Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22958 del 09/01/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 22958 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RIBECCO COSIMA N. IL 20/09/1972
BITETTI ANTONIO N. IL 17/09/1974
avverso l’ordinanza n. 59/2012 TRIB. LIBERTÀ’ di TARANTO, del
03/05/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RENATO GRILLO;
12>e7sentite le conclusioni del PG Dott. (
&o

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 09/01/2013

RITENUTO IN FATTO

1.1 Con ordinanza del 3 maggio 2012 il Tribunale di Taranto, in funzione di Giudice del
riesame confermava il decreto di sequestro preventivo del GIP di quella città avente per
oggetto un’area adibita ad attività estrattiva di argilla estesa circa 15.000 mq. sita nel
territorio del Comune di Ginosa di proprietà di tale RIBECCO Cosima e data in gestione alla

di proprietà di tale MATARRESE Angelo.
1.2 II Tribunale pugliese, dopo aver ricostruito dettagliatamente le vicende relative alla
utilizzazione dell’area e descritto lo stato dei luoghi, evidenziava che un precedente decreto di
sequestro probatorio emesso dal P.M. era stato annullato in sede di riesame per carenza di
motivazione in ordine alle esigenze probatorie e che era seguito il decreto di sequestro
preventivo oggetto del riesame in relazione agli ipotizzati reati di cui all’art. 734 cod. pen.,
all’art. 44 lett. c) del D.P.R. 380/01 e all’art. 181 D. L.vo 42/04. Rilevava, al riguardo, che la
vastità dell’intervento di tipo estrattivo in realtà denotava un utilizzazione commerciale e non
agricola di una parte della collina escavata, in quanto l’argilla che veniva estratta era destinata
allo stabilimento ILVA di Taranto in vista della realizzazione di una grande discarica
commissionata dallo stabilimento industriale per la raccolta dei rifiuti: ora, sia la dimensione
degli scavi, sia le stesse modalità dell’intervento lasciavano presumere, in termini di
commissi delicti,

fumus

i reati ipotizzati dall’Accusa, mentre sotto il profilo del rapporto di

pertinenzialità dei beni sequestrati rispetto ai reati suddetti e del periculum in mora, il
Tribunale sottolineava l’evidenza degli elementi comprovanti tali presupposti che rendevano
quindi legittimo il sequestro preventivo convalidato dal GIP.
1.3 Ricorrono avverso la detta ordinanza RIBECCO Cosima e BITETTI Antonio a mezzo del
loro difensore di fiducia, deducendo violazione di legge per inosservanza della legge penale e
difetto di motivazione per manifesta illogicità, avendo il Tribunale desunto la sussistenza del
fumus criminis solo sulla base di quanto rassegnato dalla Pubblica Accusa, senza la minima

ditta BITETTI EDIL SCAVI s.r.I., oltre ad un escavatore di proprietà di tale ditta e ad una ruspa

considerazione degli elementi difensivi dimostrativi della inesistenza di specifici vincoli
paesaggistici sull’area oggetto dell’intervento ed in violazione delle disposizioni contenute nel
D. L.vo 152/06 che superavano la previsione normativa di cui all’art. 9 della L.R. Puglia 37/85
che si assumeva da parte del Tribunale essere stata violata.
1.4 La difesa sottolinea anche come l’attività estrattiva non fosse affatto destinata ad una
utilizzazione industriale del prodotto, stante l’inesistenza di una attività di manipolazione o
trasformazione del prodotto estratto (argilla), ribadendo invece che l’attività di scavo aveva
quale precipua (ed unica) finalità quella agricola di sistemazione e terrazzamento dei terreni
esistenti sul fianco della collina. Con riguardo, poi, alla posizione della RIBECCO, proprietaria
dell’area, la difesa ne sottolinea la totale situazione di buona fede per essersi la stessa affidata
..6,2

a tecnici qualificati, essendo del tutto inconsapevole circa le eventuali utilizzazioni indebite
dell’area e del prodotto estratto e sottolinea anche che il paventato periculum in mora non
avrebbe alcuna ragion d’essere stante la qualifica di coltivatrice diretta che esclude in radice il
ritenuto rischio di aggravamento e protrazione delle conseguenze del reato.

1. Il ricorso non è fondato. Va premesso che, versandosi in tema di misure cautelari reali,
il sindacato in sede di legittimità va circoscritto alle sole ipotesi di violazione di legge in cui
rientrano, per espressa previsione normativa ex art. 325 c.p.p., comma 1, la mancanza
assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto
correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicità manifesta, la quale
può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di
ricorso di cui all’art. 606 cod. proc. pen., lett. e) (Cass. S.U. 28 gennaio 2004 n. 5876; più
recentemente, Cass. Sez. 5^ 25.6.2010 n. 35532, Angelini, Rv. 248129; Cass. Sez. 6^
21.1.2008 n. 7472, P.M. in proc. Vispoli ed altri, Rv. 242916). Conseguentemente una
motivazione che si assume essere illogica ovvero insufficiente e/o non puntuale non può
sorreggere il ricorso avverso una misura cautelare reale (Cass. Sez. 1^ 31.1.2012 n. 6821,
Chiesi, Rv. 252430).
1.2 Tanto precisato, il provvedimento impugnato si sottrae al vizio denunciato non
potendo di certo affermarsi che la motivazione che lo sorregge sia inesistente: né la stessa può
qualificarsi “apparente” come sembrerebbe sostenere la tesi dei ricorrenti nella misura in cui il
Tribunale si è uniformato in modo acritico alla ipotesi accusatoria senza considerare gli
elementi addotti dalla difesa.
1.3 Anche in questo caso le regole interpretative elaborate dalla giurisprudenza di questa
Corte in tema di valutazione dei presupposti per la legittimità del sequestro preventivo fanno
riferimento, anzitutto, all’esame della sussistenza del

fumus commissi delicti; ancora, alla

sussistenza del rapporto di pertinenzialità tra la cosa ed il reato ipotizzato ed, infine, al
periculum in mora.
2. Per quanto riguarda il primo punto, è costante l’affermazione secondo la quale la misura
cautelare reale può essere disposta in quanto sia ravvisabile l’esistenza di un reato. Ne deriva
l’obbligo, per il giudice non solo di verificare non solo l’astratta sussumibilità del fatto in una
fattispecie penale, ma anche il “fumus” del reato ipotizzato, tenendo conto sia degli elementi
forniti dall’accusa che delle argomentazioni difensive. Ed è ovvio che in questa operazione
debbono soprattutto trovare spazio le ragioni per le quali il fatto integra il reato contestato sia pure in forma provvisoria – in quanto il fatto-reato costituisce l’antecedente logico e
necessario del provvedimento cautelare (Cass. Sez. 2^ 23.3.2006 n. 19253, P.M. in proc.

2

CONSIDERATO IN DIRITTO

Cappello, Rv. 234197; v. anche Cass. Sez. 4^ 12.12.2001 n. 41388, Andreani, Rv. 223196;
Cass. Sez. 3^ 14.2.2007 m. 12906, P.M. in proc. Mazreku).
2.1 Ma il compito valutativo del giudice deve naturalmente riguardare tutte le risultanze
processuali e, quindi, non soltanto gli elementi probatori offerti dalla pubblica accusa, ma
anche le confutazioni e gli elementi offerti dall’indagato suscettibili di incidere sulla
configurabilità e sulla sussistenza del “fumus” del reato contestato, ivi compresi quelli afferenti
all’elemento soggettivo del reato purchè rilevabili in modo evidente (in termini, oltre a Cass.

2^ 2.10.2008 n. 2808, Bedino ed altri, Rv. 242650).
3. Quanto all’elemento relativo al rapporto di pertinenzialità, esso va inteso nel senso che
il bene oggetto di sequestro deve essere caratterizzato da una intrinseca, specifica e
strutturale strumentalità rispetto al reato commesso, non essendo sufficiente una relazione
meramente occasionale tra la “re? ed il reato stesso (Cass. Sez. 5^ 16.12.2009 n. 12064,
Marcante, Rv. 246881; Cass. Sez. 5^ 19.9.2011 n. 35394, Ministero della Giustizia ed altro,
Rv. 250930).
4. E, infine, il connesso requisito del periculum in mora deve profilarsi in termini di
attualità e concretezza e va valutato con riferimento alla situazione esistente al momento della
sua adozione, sicché esso deve essere inteso non già come mera astratta eventualità, ma
come concreta possibilità – desunta dalla natura del bene e da tutte le circostanze del fatto che la libera disponibilità del bene assuma carattere strumentale rispetto alla agevolazione
della commissione di altri reati della stessa specie (vds. Cass. Sez. 5^ 12064/09 cit.).
5. Scendendo all’esame della fattispecie sottoposta al giudizio di questo Collegio, si rileva
agevolmente come l’analisi del Tribunale, tutt’altro che apparente, ha passato in rassegna, ad
ampio spettro, tutte le ipotesi possibili collegate ai vari reati ipotizzati (e non solo a quello
urbanistico come sostanzialmente e riduttivannente segnalato dalla difesa), non trascurando
neanche le deduzioni difensive che tendevano a dimostrare come l’utilizzazione dei prodotti
estratti dal fianco della collina fosse destinata a finalità di tipo agricolo: sul punto il Tribunale,
con argomentazione completa, ha escluso tale eventualità basandosi su elementi di rilievo
oggettivo (operazioni in successione nell’arco di una intera giornata lavorativa caratterizzate
dalla estrazione di argilla e dal trasporto di essa a mezzo camion dal luogo di origine al luogo
di destinazione sulla base dei documenti di trasporto esibiti dal conducente; rapporto
commerciale tra la impresa BITETTI EDIL SCAVI s,.r.l. e lo stabilimento ILVA di Taranto in
merito alla richiesta di fornitura di argilla destinata alla realizzazione dello strato impermeabile
e di fondo per la discarica; analisi delle dimensioni dello scavo e della quantità di argilla
estratta fino al momento dell’intervento della P.G.
impugnata).

3

vds. pagg. 2 e 4 dell’ordinanza

19253/06 cit. v. anche Cass. Sez. 3^ 20.5.2010 n. 27715, Barbano, Rv. 248134; Cass. Sez.

6. Anche con riguardo al reato paesaggistico, valutato funditus seppure sotto il ridotto
angolo visuale del fumus criminis, la motivazione del Tribunale è esente da vizi, non mancando
di evidenziare che è lo stesso ricorrente a parlare dell’esistenza in zona di vincoli generici di
ambito “D”, elemento che, in sé, svuota di contenuto la censura difensiva, posto che tale dato
era (ed è) più che bastevole per giustificare nei limiti della astratta configurabilità del reato
paesaggistico (salvi gli approfondimenti propri della fase di merito) il disposto sequestro.
7. La motivazione in esame è esente da vizi anche con riguardo alla posizione della

nei suoi confronti non è dato cogliere quella situazione di buona fede (che la difesa intende
desumere unicamente dalla qualità di coltivatrice diretta a conferma di un utilizzo agricolo – da
parte della ditta del ricorrente BITETTI – precedentemente e motivamente escluso dal
Tribunale) nei termini di assoluta evidenza richiesti nella materia de qua.
8. Evidente, infine, sulla base delle condivisibili argomentazioni svolte dal Tribunale la
esaustività della valutazione da esso compiuta in merito al vincolo di pertinenzialità ed al
periculum in mora, tanto più che le censure mosse dai ricorrenti su tali punti, per la loro
sostanziale genericità risultano ai limiti della inammissibilità.
9. Alla stregua di tali considerazioni il ricorso va rigettato. Segue la condanna di ciascuno
dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma 9 gennaio 2013
Il Consi

ore

Il Presidente

ricorrente RIBECCO Cosima, proprietaria dell’area oggetto dell’intervento di scavo, posto che

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