Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2295 del 27/11/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 2295 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: AMORESANO SILVIO

SENTENZA
sul ricorsi proposti da:
1)
2)
3)
4)

Di Dato
Salvatore
Domenico
Marasca
Giovannoni Danilo
Minei
Daniele

nato il
nato l’
nato il
nato il

3.05.1970
8.07.1977
6.11.1977
29.111979

avverso la sentenza del 23.11.2011
della Corte di Appello di Napoli
sentita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano
sentite le conclusioni del P. G., dr. Mario Fraticelli, che ha
chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi

Data Udienza: 27/11/2012

1. Con sentenza del 23.11.2011 la Corte di Appello di Napoli, in parziale riforma
della sentenza del GUP del Tribunale di Napoli del 21.10.2011, con la quale Di
Dato Salvatore, Marasca Domenico, Giovannoni Danno, Minei Daniele, previa
esclusione della circostanza aggravante di cui all’art.80 DPR 309/90 e
dell’aumento per la recidiva, applicata la diminuente per la scelta del rito, erano
stati condannati alla pena di anni 6 di reclusione ed euro 90.000,00 di multa
ciascuno per il reato di cui all’art.73 DPR 309/90 (perché, in concorso tra loro,
detenevano al fine di spaccio e trasportavano a bordo dell’autovettura Renault
Kangoo TGBP842)X sostanza stupefacente del tipo hashish, per un peso
complessivo di circa 51,480 Kg, caduta in sequestro), riconosceva al Marasca ed
al Minei le circostanze attenuanti generiche, rideterminando la pena in anni 5 di
reclusione ed euro 45.000,00 di multa ciascuno e confermando nel resto
l’impugnata sentenza.
Ricordava la Corte territoriale che, all’esito di una prolungata attività di indagine
in ordine all’importazione dalla Spagna in Italia di sostanze stupefacenti,
attraverso le intercettazioni telefoniche sull’utenza telefonica del Di Dato, il
giorno 27 novembre 2009 agenti del Commissariato di Torre Annunziata
intercettavano, all’uscita del casello autostradale di tale località, un’Audi di colore
nero, guidata da Marasca Domenico, ed una Fiat Punto, con alla guida Minei
Daniele. Le due auto convergevano verso un’area recintata in via Settembrini,
cui si accedeva mediante un cancello automatico. La Fiat Punto entrava nell’area,
mentre la Audi si allontanava, ritornando poco dopo seguita da un furgone
Renault guidato dal Giovannone, con a bordo la moglie Anatrella Giuseppina, che
aveva in braccio una bambina, e sul sedile posteriore Di Dato e due ragazzini.
Gli agenti allora decidevano di intervenire e, a seguito del controllo, rinvenivano,
nel vano portabagagli del furgone Renault, la sostanza stupefacente indicata
nell’imputazione; indosso al Di Dato era rinvenuto un altro pezzo di hashish di
29,5 gr. ed il Marasca era trovato in possesso di un assegno dell’importo di euro
5.000,00 e di svariata documentazione comprovante il suo trasferimento
all’estero nei giorni precedenti; nell’auto Fiat, con la quale era stato visto
sopraggiungere il Minei, si trovava il tele comando di apertura del cancello
elettrico.
Tanto premesso, nel disattendere i motivi di appello in punto di responsabilità,
rilevava la Corte territoriale, rinviando per relationem alla sentenza di primo
grado, che dagli atti emergeva la prova della consapevole partecipazione degli
imputati al reato ascritto.
Quanto al trattamento sanzionatorio, le circostanze attenuanti generiche non
potevano essere riconosciute al Giovannoni ed al DI Dato per l’entità dell’apporto
di partecipazione al reato e per la gravità dei fatti; andavano, invece,
riconosciute al Marasca, per l’ammissione di responsabilità, ed al Minei per lo
stato di incensuratezza e per il minore contributo di partecipazione.
2. Ricorre per cassazione Di Dato Salvatore, a mezzo del difensore, denunciando
la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogIcità della motivazione in
relazione alla omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche ed
all’entità della pena inflitta, avendo la Corte territoriale ritenuto l’imputato
Immeritevole dell’invocato beneficio per il negativo comportamento processuale
(senza spiegare in che cosa sia consistito, a meno che non lo si voglia
identificare nella mancata ammissione della responsabilità) e per i precedenti
penali (non tenendo conto che in primo grado era stata esclusa la recidiva).
3. Ricorre per cassazione Marasca Domenico, a mezzo del difensore,
denunciando la violazione di legge ed Il vizio di motivazione in relazione al

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RITENUTO IN FATTO

3. Propone ricorso per cassazione Minei Daniele, a mezzo del difensore,
denunciando la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione.
La Corte territoriale non ha minimamente argomentato in ordine ai rilievi
contenuti nell’atto di appello sulla mancanza di prova dell’elemento psicologico
del reato.
Con argomentazioni manifestamente illogiche ed in contrasto con quanto
emerge dagli atti, la Corte di merito ha escluso che la presenza sul posto del
Minei fosse giustificata dall’acquisto dell’auto del coimputato Marasca, non
potendo avere rilevanza nei confronti del ricorrente l’ammissione di
responsabilità da parte del Marasca medesimo (awenuta peraltro in udienza e
non incompatibile con l’estraneità ai fatti del Minel) e risultando che l’assegno
trovato in possesso del predetto era, contrariamente a quanto ritenuto dalla
Corte, riferibile proprio al Minei.
Con motivazione apodittica ed apparente la Corte territoriale ha, poi, ritenuto
che il Minei abbia agito come collaboratore del Marasca con il ruolo di sentinella
ed autista.
Infine la motivazione è contraddittoria e manifestamente illogica in ordine alla
mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche nella massima
estensione nonostante il riconosciuto ruolo “meno pregnante” dell’imputato.
4. Infine, ricorre per cassazione Giovannoni Dando.
Dopo una premessa in ordine alla vicenda processuale ed il richiamo delle
motivazioni della sentenza di primo grado e di quella di appello quanto al ruolo
attribuito al ricorrente nel trasporto della sostanza stupefacente dalla Spagna in
Italia, denuncia la Inosservanza o erronea applicazione dell’art.73 DPR 309/90,
degli artt.111 Cost. e 125 c.p.p., dell’art.192 c.p.p., nonché la mancanza di
motivazione.
La Corte territoriale si è limitata a richiamare per relationem la motivazione della
sentenza di primo grado, senza esaminare gli elementi di prova indiziaria e
senza confutare le specifiche doglianze contenute nei motivi di appello.
Attribuisce, con mere clausole di stile, al Giovannoni il ruolo di accompagnatore
del Di Dato e di trasportatore della sostanza stupefacente, senza spiegare da
quali elementi tragga la consapevolezza della condotta partecipativa e senza
argomentare in ordine ai rilievi difensivi (si segnalavano le fonti di prova e si
richiamava l’unico episodio relativo all’operazione di polizia effettuata in data
27.11.2009, nel corso della quale il ricorrente era stato trovato all’interno
dell’auto Audi che si trovava davanti al cancello in uscita, mentre gli altri imputati
erano all’interno del garage intenti a sistemare i panetti della sostanza
stupefacente, scaricati in precedenza dal furgone Renault Kangoo, e che il
prevenuto si rese conto di quanto stava accadendo solo all’arrivo delle Forze di
Polizia). Si evidenziava, altresì, che il Giovannoni aveva effettuato una sola
telefonata alla madre in data 24.11.2009, riferendo che stava tornando, mentre
tutte le conversazioni intercettate riguardavano il Di Dato ed altri, e che mai era
stato coinvolto in attività relative a stupefacenti, nonostante l’attività
investigativa di circa due mesi dal settembre al novembre 2011.
Con il ricorso si deduce, altresì, che non ricorrono in alcun modo gli elementi
costitutivi del reato associativo (pag. 32-43) e si denuncia, infine, il vizio di
motivazione in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti
generiche ed all’entità della pena inflitta.

3

mancato proscioglimento dell’imputato ex art.129 c.p.p.
Come affermato dalla Giurisprudenza della Corte di Cassazione, stante l’interesse
all’osservanza delle norme, l’eventuale acquiescenza o rinuncia della parte non
può sortire effetti diversi da quelli voluti dalla legge.

1. Il ricorso del Marasca è generico, perché non adempie all’onere di indicare in
modo specifico le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono la
richiesta di annullamento (art.581 lett.c) c.p.p., proponendo censure
completamente disancorate dal tessuto argomentativo della pronuncia gravata.
Il ricorrente lamenta, infatti, genericamente che la Corte territoriale non abbia
dato conto delle ragioni per cui non potesse essere emessa sentenza di
proscioglimento, senza tener conto di quanto puntualmente da essa argomentato
in proposito. Pur dando atto delle dichiarazioni confessorie rese dal Marasca in
udienza, ha evidenziato la Corte di merito che la prova della partecipazione al
reato contestato già emergeva, sia da quanto monitorato direttamente dai
verbalizzanti, sia dalle dichiarazioni delle persone informate sui fatti Nevola e
Paduano, sia infine dalle intercettazioni telefoniche. Risultava, quindi, dagli atti
che il Marasca aveva procurato il mezzo ai sodali, era in continuo contatto con i
medesimi, esortava il Di Dato ad adottare precauzioni, si interessava all’esito del
viaggio, arrivava sul luogo stabilito assieme al Minei, scortava il carico fino al
deposito e metteva la sua autovettura a disposizione dei complici.
2. Il ricorso del Di Dato è manifestamente Infondato.
Va ricordato che, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, ai fini
del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, non è necessaria una
‘analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle
parti o rilevablli dagli atti, essendo sufficiente la indicazione degli elementi
ritenuti decisivi e rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri.
Non è necessario, quindi, scendere alla valutazione di ogni singola deduzione
difensiva, dovendosi, invece, ritenere sufficiente che il giudice indichi, nell’ambito
del potere discrezionale riconosciutogli dalla legge, gli elementi di preponderante
rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti. Il preminente e
decisivo rilievo accordato all’elemento considerato implica infatti il superamento
di eventuali altri elementi, suscettibili di opposta e diversa significazione, i quali
restano implicitamente disattesi e superati. Slcchè anche in sede di
impugnazione il giudice di secondo grado può trascurare le deduzioni
specificamente esposte nei motivi di gravame quando abbia individuato, tra gli
elementi di cui all’art.133 c.p., quelli di rilevanza decisiva ai fini della
connotazione negativa della personalità dell’imputato e le deduzioni
dell’appellante siano palesemente estranee o destituite di fondamento
(cfr.Cass.pen.sez. 1 n.6200 del 3.3.1992; Cass.sez.6 n.34364 del 16.6.2010).
L’obbligo della motivazione non è certamente disatteso quando non siano state
prese In considerazione tutte le prospettazionl difensive, a condizione però che in
una valutazione complessiva il giudice abbia dato la prevalenza a considerazioni
di maggior rilievo, disattendendo implicitamente le altre. E la motivazione,
fondata sulle sole ragioni preponderanti della decisione non può, purchè congrua
e non contraddittoria, essere sindacata in cassazione neppure quando difetti di
uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati
nell’interesse dell’imputato (cfr.Cass.pen.sez.6 n.7707 del 4.12.2003).
La Corte territoriale, con motivazione adeguata ed immune da vizi logici, ha
negato il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, sia per l’entità
dell’apporto di partecipazione (ampiamente descritto in altra parte della
motivazione e consistito nell’essersi il Di Dato attivato per i contatti con i
soggetti operanti nella commercializzazione delle sostanze stupefacenti,e nella
effettuazione del viaggio, approntando mezzi ed impiegando soggetti che ne
4

CONSIDERATO IN DIRITTO

supportano l’azione), sia per i precedenti penali.
A prescindere dal comportamento processuale (ritenuto genericamente negativo)
i rilievi sopra indicati sono pienamente idonei sul piano argomentativo a
giustificare li diniego dell’invocato beneficio. Né vi è alcuna incompatibilità con la
esclusione dell’aumento per la recidiva.
3. I ricorsi del Marasca e del Di Dato vanno, pertanto, dichiarati inammissibili,
con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in
mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa
di inammissibilità, al versamento della somma che pare congruo determinare in
euro 1.000,00 ciascuno ai sensi dell’art.616 c.p.p.

4.1. Le censure sollevate dai ricorrenti in tema di affermazione della penale
responsabilità non tengono conto che il controllo demandato alla Corte di
legittimità va esercitato sulla coordinazione delle proposizioni e dei passaggi
attraverso I quali si sviluppa il tessuto argomentativo del provvedimento
impugnato, senza la possibilità di verificare se I risultati dell’interpretazione delle
prove siano effettivamente corrispondenti alle acquisizioni probatorie risultanti
dagli atti del processo. In questa sede è’, cioè, necessario solo accertare se
nell’interpretazione delle prove siano state applicate le regole della logica, le
massime di comune esperienza e i criteri legali dettati in tema di valutazione
delle prove stesse, in modo da fornire la giustificazione razionale della scelta di
determinate conclusioni a preferenza di altre (cfr.ex multis Cass.pen.sez.1
RV214567). Esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura”
degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in
via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di
legittimità la mera prospettazione di una diversa e per il ricorrente più adeguata,
valutazione delle risultanze processuali (Cass.sez.un.30.4.1997 n.6402).
In particolare, in tema di processi indizlari, alla Corte di Cassazione compete solo
la verifica della correttezza logico-giuridica dell’iter argomentativo seguito per
qualificare le circostanze emerse come indiziarie, ma non certo un nuovo
accertamento sulla effettiva gravità, precisione e concordanza degli indizi
medesimi (dr.Cass.sez.1, 10.2 1995 n.1343).
Anche la giurisprudenza più recente di questa Corte ha ribadito che “Nel giudizio
di legittimità il sindacato sulla correttezza del procedimento indiziario non può
consistere nella rivalutazione della gravità, precisione e concordanza degli indizi,
In quanto ciò comporterebbe inevitabilmente apprezzamenti riservati al giudice
di merito, ma deve tradursi nel controllo logico e giuridico della struttura della
motivazione, al fine di verificare se sia stata data applicazione ai criteri legali
dettati dall’art.192 comma secondo cod.proc.pen. E se siano state
coerentemente applicate le regole della logica nell’interpretazione dei risultati
probatori” ( Cass.pen.sez.1 n.42993 del 25.9.2008). Il sindacato di legittimità è,
cioè, limitato alla verifica della correttezza del ragionamento probatorio del
giudice di merito, che deve fornire una ricostruzione non inficiata da manifeste
illogicità e non fondata su base meramente congetturale in assenza di
riferimenti individualizzanti, o sostenuta da riferimenti palesemente inadeguati
(Cass.sez. 4 n.48320 del 12.11.2009).
4.1.1. Quanto al Giovannoni, già il GIP aveva evidenziato tutte le circostanze
indizianti, assolutamente certe, che, valutate complessivamente, fornivano la
piena prova del coinvolgimento dell’imputato nella detenzione e nel trasporto
della sostanza stupefacente sequestrata. Aveva infatti rilevato che, in
considerazione delle telefonate intercettate t i! Giovannoni (con il Di Dato) si era
recato all’estero per acquistare la sostanza stupefacente, utilizzando il furgone
5

4. Il ricorsi del Giovannoni e del Minei sono infondati e vanno quindi rigettati.

4.1.2. Quanto al ricorso del Minei la Corte territoriale, con motivazione adeguata
ed immune da vizi logici, ha evidenziato che non potevano esservi subbi sul ruolo
di consapevole partecipazione dell’imputato alla detenzione ed al trasporto della
sostanza stupefacente.
Già il il GIP, alla cui motivazione la Corte di merito rinvia, aveva sottolineato
come il Minei avesse partecipato attivamente alle operazioni finali del trasporto
della droga; egli, infatti, dopo essersi incontrato con Il Marasca all’uscita del
casello autostrdale, si era diretto, collocandosi dietro l’Audi, condotta dal
complice, in via Settembrini, dove, mentre il Marasca si allontanava
temporaneamente, aveva aperto il cancello dell’area, di cui aveva le chiavi, si
era fermato all’Interno del parcheggio in attesa dei complici. Solo dopo che il
furgone Renault, nel frattempo sopraggiunto, era stato parcheggiato, si era
allontanato a bordo della Fiat Punto unitamente al Marasca. Tali risultanze
attestavano, secondo il GIP, il ruolo del Mici di apertura del cancello dell’area,
per consentire il parcheggio del furgone Reanault, con a bordo 44 la sostanza
stupefacente, di sentinella prima dell’arrivo del veicolo, e di autista del Marasca
dopo la consegna dell’Audi al Glovannone.
La Corte territoriale, dopo aver fatta propria la motivazione della sentenza
impugnata e rimarcato che il compendio probatorlo già consistente si era
ulteriormente arricchito dalla confessione resa in dibattimento dal Marasca, ha
esaminato i rilievi difensivi contenuti nell’atto di appello e rilevato come gli stessi
non fossero minimamente in grado di scardinare il compendio probatorio già
evidenziato dal GIP ed attestante il contributo causale, pienamente consapevole,
fornito dal Minei. Ha in particolare argomentato in ordine alla diversa causale
fornita dall’imputato, quanto all’incontro con il Marasca, evidenziandone non solo
la inverosimiglianza ma anche la assoluta incompatibilità con la stessa condotta
tenuta dal Minei nell’occasione e caduta sotto la diretta osservazione della p.g.
Il ricorrente, nel riproporre i medesimi rilievi già esaminati e disattesi, come si è
visto, dal Giudici di merito, richiede sostanzialmente una rivisitazione, non
consentita in questa sede, delle risultanze processuali.
4.2. Quanto al trattamento sanzionatorio, nel richiamare la giurisprudenza (sopra
riportata) di questa Corte in ordine alla motivazione in tema di circostanze
attenuanti generiche, rileva il Collegio che la Corte territoriale ha diffusamente
argomentato in ordine alle ragioni che l’inducevano ad escludere il
riconoscimento delle invocate attenuanti generiche per il Giovannoné, stante
6

appositamente alterato per l’occultamento della droga. Il Giovannoni, durante il
viaggio di ritorno, si accompagnava al DI Dato, come emergeva dal fatto che,
utilizzando il telefono del predetto, contattava una donna preannunciandolo
l’imminente ritorno” con una sorpresa” (conversazione del 26.11.2009 prog.n.65
delle ore 16,35). Infine la RG. aveva modo di osservare che il ricorrente
(sempre insieme al Di Dato) si recava all’appuntamento in via Settembrini, a
bordo del furgone Renault.
La Corte territoriale, nel rinviare per relationem a tale articolata motivazione, ha
ulteriormente evidenziato che il ruolo di accompagnatore del Di Dato nel
viaggio e di trasportatore della sostanza era stato “registrato” dalla p.g.
Quanto alla piena consapevolezza della causale del viaggio e della presenza della
sostanza stupefacente, la Corte territoriale ha richiamato il contenuto della
telefonata sopra ricordata e le dichiarazioni, in sede di interrogatorio, della
moglie in ordine ai pregressi rapporti con il Di Dato.
I Giudici di merito, quindi, contrariamente all’assunto del ricorrente hanno
congruamente e logicamente motivato in relazione al ruolo, pienamente
consapevole, svolto dal Giovannord
I rilievi contenuti nel ricorso da pag. 32 a 43 sono poi inconferenti, non
essendovi contestazione e tanto meno condanna per un reato associativo.

l’entità dell’apporto fornito, la intrinseca gravità del fatto ed i precedenti penali.
Per il Minel ha invece riconosciuto le circostanze attenuanti generiche per il ruolo
meno rilevante svolto nella vicenda. Nel calcolare l’entità della riduzione da
apportare sulla pena base ha, come si evince dalla complessiva motivazione,
tenuto conto, però, della più volte sottolineata estrema gravità del fatto, Il che
giustifica l’applicazione delle generiche non nella massima estensione.

Dichiara inammissibili i ricorsi di Di Dato e Marasca, che condanna al pagamento
delle spese processuali, nonché al versamento alla cassa delle ammende della
somma di euro 1.000,00 ciascuno. Rigetta i ricorsi di Minei e Giovannone che
condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 27.11.2012

P. Q. M.

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