Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23023 del 10/05/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 23023 Anno 2016
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: PARDO IGNAZIO
RITENUTO IN FATTO
Data Udienza: 10/05/2016
1.1 Con sentenza in data 21 ottobre 2013 la Corte di Appello di Trieste, in parziale riforma
della pronuncia del Tribunale di Udine del 29-2-2012, assolveva Bucino Gianni dal reato di
truffa allo stesso ascritto, confermando la statuizione di proscioglimento nei riguardi anche del
coimputato Tuniz.

rispettivamente il primo locatario di un capannone industriale sub-locato alla parte civile
Scagliola ed il secondo agente immobiliare che aveva curato la fase della trattativa e della
conclusione del contratto, circa la regolarità edilizia del fabbricato e la possibilità di esercitarvi
l’attività di stoccaggio di beni da trasportare, non potessero ricondursi alle ipotesi di artifici e
raggiri bensì dovevano qualificarsi come semplici rassicurazioni riconducibili all’ipotesi della
responsabilità contrattuale colposa.
1.3 Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore di fiducia della parte
civile lamentando con differenti motivi:
– violazione di legge ex art. 606 lett. b) cod.proc.pen. poiché l’appello proposto dall’imputato
Bucino era inammissibile per tardività;
– carenza di motivazione ex art. 606 lett. e) cod.proc.pen. poiché la sentenza di secondo
grado non aveva adeguatamente tenuto conto del fatto che la circostanza dell’avvenuto
frazionamento del capannone fosse ben nota al Bucino il quale aveva personalmente proceduto
alle opere e ciò aveva determinato l’impossibilità di utilizzare lo spazio per l’attività
imprenditoriale a seguito dei provvedimenti del Comune della ASL;
– manifesta illogicità della motivazione, ex art. 606 lett. e) cod.proc.pen., in ordine alla
sussistenza dell’elemento soggettivo del reato in capo ad entrambi gli imputati poiché la
sentenza di secondo grado dava atto che la sospensione dell’attività dello Scagliola era dipesa
dall’irregolarità edilizia ma escludeva al contempo il dolo degli imputati benché Bucino avesse
realizzato il frazionamento in assenza di autorizzazione edilizia; inoltre, l’agente immobiliare
Tuniz doveva ritenersi avere agito ugualmente con dolo posto che tale elemento doveva
ravvisarsi in presenza di condotte di malizioso silenzio su circostanze decisive del contratto.
Con memorie depositate in Cancelleria entrambi gli imputati chiedevano il rigetto dei motivi di
ricorso; il Bucino chiedeva anche il rigetto del primo motivo deducendo avere depositato il
proprio appello non il 30 bensì il precedente 28 luglio 2012.
All’udienza del 10 maggio 2016 le parti concludevano come in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
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1.2 Riteneva la Corte di merito che le rassicurazioni fornite dagli imputati Bucino e Tuniz,

Il ricorso è parzialmente fondato e deve, pertanto, essere accolto limitatamente
all’impugnazione proposta nei riguardi del Bucino.
2.1 Inammissibile è il primo motivo con il quale si è lamentato la tardività dell’appello
dell’imputato, e quindi l’inammissibilità del suddetto gravame, posto che la questione risulta
dedotta per la prima volta nella presente sede di legittimità non essendosi data prova
dell’avvenuta deduzione in appello; e poiché per costante interpretazione giurisprudenziale non
possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello

n. 22362 del 23/4/2013, Rv. 255940) il motivo è inammissibile.
2.2 Fondato è invece il motivo con il quale la parte civile lamenta contraddittorietà della
motivazione e travisamento delle prove in relazione al proscioglimento del solo Bucino; ed
infatti, ad avviso di questa Corte, sussiste contraddittorietà della sentenza di secondo grado,
che pronunciava riforma della decisione di condanna del Tribunale di Udine, nella parte in cui
pur dandosi atto che il Bucino aveva proceduto ad effettuare opere di ristrutturazione interne
abusive e che le stesse avevano impedito poi allo Scagliola di svolgere la propria attività non si
deduce la sussistenza del dolo tipico del reato di truffa, insito nella condotta di chi tace
circostanze decisive per il contraente con la volontà di trarne profitto. Posto infatti che Bucino
era a conoscenza delle predette opere egli non poteva attestare la regolarità edilizia del
capannone locato allo Scagliola il quale poi si vedeva costretto ad interrompere l’attività
programmata al suo interno. Al proposito, quindi, devono richiamarsi le specifiche ed
approfondite valutazioni contenute nella sentenza di primo grado la quale, dopo avere
ripercorso accuratamente gli esiti dell’istruzione dibattimentale alle pagine 4-8, procede alla
valutazione delle stesse, con argomentazioni che la Corte di merito appare avere superato con
affermazioni solo apodittiche, alle pagine 9-11 nelle quali si da atto che il Bucino aveva prima
suddiviso e poi irregolarmente locato il capannone a quattro diverse ditte effettuando opere
non assentite dai necessari provvedimenti autorizzativi. La motivazione della pronuncia
impugnata è pertanto sul punto illogica e contraddittoria e sarà compito del giudice di rinvio
fornire adeguata spiegazione circa l’insussistenza del dolo in relazione alla ricostruzione dei
fatti.
2.3 A differenti conclusioni deve invece pervenirsi quanto al Tuniz non essendovi prova certa
della conoscenza da parte di questi delle specifiche irregolarità commesse dal Bucino all’interno
di quell’immobile avendo lo stesso operato soltanto quale intermediario. Tali argomentazioni
sono già state adeguatamente svolte ed approfondite da entrambi i giudici di merito ed il
ricorso proposto sul punto si rivela non fondato.
2.4 Conseguentemente la pronuncia va annullata limitatamente alla posizione del Bucino con
riguardo alla sola responsabilità civile dello stesso con rinvio al giudice civile competente per
valore e ciò ai sensi della particolare disciplina dettata dall’art.622 cod.proc.pen..
3

abbia correttamente omesso di pronunziarsi perché non devolute alla sua cognizione (Sez. 2,

P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata nei confronti di Bucino Gianni con rinvio al giudice civile
competente per valore in grado di appello.
Rigetta nel resto il ricorso. Spese di parte civile al definitivo.
Roma, 10 maggio 2016

IL
D

Dott. Mario Gentile

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IL PRESIDENTE

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