Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22953 del 26/04/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 3 Num. 22953 Anno 2013
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da Zianni Patrizia, n. a Gambolò il 18/10/1964;

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano, in data 07/03/2012;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale N. Lettieri, che ha concluso per l’annullamento con rinvio;
udite le conclusioni dell’Avv. A. Rovegno di fiducia, che ha chiesto
l’accoglimento;

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 07/03/2012 la Corte d’Appello di Milano ha confermato la
sentenza del G.u.p. presso il tribunale di Vigevano di condanna di Zianni Patrizia
per il reato di cui all’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 in relazione al concorso
con il marito nella detenzione di grammi 522,38 di hashish suddivisa in sette
panetti, di 29 piante di diverso fusto di marijuana e di grammi 1.550 di
marijuana già essicata.

Data Udienza: 26/04/2013

2. Ha interposto ricorso, tramite il proprio difensore, l’imputata che, con un
primo ed un secondo motivo, lamenta la violazione dell’articolo 73, comma 1, del
d.P.R. n. 309 del 1990 nonché mancanza, contraddittorietà, e manifesta illogicità
della motivazione, non avendo il giudice tenuto conto, in relazione ai riscontri
fattuali, della distinzione tra la ipotesi di connivenza non punibile e l’ipotesi di
concorso nel reato; nella specie, nessun apporto causale e positivo alla

ad un contegno meramente passivo. Aggiunge che se, come ritenuto dalla Corte
territoriale, la tolleranza dell’altrui condotta integrasse immediatamente
l’agevolazione nella commissione del reato, allora non vi sarebbe modo alcuno,
ove vi sia condivisione di luoghi e di spazi, di individuare una condotta
meramente passiva, ove, ad esempio la sostanza venga lasciata in zone di
convivenza comune o in zone accessibili come nel caso in esame; di fatto si
richiederebbe al coniuge convivente, solo perché tale, una condotta fattiva di
denuncia all’autorità giudiziaria ogni qualvolta si versi in un’ipotesi di detenzione
non riconducibile all’uso personale e ciò nonostante non vi sia alcun obbligo
giuridico in tal senso. La distinzione introdotta dalla Corte non consentirebbe di
discernere tra condotte penalmente e non penalmente rilevanti posto che in tal
caso si dovrebbe ricorrere unicamente alla denuncia all’autorità giudiziaria
ovvero all’abbandono del tetto coniugale. Inoltre la Corte non avrebbe in alcun
modo valutato le dichiarazioni confessorie rese dal coimputato Baruffaldi Silvio,
volte ad escludere ogni responsabilità della moglie.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è fondato.
La Corte milanese, confermando gli assunti del Tribunale, ha fondato la
corresponsabilità dell’imputata nella detenzione dello stupefacente rinvenuto
nell’abitazione occupata da lei stessa e dal marito nel fatto che la stessa, a
conoscenza, per quanto da lei stessa affermato, della esistenza delle piante di
marijuana, e a conoscenza anche della esistenza delle restanti sostanze, giacché,
come rilevato in sentenza, detenute in cucina ed in sala in vari barattoli e
contenitori, avrebbe, per tale ragione, fornito al marito “da un lato la
disponibilità della casa, comune ad entrambi, dall’altro un appoggio morale nel
consentirgli tali modalità di detenzione, senza costringerlo quanto meno a
svolgere la sua illecita attività di nascosto da lei, imponendogli quanto meno di
occultare la droga”; sicché, sempre secondo i giudici di appello, tenuto anche
conto che al momento dell’accesso degli operanti era stato rinvenuto in cucina
2

detenzione dello stupefacente è rinvenibile in capo all’imputata che si è limitata

, 11

anche un coltellino sporco di hashish, da ciò desumendosi che Baruffaldi stava
tagliando la sostanza in presenza della donna, l’uomo “poteva contare non solo
sulla passiva accettazione della donna, ma anche sul suo apporto morale nel
potere detenere apertamente la sostanza e nel gestirla, preparandola in
confezioni”.
Questa Corte ha tuttavia affermato che in tema di detenzione illecita di sostanze
art. 110 c.p. in ipotesi di semplice comportamento negativo di quest’ultimo che
si limiti ad assistere passivamente alla perpetrazione del reato e non ne
impedisca od ostacoli in vario modo la esecuzione, dato che non sussiste in tale
caso un obbligo giuridico di impedire l’evento ex art. 40 c.p. giacché il solo
comportamento omissivo di mancata opposizione alla detenzione in casa di
droga da parte di altri non costituisce segno univoco di partecipazione morale. Di
contro, per la configurazione del concorso, è sufficiente la partecipazione
all’altrui attività criminosa con la volontà di adesione, che può manifestarsi in
forme agevolative della detenzione, consistente nella consapevolezza di
apportare un contributo causale alla condotta altrui già in atto, assicurando
all’agente una certa sicurezza ovvero garantendo, anche implicitamente, una
collaborazione in caso di bisogno, in modo da consolidare la consapevolezza
nell’altro coniuge di poter contare su una propria attiva collaborazione (Sez. 6, n.
9986 del 20/05/1998, Costantino, Rv. 211587). Si è anche, significativamente,
aggiunto, che il convivente del soggetto autore di attività di “spaccio” di sostanze
stupefacenti ne risponde a titolo di concorso ove abbia quanto meno agevolato la
detenzione della sostanza, consentendone l’occultamento, mentre non ne
risponde se si sia limitato a conoscere di tale attività (Sez. 3, n. 9842 del
10/12/2008, Gentiluomini, Rv. 242996). E’ necessario, quindi, un contributo
causale in termini, sia pur minimi, di facilitazione della condotta delittuosa
mentre la semplice conoscenza o anche l’adesione morale, l’assistenza inerte e
senza iniziative a tale condotta non realizzano la fattispecie concorsuale (Sez. 4,
n. 3924 del 05/02/1998, Brescia, Rv. 210638; cfr. anche Sez. 6, n.11383 del
20/10/1994, Bonaffini, Rv. 199634).
Nella specie, invece, la suddetta motivazione della Corte territoriale si è risolta,
in contrasto con i principi appena richiamati, nell’avere fatto sostanzialmente
coincidere il concorso morale con una condotta di non ostacolo alla altrui
detenzione in casa dello stupefacente, senza che siano stati evidenziati elementi
dai quali desumere una agevolazione della detenzione nei necessari termini già
ricordati sopra, in tal modo trascurando però, appunto, l’inesistenza, a carico del
coniuge, di un obbligo giuridico di impedire l’evento.
3

stupefacenti nella casa coniugale, deve essere escluso il concorso del coniuge ex

Del resto, proprio in relazione alla individuazione di detti elementi,
l’argomentazione, seppure in astratto idonea allo scopo, per cui la donna
avrebbe messo a disposizione del marito la casa, appare contraddetta dalla
stessa sentenza laddove, subito dopo, la stessa afferma che detta casa era
comune ad entrambi.

nella valutazione degli elementi di prova, tenga conto dei principi sopra
richiamati.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Milano, altra
sezione.

Così deciso in Roma il 26 aprile 2013
Il Co igliere st.

Il Presidente

4. La sentenza impugnata va dunque annullata con rinvio per nuovo esame che,

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA