Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22918 del 07/05/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 22918 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: GARRIBBA TITO

SENTENZA
sul ricorso proposto da AZZALI ATTILIO, nato il 14.02.1951,

avverso

la sentenza n. 420 emessa il 13 aprile 2012 dal Tribunale di Mantova;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Tito Garribba;
udito il pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale
Antonio Mura, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

Data Udienza: 07/05/2013

RITENUTO IN FATTO

AZZALI Attilio ricorre contro la sentenza d’appello specificata in epigrafe, che confermava la di lui condanna alla pena di euro cento di multa per i reati di
cui agli artt. 612 e 635 cod.pen. nonché al risarcimento del danno in favore della

1.

inosservanza degli artt. 78 e 79 cod.proc.pen., perché il giudice di primo
grado ha ammesso la costituzione della parte civile, mentre avrebbe dovuto
dichiararla inammissibile per la duplice ragione: a) che la dichiarazione di costituzione non conteneva le generalità dell’imputato e non specificava le ragioni che giustificavano la domanda; b) perché la predetta dichiarazione,
completata con le generalità dell’imputato, era stata depositata nel corso del
dibattimento e, quindi, tardivamente;

2.

violazione dell’art. 495, comma 2, cod.proc.pen., atteso che il giudice di primo grado, ammessa la produzione da parte del pubblico ministero di un’audiocassetta, aveva respinto la richiesta dell’imputato di disporre, a prova
contraria, una perizia tecnica per accertare se fosse sua la voce registrata e
di acquisire i tabulati telefonici relativi alla sua utenza;

3.

mancanza di motivazione in ordine alla condanna al pagamento della provvisionale di euro 500.
Conclude chiedendo l’annullamento della sentenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile, perché i motivi proposti sono manifestamente
infondati.
Il primo, perché la prescrizione dell’art. 78, comma 1, lett. b), cod.
proc.pen., secondo cui la dichiarazione di costituzione di parte civile deve contenere, a pena di inammissibilità, “le generalità dell’imputato nei cui confronti viene
esercitata l’azione civile o le altre indicazioni personali che valgano a identificarlo”, è
stata nella fattispecie adeguatamente soddisfatta con l’indicazione del nome e co-

-2-

parte civile, e denuncia:

gnome dell’imputato e del numero di R.G. del processo a suo carico, cosicché, essendo stata per di più presentata in udienza nel contraddittorio delle parti, non esistevano dubbi di sorta sull’identità della persona nei cui confronti la domanda di risarcimento era proposta. L’onere dell’esposizione delle ragioni che giustificavano la
domanda è stato anch’esso adempiuto con la dettagliata descrizione delle azioni il-

Il secondo, perché la sentenza impugnata, con valutazione non sindacabile nel giudizio di legittimità, ha logicamente motivato – e, sul punto, nulla obietta
il ricorrente – che l’assunzione della prova richiesta era superflua, posto che la conversazione registrata andava sicuramente attribuita all’imputato dato che l’interlocutrice a lui si rivolgeva chiamandolo con il patronimico familiare di “Tilio”.
Il terzo, perché la statuizione di condanna al pagamento di una provvisionale non è impugnabile con il ricorso per cessazione essendo insuscettibile di
passare in giudicato, in quanto destinata a essere assorbita dalla liquidazione integrale del risarcimento da determinarsi nella competente sede civile.
Il ricorso deve dunque essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art.
606, comma 3, cod.proc.pen. Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro mille alla Cassa
delle ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di euro mille in favore alla
Cassa delle ammende.
Così deciso il 7 maggio 2013.

lecite che avevano cagionato il danno.

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