine di trarne profitto per se e per altri, con vari artifizi e raggiri, aperto
fraudolentemente numerosi rapporti di conto corrente a favore di due
società finalizzati ad ottenere, mediante l’utilizzo e l’abuso da parte del
Testa della propria qualità di direttore dell’Agenzia di Fermignano della
“Banca delle Marche s.p.a.”, l’apertura di un credito e l’anticipazione del
portafoglio commerciale, costituito da false fatture; tali condotte
inducevano così in errore la “Banca della Marche s.p.a.” in ordine alla
genuinità del rapporto, la quale, in virtù di ciò, subiva un danno
patrimoniale ammontante in circa mezzo milione di euro, somma che
veniva prelevata in denaro contante e assegni circolari;
c( associazione per delinquere ex art. 416 cod. pen. (capo sub K)
per essersi associato con Cit Marco e Chebli Charles al preordinato fine
di commettere una serie indeterminata e continuata di truffe tra cui
quelle di cui ai capi da A) ad F) ai danni della “Banca delle Marche
s.p.a.” utilizzando società preesistenti ed essendosi avvalsi della
struttura organizzativa della società “Trade & Share Consulting s.r.l.”
secondo un preciso e predeterminato programma delittuoso.

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di un credito e l’anticipazione del portafoglio commerciale, costituito da

2. Avverso la suddetta sentenza l’imputato, a mezzo del proprio
difensore, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i seguenti
motivi:
2.1. OMESSA MOTIVAZIONE per non avere la Corte di Appello indicato
nella parte motiva della sentenza impugnata i requisiti oggettivi e

capo sub K), avendo confuso il delitto de quo con il diverso istituto del
concorso di persone nel reato.
Riguardo al profilo oggettivo, il ricorrente sostiene che
difetterebbero il riferimento alla contabilità comune, i criteri comuni per
la ripartizione dei guadagni ed, infine, un’apprezzabile durata del
rapporto associativo. Inoltre, la Corte di merito non avrebbe esplicitato
l’esistenza del necessario nesso eziologico tra la condotte del Testa ed il
rafforzamento dell’ente.
Quanto al profilo soggettivo, il ricorrente sostiene di non aver
avuto né la consapevolezza né la volontà di associarsi con lo scopo di
contribuire alla realizzazione del programma associativo.
2.2. ILLOGICA MOTIVAZIONE per avere la Corte territoriale – in
contrasto con gli atti processuali – indicato Giannone Maurizio come
utilizzatore finale e beneficiario delle somme sottratte dal Testa e, nel
contempo, averlo escluso dai partecipanti all’associazione per
delinquere.
2.3. INOSSERVANZA O ERRONEA APPLICAZIONE DELL’ART. 133 COD. PEN. per
avere la Corte distrettuale negato l’applicazione delle circostanze
attenuanti generiche, benché le dichiarazioni auto ed etero accusatorie
dell’odierno ricorrente avessero costituito l’unico compendio probatorio
sul quale si era fondato l’intero procedimento.
Inoltre, con un’ulteriore censura la difesa lamenta l’omessa
valutazione, da parte dei Giudici di merito, dei motivi a delinquere e del
carattere del reo, dei suoi precedenti penali e giudiziari, della sua
condotta antecedente, contemporanea e susseguente al reato, e delle
sue condizioni di vita individuali, familiari e sociali.

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soggettivi costituenti il reato di associazione per delinquere contestato al

3. Con memoria depositata il 22/04/2013, la parte civile, ha
confutato i motivi del ricorso, chiedendone l’inammissibilità

delinquere: la censura è manifestamente infondata per le ragioni di
seguito indicate.
In via preliminare, deve rilevarsi come gli aspetti che il ricorrente
ritiene sintomatici della sussistenza dell’associazione ex art. 416 cod.
pen. se , per un verso, possono costituire un indizio ai fini della
dimostrazione dell’esistenza del sodalizio criminoso, tuttavia, per altro
verso, non sono elementi indefettibili di ogni associazione per
delinquere, sicché non devono necessariamente essere riscontrati da
parte dei Giudici di merito e la loro mancanza non esclude la
configurabilità del reato in questione.
Altri sono i caratteri distintivi del delitto di cui all’art. 416 cod. peri.,
e la Corte di Appello ha dimostrato di fare corretta applicazione dei
costanti e consolidati principi di diritto enunciati da questa Corte di
legittimità, avendo puntualmente individuato tutti gli elementi costitutivi
della fattispecie criminosa ed i profili fattuali sulla base dei quali era
possibile affermare la sussistenza dell’a ffectio societatis.
Quanto all’esistenza del vincolo associativo, la Corte ha osservato
che: a) la collaborazione tra il Testa ed il Cit, titolare della società Trade
& Share Consulting, risaliva sin dalla fine del 2003, e dunque ben prima
che l’odierno ricorrente diventasse, nell’ottobre 2004, direttore della
filiale di Fermignano della Banca delle Marche; b) tutti gli imputati erano
legati da solidi e stabili vincoli associativi, rappresentati dalla
comunanza di interessi, essendo tutti divenuti soci della Trade & Share
Consulting.
Inoltre, la Corte di Appello, ha evidenziato che il programma
criminoso – consistente nell’ottenere sistematicamente ed in maniera
illecita ingenti somme di denaro a titolo di finanziamento da destinare
ad attività di comune interesse – era collaudato, articolato ed

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1. OMESSA MOTIVAZIONE in ordine ai requisiti dell’associazione per

indeterminato, anche per i ruoli strategici rivestiti da ciascuno degli
imputati, e non giustificato dalle necessità economiche del Cit: il che
escludeva la fattispecie del concorso eventuale nei reati continuati.
Pertanto, poiché la Corte di merito ha adeguatamente e
congruamente motivato la sussistenza dell’indeterminatezza del
di cui all’art. 416 cod. pen. ed l’istituto ex art. 110 cod. pen. -, la
configurabilità di un semplice concorso eventuale tra gli imputati è
esclusa, dal punto di vista logico prima ancora che da quello giuridico,
dalla partecipazione all’associazione per delinquere in contestazione.
Relativamente alla struttura organizzativa, la Corte territoriale, oltre
ad evidenziarne il carattere “imprenditoriale”, ha altresì valorizzato
numerosi elementi: la preesistenza di rapporti economici e societari tra
gli imputati, che aveva consentito al Testa di far ottenere con continuità
al gruppo finanziamenti illeciti, fin dal momento in cui lo stesso aveva
assunto la direzione della filiale della Banca delle Marche; l’importanza
strategica della società di consulenza aziendale sanmarinese nella
titolarità del Cit, la quale, da un lato, costituiva il supporto logistico per
il reperimento di società utilizzate per lo scopo criminoso, e, dall’altro,
era uno stabile riferimento per l’emissione della maggior parte delle
fatture false. Inoltre, secondo la sentenza impugnata, ad avere un
rilievo decisivo nella struttura criminale era la collocazione degli
associati in ruoli diversi, ciascuno funzionale agli interessi del gruppo:
tale strumentalizzazione delle proprie qualifiche aveva consentito alla
associazione di sopravvivere alla commissione dei singoli reati e di
essere predisposta per la reiterazione di una serie indeterminata di
delitti dello stesso genere.
Infine, anche sotto il profilo soggettivo la doglianza difensiva è
manifestamente infondata
Dalla motivazione delle sentenza di appello emergono nitidamente
gli elementi dai quali la Corte di merito ha desunto la consapevolezza,
da parte del Testa, di partecipare e di contribuire attivamente alla vita
dell’associazione delinquenziale: a tale fine è sufficiente citare
l’asservimento, sin dall’inizio dell’incarico di direttore di filiale, della

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programma criminoso – elemento, quest’ultimo, di discrimine tra il reato

propria funzione allo scopo illecito perseguito dal gruppo, impegno, che
la Corte non ha esitato a definire “alacre”, volto alla realizzazione del
programma criminoso; la continuità delle condotte illecite; i rapporti
coordinati e, in certi casi, addirittura preesistenti fra gli imputati.
In conclusione, la motivazione circa la sussistenza degli elementi

coerente rispetto all’evidenziato compendio probatorio, sicché la
doglianza del ricorrente, volta ad una mera rivalutazione di quegli stessi
elementi già ampiamente e correttamente giudicati dalla Corte, va
dichiarata manifestamente infondata.

2. ILLOGICA MOTIVAZIONE sulla posizione processuale di Giannone
Maurizio: anche la suddetta censura è manifestamente infondata.
Infatti, non vi è alcuna incompatibilità logica o giuridica tra il ruolo di
partecipe ad un sodalizio criminoso e quello di chi, senza prendere parte
al pactum sceleris, ricicli o impieghi in attività economiche e finanziarie
il denaro proveniente dalle truffe cui è finalizzata l’associazione per
delinquere.

3. INOSSERVANZA O ERRONEA APPLICAZIONE DELL’ART. 133 COD. PEN.: il
motivo di doglianza è manifestamente infondato.
Secondo il consolidato principio di diritto di questa Corte di
legittimità, la meritevolezza della concessione delle attenuanti generiche
«non può mai essere data per scontata o per presunta, sì da dar luogo
all’obbligo, per il giudice, ove questi ritenga invece di escluderla, di
giustificarne sotto ogni possibile profilo, l’affermata insussistenza. Al
contrario, è la suindicata meritevolezza che necessita essa stessa,
quando se ne affermi l’esistenza, di apposita motivazione dalla quale
emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a
giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio; trattamento la
cui esclusione risulta, per converso, adeguatamente motivata alla sola
condizione che il giudice, a fronte di specifica richiesta dell’imputato
volta all’ottenimento delle attenuanti in questione, indichi delle plausibili
ragioni a sostegno del rigetto di detta richiesta, senza che ciò comporti

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costitutivi la fattispecie di cui all’art. 416 cod. pen. è adeguata e

tuttavia la stretta necessità della contestazione o della invalidazione
degli elementi sui quali la richiesta stessa si fonda» (Sez. 1, n. 11361
del 19/10/1992 – dep. 25/11/1992, Rv. 192381; così anche Sez. 2, n.
38383 del 10/07/2009 – dep. 01/10/2009, Rv. 245241).
Nella fattispecie, la Corte territoriale ha individuato gli elementi
gravità del fatto e nel correlato negativo apprezzamento della
personalità del prevenuto».
Diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, la Corte
territoriale non aveva l’obbligo di valutare, ai fini della concessione o
dell’esclusione delle circostanze di cui all’art. 62 bis cod. pen., tutti gli
aspetti indicati dal ricorrente.
Peraltro, l’unico profilo evidenziato dal ricorrente come meritevole
di una diminuzione della pena è la rilevanza della dichiarazioni auto ed
etero accusatorie del Testa.
Sennonché, sul punto, la Corte ha obiettato che le suddette
dichiarazioni – a parte che si erano limitate ad una versione riduttiva del
coinvolgimento che il Testa aveva avuto nella vicenda processuale furono effettuate dopo la perquisizione ed i sequestri da cui erano
emersi elementi accusatori di inequivoca valenza.
Pertanto, alla luce di tali considerazioni, il rigetto della richiesta di
concessione delle attenuanti generiche è congruamente motivato e,
quindi, incensurabile in questa sede di legittimità.
4. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a
norma dell’art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza: alla relativa
declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che,
ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina
equitativamente in € 1.000,00, nonché alla rifusione delle spese a
favore della costituita parte civile.

P.Q.M.

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ostativi alla concessione delle attenuanti in discussione, nei «profili di

DICHIARA
Inammissibile il ricorso e
CONDANNA
Il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C
1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, nonché alla rifusione in

stessa sostenute in questa grado di giudizio liquidate in omplessivi C
3.500,00 oltre iva e cpa
Roma 07/05/2013
IL P’

ENTE

(Dott. j to o sposito)
IL CONSIG
(Dott.

R EST.

favore della parte civile Banca delle Marche s.p.a. delle spese dalla

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