Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23000 del 14/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 23000 Anno 2016
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CARROZZO FRANCESCO N. IL 11/06/1985
avverso la sentenza n. 4756/2014 GIP TRIBUNALE di LECCE, del
28/05/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 14/04/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza resa, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., il 28 maggio
2015 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce ha applicato a
Carrozzo Francesco, in relazione ai reati di cui all’art. 75, commi 1 e 2, d.lgs. n.
159 del 2011, commessi tra il 27 febbraio 2014 e il 10 giugno 2014, la pena

contestata e la continuazione tra i fatti oggetto dei due procedimenti riuniti e
applicata la diminuente per la scelta del rito.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del
suo difensore avv. Massimo Manfreda, l’imputato, che ne ha chiesto
l’annullamento sulla base di unico motivo, con il quale ha denunciato, ai sensi
dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., la incorsa violazione degli artt.
444 e 129 cod. proc. pen.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
2.

L’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo

processuale in virtù del quale l’imputato e il pubblico ministero si accordano sulla
qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza delle
circostanze, sulla comparazione fra le stesse e sulla entità della pena. Da parte
sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei detti aspetti
giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla, dopo avere accertato
che non emerga in modo evidente una delle cause di non punibilità previste
dall’art. 129 cod. proc. pen.
Ne consegue che, una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena
ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., l’imputato non può rimettere in discussione
profili oggettivi o soggettivi della fattispecie, né può dolersi della entità della
pena da esso stesso sollecitata e della sua complessiva adeguatezza.
3. Nel caso di specie, i motivi di ricorso sono manifestamente infondati,
atteso che il Giudice, prima di applicare la pena patteggiata conforme all’accordo
tra le parti, ha controllato l’insussistenza delle condizioni per la pronuncia di una
sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. e ha

2

concordata fra le parti di anni uno e mesi otto di reclusione, ritenute la recidiva

coerentemente rilevato l’esatta qualificazione giuridica dei fatti ascritti, oltre alla
congruità del trattamento sanzionatorio nei termini concordati.
Tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in
sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, appare pienamente
adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante
giurisprudenza di legittimità (tra le altre, Sez. U, n. 10372 del 27/09/1995,
Serafino, Rv. 202270; Sez. U, n. 20 del 27/10/1999, Fraccari, Rv. 214637).
4. Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso segue di diritto la condanna

atti a escludere la colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità, al
versamento -a favore della Cassa delle ammende- di sanzione pecuniaria, che
appare congruo determinare in nnillecinquecento euro, ai sensi dell’art. 616 cod.
proc. pen.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di millecinquecento euro alla
Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 14 aprile 2016

Il Presidente estensore

del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi

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