Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22890 del 10/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 22890 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Ambrosio Filippo Gennaro, nato a Terzigno 11 18/09/1956
avverso la sentenza del 02/12/2011 della Corte d’appello di Napoli R.G. n. 6734/2008
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione svolta dal Consigliere Dott. Giuseppe De Marzo;
udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. Gioacchino Izzo, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 16/06/2005 il G.u.p. del Tribunale di Noia ha assolto Filippo Gennaro
Ambrosio dal reato di cui all’art. 12 della I. n. 497 del 1974, in relazione alle armi rinvenute
nella sala giochi di pertinenza dell’imputato.
A seguito della dichiarazione di inammissibilità dell’appello, fondata sull’art. 443 cod. proc.
pen., come modificato dalla I. n. 46 del 2006, il P.M. ha proposto ricorso per cassazione,
accolto da questa Corte con sentenza del 21/12/2006.
Il G.u.p. del Tribunale di Noia, in sede di rinvio, ha ritenuto l’Ambrosio colpevole del reato
ascrittogli e ha irrogato la pena ritenuta di giustizia.
Con sentenza del 02/12/2011 la Corte d’appello di Napoli, dopo avere respinto la censura di
inammissibilità dell’impugnazione del P.M., sia perché la sentenza della Corte di Cassazione
era precedente alla sentenza n. 26 del 2007 della Corte costituzionale, sia perché il P.M.
avrebbe comunque potuto effettuare ricorso per cassazione per saltum, ha confermato la
decisione del primo giudice, sottolineando, per quanto ancora rileva, che il bagno della sala

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Data Udienza: 10/04/2013

giochi nel quale erano state rinvenute le armi non costituiva un luogo di privata dimora,
atteso che lo stesso era necessariamente destinato all’utilizzo del pubblico che frequentava il
locale.
2. Nell’interesse dell’Ambrosio è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico,
articolato motivo.
2.1. In primo luogo, il ricorrente eccepisce che, per effetto della sentenza n. 26 del
06/02/2007 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.
10, comma 2 della I. 20/02/2006, n. 46, è venuta meno l’efficacia dell’ordinanza della Corte

condizione tecnico — giuridica di validità del ricorso del P.M., altrimenti da considerarsi
intempestivo.
2.2. In secondo luogo, il ricorrente lamenta l’inadeguatezza della motivazione in ordine alla
ritenuta sussistenza del reato di cui all’art. 12 I. n. 497 del 1974, con particolare riguardo alla
dimostrazione che il bagno in cui erano state reperite le armi fosse accessibile a tutti gli
avventori del locale.
Considerato in diritto

1. La prima censura svolta dal ricorrente è infondata. La sentenza menzionata a sostegno
della tesi propugnata (Sez. 6, n. 9270 del 16/02/2007, Berlusconi, Rv. 235737) afferma un
diverso principio giuridico, ossia che, a seguito della sentenza della Corte cost. n. 26 del
2007, la Corte di cassazione, investita del ricorso del P.M. proposto ai sensi del – cit. art. 10,
dopo la ordinanza di inammissibilità dell’appello emessa ai sensi del comma secondo della
norma medesima, deve disporre l’annullamento senza rinvio di tale ordinanza, dichiarare la
inammissibilità del ricorso e ordinare la trasmissione degli atti alla Corte di appello per il
giudizio di secondo grado.
Ma proprio tale sentenza ribadisce il consolidato orientamento interpretativo secondo cui gli
effetti di retroattività della sentenze di accoglimento della Corte costituzionale, e in
particolare di quelle demolitorie, incontrano il limite dei rapporti cd. esauriti o definiti, in
relazione ai quali l’applicazione – nel periodo in cui è stata in vigore – della norma
costituzionalmente illegittima ha prodotto effetti giuridici irreversibili o consolidati (in
concreto insensibili al mutamento o reviviscenza della previgente normativa determinato
dalla sentenza costituzionale di accoglimento).
Sul piano definitorio i rapporti giuridici, sostanziali e processuali, possono qualificarsi esauriti
allorché – in via generale – non comportano più un intervento processuale che consenta di
vanificare gli esiti derivanti dalla già awenuta applicazione delle norme incostituzionali.
Come ribadito dalla medesima sentenza n. 9270 del 2007 cit., in tale ambito, oltre al
giudicato, vanno incluse, tra l’altro, quelle preclusioni discendenti da situazioni che non
consentono la regressione in anteriori fasi del giudizio.

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d’appello che aveva rappresentato, ai sensi della norma appena citata, il presupposto o la

Ritiene il Collegio che in tali ipotesi rientri il caso, ricorrente nella specie, in cui il rapporto
giuridico di impugnazione si sia esaurito, per effetto della decisione dei giudice investito della
stessa che abbia pronunciato sul gravame.
2. Anche la seconda articolazione del ricorso è infondata.
Premesso che, ai fini della configurabilità del delitto di porto illegale di arma da fuoco, per
“luogo aperto al pubblico”, deve intendersi quello al quale chiunque può accedere a
determinate condizioni, ovvero quello frequentabile da un’intera categoria di persone o
comunque da un numero indeterminato di soggetti che abbiano la possibilità giuridica e

di diritto (Sez. 1, n. 16690 del 27/03/2008, E3ellachioma, Rv. 240116), la Corte territoriale,
con motivazione non manifestamente illogica, ha ritenuto di qualificare in tali termini il
bagno di servizio del locale pubblico, a maggior ragione se, come si ammette in ricorso (ma
la circostanza non è decisiva), mancava la chiave di accesso al vano.
3. Alla decisione di rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 10/04/2013

Il Componente estensore

pratica di accedervi senza legittima opposizione di chi sul luogo esercita un potere di fatto o

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