Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22909 del 12/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22909 Anno 2016
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: CALVANESE ERSILIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ANGELESCU ALEXANDRU ROBERT N. IL 18/12/1990
STROESCU MARIAN N. IL 15/02/1986
URSACHE ADRIAN DANIEL N. IL 12/12/1987
avverso la sentenza n. 1432/2014 TRIBUNALE di BARI, del
26/03/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ERSILIA CALVANESE;

Data Udienza: 12/04/2016

1. Angelescu Alexandru Robert, Stroescu Marian e Ursache Adrian Daniel
propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza del 26 marzo 2014 con la
quale il Tribunale di Bari applicava, sull’accordo delle parti, la pena nei loro
confronti per il reato di cui agli artt. 110 e 337 cod. pen.
Nei ricorsi si deducono vizi di violazione di legge e di motivazione, con
riferimento alla determinazione della pena (dovere del giudice di ridurre la
pena).
Con motivi aggiunti, Stroescu Marian e Ursache Adrian Daniel chiedono

2. I ricorsi sono inammissibili.
Le doglianze dei ricorrenti propongono motivi generici e non consentiti, con
riferimento al rito prescelto, essendosi genericamente lamentato della
valutazione in punto di congruità della pena.
E’ principio consolidato che il giudizio in ordine alla ritenuta congruità della
pena patteggiata, al pari di quello avente ad oggetto gli altri elementi di natura
positiva di cui è menzione nell’art. 444 cod. proc. pen. (accordo delle parti,
corretta qualificazione giuridica del fatto e corretta applicazione e comparazione
di eventuali circostanze), è un giudizio di natura delibativa ed implica, pertanto,
una valutazione sommaria e prevalentemente estrinseca, nel senso della
semplice verifica della compatibilità di tutti i detti elementi con determinati
parametri ai quali il giudice deve attenersi, con esclusione, quindi, di una
rivisitazione, dall’interno, delle considerazioni di merito all’esito delle quali
l’accordo, nella sua concretezza, è venuto in essere. Ne consegue che, per
quanto attiene in particolare il giudizio di congruità della pena, il medesimo può
dirsi adeguatamente motivato anche quando, in assenza di elementi
macroscopicamente rivelatori di inadeguatezza, per eccesso o per difetto, il
giudice si limiti ad esplicitare la propria valutazione in tal senso, richiamandosi,
anche se non in modo espresso, a tutti gli elementi che, nella singola fattispecie,
possono assumere rilevanza determinante, sempre che essi siano comunque
ricavabili dal contesto della decisione (Sez. 1, n. 5029 del 03/12/1992 – dep.
20/01/1993, P.G. in proc. Campanella, Rv. 192716).
Va ritenuta manifestamente infondata anche la richiesta di applicazione della
causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all’art.
131-bis cod. pen.
Sulla base del vaglio di astratta non incompatibilità della fattispecie concreta
(come risultante dalla sentenza impugnata e dagli atti processuali) con i requisiti
ed i criteri indicati dal predetto art. 131-bis cod. pen. risulta infatti che la
condotta degli imputati Stroescu e Ursache non fu di modesto allarme.

l’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen.

Va rammentato che si deve desumere la particolare tenuità dell’offesa dalle
modalità della condotta e dall’esiguità del danno o del pericolo, da valutarsi sulla
base dei criteri indicati dall’art. 133 cod. pen., ovvero: natura, specie, mezzi,
oggetto, tempo, luogo ed ogni altra modalità dell’azione, gravità del danno o del
pericolo cagionato alla persona offesa dal reato intensità del dolo o grado della
colpa (tra tante, Sez. 3, n. 15449 del 08/04/2015, Mazzarotto, Rv. 263308).
Nel caso di specie, dagli atti risulta che i suddetti imputati si erano opposti
agli operanti con violenza tutt’altro che modesta (si davano alla fuga per circa 10

Va ribadito che l’esclusione della particolare tenuità del fatto è compatibile
con l’irrogazione del minimo della pena, atteso che l’art. 131-bis cod. pen. può
trovare applicazione solo qualora, in virtù del principio di proporzionalità, la pena
in concreto applicabile risulterebbe inferiore al minimo edittale, determinato
tenendo conto delle eventuali circostanze attenuanti (Sez. 6, n. 44417 del
22/10/2015, Errfiki, Rv. 265065).
Alla declaratoria di inammissibilità segue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento e
ciascuno al pagamento a favore della cassa delle ammende, non emergendo
ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di euro 1.500 a titolo di sanzione
pecuniaria.

P. Q. M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno della somma di C 1.500 (millecinquecento) in
favore delle cassa delle ammende.
Così deciso il 12/04/2016.

km. con manovre di speronannento).

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