Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23007 del 05/04/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 23007 Anno 2016
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: SANDRINI ENRICO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BONAGA MATTEO N. IL 28/02/1973
avverso l’ordinanza n. 1289/2015 TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA, del
15/12/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE
SANDRINI;
Irt-te/sentite le conclusioni del PG Dott. C, k M)
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Udit i difensor Avv.;

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Data Udienza: 05/04/2016

RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in rubrica il Tribunale di Bologna, costituito ai sensi
dell’art. 310 cod.proc.pen., in accoglimento dell’appello proposto dal pubblico
ministero avverso l’ordinanza in data 16.11.2015 con cui il GIP del Tribunale in
sede aveva rigettato la richiesta di applicazione della misura cautelare
dell’obbligo di dimora a Bonaga Matteo, indagato dei reati di associazione per
delinquere, detenzione e porto in luogo pubblico di sostanze esplosive, nonchè di
una serie di furti aggravati, consumati e tentati, in danno di sportelli bancomat,
applicava al predetto la misura richiesta dettando le conseguenti prescrizioni.

Il pubblico ministero aveva chiesto l’applicazione della misura ai sensi dell’art.
307 comma 1 del codice di rito, in relazione alla decorrenza del termine di fase
della custodia cautelare in precedenza applicata all’indagato; il GIP dichiarava
cessata alla data del 17.11.2015 la misura in corso degli arresti domiciliari, ma
giudicava insussistenti i presupposti di applicazione di una misura coercitiva non
detentiva, in considerazione della durata della custodia carceraria e della corretta
osservanza delle prescrizioni della custodia domiciliare da parte dell’indagato,
tale da elidere i requisiti di attualità e concretezza delle esigenze cautelari.
Il Tribunale rigettava l’eccezione preliminare della difesa secondo cui non vi era
prova che il GIP avesse provveduto su richiesta del pubblico ministero,
ravvisando una correlazione funzionale tra la richiesta e il provvedimento
adottato, entrambi depositati in cancelleria nello stesso giorno – 16.11.2015 senza indicazione dell’ora, non necessaria in quanto l’art. 307 cod.proc.pen. non
stabiliva termini ad horas; nel merito, rilevava che il Bonaga aveva costituito
insieme ad altri soggetti un’associazione criminale specializzata nei furti di
denaro dagli sportelli bancomat mediante l’uso di esplosivi, già operativa da
tempo, dotata di autoveicoli potenti, ricetrasmittenti, targhe false, esplosivo,
indumenti idonei al travisamento e a non lasciare tracce biologiche, così
dimostrando notevole professionalità nel delitto, oltre che temerarietà e
spregiudicatezza nella realizzazione di condotte in grado di mettere in pericolo la
vita di chi si trovasse in prossimità dei luoghi al momento delle deflagrazioni;
tenuto conto del rischio di recidiva specifica, non eliso dalla contenuta durata del
periodo trascorso agli arresti domiciliari, e dell’assenza di segnali di resipiscenza,
riteneva pertanto sussistere il pericolo concreto e attuale di reiterazione di delitti
contro il patrimonio, derivante dall’inserimento dell’indagato in contesti criminali
particolarmente agguerriti, nei quali le occasioni per tornare a delinquere si
presentavano con continuità ,
2. Ricorre per cassazione Bonaga Matteo, a mezzo del difensore, deducendo due
motivi di censura.
Col primo motivo, il ricorrente lamenta violazione di legge, in relazione agli artt.
1

,

(f‘fs.

307, 291 e 178 comma 1 lett. b) del codice di rito, e vizio di motivazione
dell’ordinanza impugnata.
Deduce l’inammissibilità dell’appello cautelare del pubblico ministero, difettando
la prova della correlazione tra l’ordinanza emessa dal GIP e l’esistenza di una
precedente richiesta della pubblica accusa, di cui non era desumibile l’anteriorità
cronologica in assenza di indicazione dell’orario di deposito, e alla quale il
provvedimento del GIP non aveva fatto alcun riferimento.
Lamenta la violazione dell’art. 307 cod.proc.pen., che consente di applicare una

l’emissione dell’ordinanza genetica della misura cautelare; censura la ritenuta
sussistenza delle esigenze cautelari ora come allora, nonostante gli elementi di
novità offerti dalla difesa, senza alcuna verifica dell’attualità e concretezza del
pericolo di reiterazione del reato, alla cui persistenza il pubblico ministero non
aveva fatto alcun riferimento nella sua richiesta.
Col secondo motivo, il ricorrente deduce violazione degli artt. 274 e 307 del
codice di rito, nonchè vizio di motivazione, lamentando che il tribunale si fosse
limitato a riprodurre le motivazioni del provvedimento emesso in sede di riesame
dell’ordinanza genetica, senza distinguere le diverse posizioni degli indagati e
omettendo di considerare i positivi elementi di valutazione riguardanti il Bonaga,
in relazione alla regolare prestazione da alcuni mesi di un’attività lavorativa,
significativa di distacco dall’attività illecita.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è complessivamente infondato e deve essere rigettato.
2. L’eccezione di nullità del provvedimento applicativo dell’obbligo di dimora,
formulata dal ricorrente ex art. 178 comma 1 lett. b) cod.proc.pen. sul
presupposto della carenza di iniziativa del pubblico ministero nella relativa
richiesta (operando il principio della domanda cautelare anche con riferimento
alle misure alternative di natura non custodiale disposte dal giudice ai sensi
dell’art. 307 comma 1 del codice di rito in sede di scarcerazione dell’indagato per
decorrenza dei termini di custodia: Sez. 6 n. 29593 del 4/07/2011, Rv. 250742)
e della conseguente assenza di legittimazione della pubblica accusa ad appellare
l’ordinanza del GIP che non aveva applicato al Bonaga la misura cautelare, si
limita a una mera riproposizione delle medesime argomentazioni che sono già
state disattese dal Tribunale con motivazione coerente e puntuale, con la quale il
ricorrente omette di confrontarsi.
Dato atto della pacifica esistenza in atti della richiesta del pubblico ministero,
depositata presso la cancelleria del GIP nella stessa data dell’ordinanza emessa
dal giudice (non essendo necessaria l’attestazione dell’ora del deposito, non
versandosi in materia di provvedimenti soggetti a termine orario di decadenza),

2

misura coercitiva solo se permangono le ragioni che avevano determinato

il Tribunale ha valorizzato, agli effetti di ritenere la priorità logica e cronologica
della richiesta rispetto all’ordinanza che su di essa ha provveduto, la obbiettiva
correlazione funzionale esistente tra i due atti, discendente anche dalla
motivazione con cui il GIP ha argomentato l’insussistenza di esigenze di
prevenzione necessitanti di ulteriore cautela a seguito della perdita di efficacia
della misura custodiale degli arresti domiciliari per decorso del termine di fase,
che non avrebbe avuto ragion d’essere in assenza di richiesta di applicazione di
una misura gradata, che il giudice non aveva il potere di disporre d’ufficio.
L’assenza di correlazione critica tra le ragioni argomentative della decisione

ricorrente, implica la genericità della censura (Sez. 2, n. 36406 del 27/06/2012,
Rv. 253893), che si rivela comunque infondata alla stregua della motivazione
dell’ordinanza impugnata.
3. Le residue doglianze dedotte nei motivi di ricorso, che possono essere
esaminate congiuntamente essendo dirette nel loro insieme a contestare la
motivazione con cui il Tribunale ha ritenuto tuttora attuali e concrete le esigenze
cautelari di cui all’art. 274 comma 1 lett. c) cod.proc.pen. a carico del Bonaga,
sono a loro volta infondate fino a rasentare l’inammissibilità.
Questa Corte ha chiarito che le misure coercitive che il giudice è legittimato a
disporre, ai sensi dell’art. 307 comma 1 cod.proc.pen., al momento della
scarcerazione dell’indagato per decorrenza termini, qualora sussistano (in base
al dettato testuale della norma) “le ragioni che avevano determinato la custodia
cautelare”, possono avere per presupposto indifferentemente tanto la
permanenza in tutto o in parte – che deve essere, naturalmente, attuale e
concreta – delle esigenze originarie valutate nell’ordinanza genetica, quanto la
sopravvenienza di nuove esigenze (Sez. 6 n. 26458 del 12/03/2014, Rv.
259975; Sez. 3 n. 42359 dell’11/07/2013, Rv. 256853).
Nel caso di specie, il Tribunale ha fondato il giudizio sulla permanente attualità e
concretezza del pericolo specifico di reiterazione da parte dell’indagato di gravi
delitti contro il patrimonio su argomentazioni adeguate e coerenti, basate sulla
gravità degli indizi acquisiti in ordine all’appartenenza del Bonaga a una
organizzazione criminale strutturata in forma associativa e dedita da tempo, con
apprestamento e disponibilità di mezzi adeguati, alla commissione di furti di
denaro in danno di sportelli bancomat mediante l’impiego di esplosivi, secondo
una condotta ritenuta significativa di professionalità criminale e dell’inserimento
in ambienti di spiccato spessore delinquenziale forieri di nuove e immediate
occasioni di commettere reati; ha valorizzato altresì, con specifico riguardo alla
posizione del ricorrente, i precedenti per rapina aggravata, lesioni personali e
violazione della disciplina degli stupefacenti, nonché l’assenza di segnali di

3

censurata e quelle, meramente ripetitive, della doglianza riproposta sul punto dal

resipiscenza, escludendo che elementi in tal senso si potessero ricavare
dall’osservanza degli obblighi degli arresti domiciliari accompagnata dalla
prestazione di un’attività lavorativa nel limitato periodo (di circa sette mesi e
mezzo) in cui l’indagato era stato sottoposto alla misura, in conformità
all’orientamento costante di questa Corte secondo cui l’esclusione o
l’attenuazione delle esigenze cautelari non può essere desunta – in via di
principio – dal solo decorso del tempo di esecuzione della misura o
dall’osservanza puntuale delle relative prescrizioni, dovendosi valutare ulteriori

apprezzata all’inizio del trattamento cautelare (ex plurimis, da ultima, Sez. 3 n.
43113 del 15/09/2015, Rv. 265652).
L’esistenza di una congrua motivazione, non meramente riproduttiva di quella
contenuta nell’ordinanza emessa in sede di riesame (come paventato dal
ricorrente), ma che ha preso in considerazione, valutandola, anche la condotta
successiva dell’indagato durante l’esecuzione della misura cautelare, rende
dunque il provvedimento impugnato incensurabile in sede di legittimità, essendo
l’apprezzamento di fatto in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari
riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che la Corte di cassazione
possa sovrapporre una propria diversa valutazione a quella del Tribunale.
4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in data 5/04/2016

Il Consigliere estensore

Il President

elementi di sicura valenza sintomatica in ordine al mutamento della situazione

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