Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22954 del 26/04/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 22954 Anno 2013
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA
sul ricorso proposto da Stilo Mattia, nato a Roma il 19.4.1988;
avverso la sentenza emessa il 5 aprile 2012 dalla corte d’appello di Roma;
udita nella pubblica udienza del 26 aprile 2013 la relazione fatta dal
Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Nicola Lettieri, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
Svolgimento de/processo
Con la sentenza in epigrafe, la corte d’appello di Roma ridusse la pena ad
anni uno e mesi otto di reclusione ed € 4.000,00 di multa e confermò nel resto la
sentenza emessa il 10.11.2011 dal tribunale di Roma, che aveva dichiarato Stilo
Mattia colpevole del reato di cui all’art. 73, quinto comma, d.p.R. 309 del 1990,
per avere detenuto a fine di spaccio gr. 138 di marijuana e gr. 139,5 di hashish e
per avere ceduto due dosi di marijuana, e lo aveva condannato alla pena di anni
due di reclusione ed € 4.000,00 di multa.
L’imputato propone ricorso per cassazione deducendo:
1) erronea applicazione dell’art. 73 d.p.R. 309 del 1990 e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla determinazione della pena che è stata fissata in una misura elevata senza adeguata motivazione e in contrasto con la ritenuta minima offensività del fatto.
2) erronea applicazione dell’art. 73, quinto comma, d.p.R. 309 del 1990 e
manifesta illogicità della motivazione sulla determinazione della pena per essere stato dato rilievo determinante all’elemento quantitativo.
3) erronea applicazione dell’art. 73 d.p.R. 309 del 1990 e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla determinazione della pena per non avere
considerato lo stato di tossicodipendenza e la natura occasionale dello spaccio.

Data Udienza: 26/04/2013

-2 4) erronea applicazione dell’art. 62 bis cod. pen. e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla applicazione delle attenuanti generiche nella massima estensione solo con riferimento alla pena detentiva e non anche a quella
pecuniaria.
Motivi della decisione
Ritiene il Collegio che il ricorso si risolva in una censura in punto di fatto
della decisione impugnata e sia comunque infondato in quanto il giudice del
merito ha fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione sull’esercizio del
proprio potere discrezionale in ordine alla determinazione della pena, ivi compresa la diminuzione per le attenuanti generiche.
Invero la corte d’appello ha tenuto conto che la condotta nel suo complesso
non appariva eccessivamente grave; che l’imputato aveva riconosciuto la propria responsabilità rinunciando agli altri motivi di appello; che era possibile ritenere la presenza di un percorso di recupero alla legalità, ed ha quindi ridotto
la pena detentiva applicata in primo grado a quella complessiva e finale di anni
uno e mesi otto di reclusione. Non può poi considerarsi manifestamente illogico
che la corte d’appello abbia ritenuto di non ulteriormente ridurre per le attenuanti generiche anche la pena pecuniaria, confermando quella di € 4.000,00 di
multa. Del resto, gli altri elementi che potevano assumere rilievo in ordine alla
determinazione della pena erano stati già presi in considerazione dal giudice di
primo grado.
In conclusione, non può ritenersi che la pena irrogata in concreto sia priva
di adeguata motivazione o sorretta da motivazione manifestamente illogica, posizionandosi peraltro in una misura che non si discosta eccessivamente dai valori minimi edittali.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 26
aprile 2013.

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