Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22924 del 12/04/2016
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22924 Anno 2016
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: CALVANESE ERSILIA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DIDONNA FRANCESCO N. IL 24/01/1974
avverso la sentenza n. 1769/2014 TRIBUNALE di BARI, del
14/04/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ERSILIA CALVANESE;
Data Udienza: 12/04/2016
1. Didonna Francesco propone ricorso per cassazione avverso la sentenza
del 14 aprile 2014 con la quale il Tribunale di Bari applicava, sull’accordo delle
parti, la pena nei suoi confronti per i reati di cui agli artt. 81, 337, 699, 582,
585, 576, comma 5-bis, 61, n. 2 cod. pen.
Nel ricorso si deducono vizi di violazione di legge e di motivazione in
relazione alla qualificazione giuridica dei fatti in relazione alla resistenza al p.u.
(l’ufficiale della finanza era in borghese, non vi sarebbe stato un « atto di
ufficio», la reazione era diretta nei confronti della persona con cui era in lite,
bis, cod. pen.).
2. Il ricorso è inammissibile, in quanto le doglianze sono manifestamente
infondate.
L’appartenente alla Guardia di finanza anche se in borghese è considerato in
servizio permanente e pertanto non cessa dalla qualifica di pubblico ufficiale.
E’ evidente dalla descrizione dei fatti che il finanziere era intervenuto per
sedare un’aggressione violenta da parte l’imputato nei confronti di una persona e
quindi era nell’esercizio delle sue funzioni di mantenimento dell’ordine e di
pubblica sicurezza (decreto Legislativo 19 marzo 2001, n. 68).
Quanto alla direzione dell’atto e al dolo, si tratta di critiche che attengono al
merito della contestazione, inammissibili in sede di legittimità, laddove non
emergano dal testo del provvedimento elementi per l’applicazione dell’art. 129
cod. proc. pen.
In ordine alla aggravante di cui all’art. 576, comma
5-bis, cod. pen., la
critica è irrilevante in quanto il giudice ha fatto applicazione di un’unica
aggravante (art. 61, n. 2 cod. pen.), come si evince agevolmente dal testo del
provvedimento.
Alla declaratoria di inammissibilità segue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed
al pagamento a favore della cassa delle ammende, non emergendo ragioni di
esonero, della somma ritenuta equa di euro 1.500 a titolo di sanzione pecuniaria.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di € 1.500 (millecinquecento) in favore
delle cassa delle ammende.
Così decisi 12/04/2016.
manca il dolo specifico, esclusione dell’aggravante di cui all’art. 576, comma 5-