Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22986 del 21/02/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 22986 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BASILE GERARDO N. IL 18/09/1949
avverso la sentenza n. 47481/2012 CORTE DI CASSAZIONE di
ROMA, del 26/03/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SALVATORE
DOVERE;
1e/sentite le conclusioni del PG Dott. -“-F0,-1:0 ba.02.3, ZJ re.er
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Data Udienza: 21/02/2014

RITENUTO IN FATTO
1. L’avvocato Silverio Sica, quale difensore di Basile Gerardo, ha proposto
ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 625 bis cod. proc. pen. avverso la
sentenza di questa Corte, Terza sezione penale, con la quale è stato rigettato il
ricorso per cassazione proposto nell’interesse del Basile e confermata la sentenza
della Corte di Appello di Napoli, che ha condannato il medesimo per il delitto di
cui agli articoli 113, 40 e 589 commi 1 e 3 cod. pen., alla pena di anni cinque di
reclusione, alle pene accessorie di legge e al risarcimento dei danni in favore

2. La sentenza avverso la quale è proposto il ricorso in esame ha quindi
convalidato il giudizio di merito che aveva attribuito al Basile, quale sindaco del
Comune di Sarno, la responsabilità della morte di 137 persone che erano
decedute per effetto degli eventi catastrofici avvenuti nel maggio 1998; morti
che sono state poste in correlazione causale con la condotta del Basile, al quale è
stato ascritto di non aver tempestivamente dato il segnale di allarme alla
popolazione, disposto l’evacuazione delle persone residenti nelle zone a rischio,
convocato ed insediato tempestivamente il comitato locale della protezione civile,
dato tempestivo allarme alla Prefettura di Salerno, alla quale sino alle 20:47
aveva all’inverso fornito notizie imprudentemente rassicuranti sull’emergenza in
corso, così come aveva fornito alla popolazione in pericolo notizie
imprudentemente rassicuranti sull’emergenza in atto e rifiutato di disporre
l’evacuazione dei plessi ospedalieri di Sarno nonostante una richiesta in tal senso
avanzata dall’autorità sanitaria competente.

3. Con il ricorso si assume l’omessa percezione di una circostanza di fatto
decisiva ai fini del decidere e l’omessa trattazione di un motivo di ricorso. Quanto
al primo aspetto, per il ricorrente, la Corte di cassazione ha giudicato circa la
prevedibilità e l’evitabilità dell’evento sull’erroneo presupposto di fatto che il
sindaco, già a partire dalle ore 16:00 del 5.5.1998, fosse a conoscenza di quanto
stava accadendo. Per contro i dati probatori del processo attestano, al di là di
ogni valutazione, che il sindaco venne contattato per la prima volta dal
viceprefetto vicario tra le ore 17:15 e le ore 17:30. Sulla scorta di tale errore il
momento di effettiva prevedibilità dell’evento è stato ricondotto ad una fase in
cui in realtà il sindaco Basile non sapeva di alcuno sgombero, di alcuna
abitazione invasa dal fango, di alcuna persona travolta. Assumendo il dato
temporale corretto l’arco temporale entro il quale il sindaco avrebbe dovuto
tenere la condotta ritenuta adeguata e doverosa si riduce a 30 minuti,
oggettivamente insufficienti.

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delle parti civili.

Quanto al profilo dell’omesso esame di un motivo di ricorso, il ricorrente
rileva che, oltre a non aver preso in considerazione una circostanza
oggettivamente decisiva ai fini della condanna – ovvero che il Basile venne
contatto dal Vice Prefetto Vicario Piero Mattei tra le ore 17,15 e le ore 17,30 di
quel giorno -, la Suprema Corte ha omesso di dare conto in motivazione della
deduzione di tale circostanza effettuata dalla difesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è infondato.

di fatto, indicati dall’art. 625 bis cod. proc. pen. come motivi di possibile ricorso
straordinario avverso provvedimenti della Corte di cassazione, consistono,
rispettivamente, il primo (già previsto come emendabile, a determinate
condizioni, dall’art.130 cod. proc. pen.), nella mancata rispondenza tra la
volontà, correttamente formatasi, e la sua estrinsecazione grafica; il secondo
(assimilabile a quello revocatorio già previsto, in materia civile, dall’art. 391 bis
cod. proc. pen.), in una svista o in un equivoco incidenti sugli atti interni al
giudizio di legittimità, il cui contenuto viene percepito in modo difforme da quello
effettivo. Deve pertanto ritenersi che rimangano del tutto estranei all’area
dell’errore di fatto – restando quindi fermo, con riguardo ad essi, il principio di
inoppugnabilità dei provvedimenti della Corte di cassazione – gli errori di
valutazione e di giudizio dovuti ad una non corretta interpretazione degli atti del
processo di cassazione, da assimilare agli errori di diritto conseguenti all’inesatta
ricostruzione del significato delle norme sostanziali e processuali (Sez. 1, n.
45731 del 13/11/2001 – dep. 20/12/2001, Salerno, Rv. 220373).
Quanto all’omesso esame di un motivo di ricorso per cassazione, esso non
da luogo ad errore di fatto quando il motivo proposto debba considerarsi
implicitamente disatteso dalla motivazione con la quale si sia data soluzione alla
questione di legittimità comune ad esso e ad una serie di motivi unitariamente
affrontati (Sez. 5, n. 4442 del 05/12/2006 – dep. 05/02/2007, Pirozzi, Rv.
235970).

5. Orbene, le censure avanzate con il ricorso, ancorché qualificate in termini
compatibili con il particolare mezzo di impugnazione attivato, in realtà mirano a
veder rielaborata la decisione assunta dalla Corte di cassazione. Ed invero, a
quel Collegio non è sfuggito che con il quinto motivo di ricorso il ricorrente aveva
contestato la sentenza impugnata anche per non aver considerato il momento di
effettiva conoscenza degli eventi da parte del Basile, giungendo ad anticipare
l’ambito temporale entro il quale questi avrebbe dovuto procedere
all’evacuazione della popolazione; conoscenza che per il ricorrente era limitata ai

3

In linea di principio mette conto rammentare che l’errore materiale e l’errore

fatti verificatisi in soltanto due zone del paese. E non era sfuggito che il
ricorrente aveva rimarcato come la condotta doverosa avrebbe dovuto essere
tenuta in soli 30 minuti. A tale motivo la Corte di cassazione ha risposto (pagina
12 ss.) rilevando che la censura concernente l’effettiva percezione del fenomeno
disastroso, che si vorrebbe veder fissata in un momento diverso da quello
individuato nel provvedimento impugnato, non tiene conto di ciò che la sentenza
di annullamento aveva già rilevato censurando le conclusioni della sentenza
allora impugnata. In altri termini, il S.C., già in quel primo intervento, culminato

merito avevano erroneamente collocato intorno alle ore 20,00 del 5 maggio 1998
i momenti in cui risultava evidente che ciò che stava accadendo aveva una forza
devastante ben superiore rispetto a quanto verificatosi in precedenza. E
attraverso un’analisi dettagliata della sequenza degli avvenimenti ricostruita dai
giudici di merito era stato rilevato che già alle 16:00 di quel giorno esistevano
elementi di conoscenza tali da far ritenere una ben più grave evoluzione del
fenomeno; osservando conseguentemente che a quell’ora l’evoluzione
peggiorativa dell’evento non solo era divenuta maggiormente prevedibile ma
addirittura era in atto e pertanto il giudizio di non prevedibilità cui erano
pervenuti i giudici di merito doveva ritenersi manifestamente illogico e
contraddittorio poiché contrastante irrimediabilmente con quanto accertato dagli
stessi giudici (pagina 13).
La Corte ha poi aggiunto che di tale conclusione aveva opportunamente
tenuto conto la sentenza di secondo grado impugnata; sicché all’esito di una
valutazione priva di illogicità e di palesi contraddizioni la Corte territoriale aveva
individuato tra le ore 16 e le 17,30 il momento di effettiva prevedibilità degli
eventi più catastrofici.
Pertanto, la identificazione dell’orario in cui il Basile aveva avuto conoscenza
e comunque avrebbe dovuto conoscere quanto stava accadendo (si veda la
puntualizzazione operata dalla Corte a pg. 8, richiamando i principi espressi dalla
sentenza rescindente), sì da rendere prevedibile il successivo evolversi
catastrofico degli eventi, può dirsi esito di una puntuale e complessa opera di
valutazione della Corte di cassazione, del tutto incompatibile con l’ipotesi di
errore materiale o di fatto. Ed anzi, va anche rilevato che, con il ricorso
straordinario, il ricorrente pretenderebbe di superare il

dictum consolidatosi a

seguito della precedente sentenza del giudice di legittimità, la quale aveva già
indicato che alle ore 16:00 del 5 maggio 1998 si erano dati elementi di
conoscenza tali da far ritenere come prevedibile l’evento.
A fronte di ciò risulta evidente che non si è dato alcun errore di percezione
né alcuna pretermissione di un motivo di ricorso. Il non aver fatto esplicita

con la pronuncia di annullamento con rinvio, aveva evidenziato che i giudici di

menzione della deposizione del Mattei e delle relative deduzioni difensive è privo
di rilievo, stante l’ampia motivazione resa dalla Corte sui temi della conoscenza e
della conoscibilità dei fatti da parte del Basile.
In conclusione l’odierna impugnazione va rigettata ed il ricorrente va
condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21/2/2O1.

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