Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22911 del 12/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22911 Anno 2016
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: CALVANESE ERSILIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PANDOLFO MARIO N. IL 20/12/1969
avverso la sentenza n. 3366/2014 TRIBUNALE di BARI, del
11/08/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ERSILIA CALVANESE;

Data Udienza: 12/04/2016

1. Mario Pandolfo propone ricorso per cassazione avverso la sentenza dell’Il
agosto 2014 con la quale il Tribunale di Bari applicava, sull’accordo delle partì, la
pena nei suoi confronti per il reato di cui all’art. 385 cod. pen.
Nel ricorso si deduce il vizio di motivazione, con riferimento alla mancata
applicazione di formule di proscioglimento in fatto.

2. Il ricorso è manifestamente infondato, oltre che generico.
Contrariamente all’assunto contenuto nell’impugnazìone, il giudicante ha

in fatto, operando specifico richiamo a quanto emergente dagli atti del fascicolo
processuale in ordine ai fatti oggetto di contestazione.
Va ribadito che, in relazione alla motivazione della sentenza che applica la
pena sull’accordo delle parti, ex art. 444 cod. proc. pen., per il giudizio negativo
sulla ricorrenza di alcuna delle ipotesi previste dall’art. 129 cod. proc. pen.,
l’obbligo di una specifica motivazione sussiste, per la natura stessa della
delibazione, soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle dichiarazioni delle parti
risultino elementi concreti in ordine alla non ricorrenza delle suindicate ipotesi. In
caso contrario, è sufficiente la semplice enunciazione, anche implicita, dì aver
effettuato, con esito negativo, la verifica rìchiesta dalla legge e cioè che non
ricorrono gli estremi per la pronuncia di sentenza di proscioglimento ex art. 129
cod. proc. pen. (Sez. U, n. 5777 del 27/03/1992, Di Benedetto, Rv. 191135).
Inoltre, il ricorso è generico in quanto non individua elementi di fatto,
astrattamente suscettibili di valutazione al fine di escludere l’antigiuridicità della
condotta, portati a conoscenza dell’a.g. da questa non valutati al fine
dell’esclusione dell’applicazione del richiamato art. 129 cod. proc. pen.
Alla declaratoria di inammissibilità segue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed
al pagamento a favore della cassa delle ammende, non emergendo ragioni di
esonero, della somma ritenuta equa di euro 1.500 a titolo di sanzione pecuniaria.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.500 (millecinquecento) in favore delle
cassa delle ammende.
Così deciso il 12/04/2016.

dato pienamente conto dell’impossibilità di applicare formule di proscioglimento

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