Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2289 del 27/10/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 2289 Anno 2016
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
CAMPOBASSO
nei confronti di:
ESPOSITO DOMENICA N. IL 03/12/1971
avverso la sentenza n. 3586/2014 GIP TRIBUNALE di
CAMPOBASSO, del 02/12/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. 6-tiA,e (:‘, 2,p-m Q-r»
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Av< 2-"Vro Q.A1 r Udit i difensor Avv.; 7 atalL5L. CLetafYYL-e/11 c Data Udienza: 27/10/2015 RITENUTO IN FATTO Con sentenza in data 2 dicembre 2014 il Gip presso il Tribunale di Campobasso applicava a ESPOSITO Domenica, su concorde richiesta delle parti, la pena di mesi otto di reclusione anche per i reati di cui agli artt. 480 e 483 c.p. "per avere prodotto alla Motorizzazione Civile di Campobasso domanda per operazioni relative ai veicoli a motore e delega a Castellone Vittorio per la presentazione della predetta istanza e relativa documentazione, falsamente attestando (nella delega e nella domanda) di essere residente in Courmayeur Ricorre per Cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Campobasso lamentando omessa declaratoria della falsità della domanda prodotta dall'imputata alla Motorizzazione Civile di Campobasso, unitamente alle allegate false attestazioni e certificazioni di residenza, relative all'aggiornamento della residenza del proprietario del veicolo targato AM055LC nonché dei registri del citato ufficio della motorizzazione e dei tagliandi di aggiornamento della carta di circolazione del suindicato veicolo (capi A e B dell'imputazione) nella parte in cui contrariamente al vero, risulta l'avvenuto trasferimento di residenza dell'imputata in Courmayeur alla Via Sergio Viotto n. 24 CONSIDERATO IN DIRITTO Con riguardo alla questione "se la Corte di cassazione possa adottare direttamente i provvedimenti previsti dall'art. 537 cod. proc. pen. in caso di sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti che abbia omesso di dichiarare la falsità di un documento" si segnalano diversi orientamenti di questa Corte. Secondo un primo indirizzo, la possibilità di procedere direttamente da parte della Corte di cassazione alla dichiarazione di falsità deriverebbe, da una parte, dal fatto che l'art. 537 cod. proc. pen. considera la dichiarazione di falsità di un documento quale "automatica conseguenza di una sentenza di condanna per la contraffazione dello stesso ed il giudice che pronunci tale sentenza è tenuto ad adottare tale provvedimento", e, dall'altra, dalla equiparazione della sentenza di patteggiamento a quella di condanna ai fini in esame. (Sez. V, 10 dicembre 2012, n. 45861, Liso, Rv. 254989; Sez. V, 1 aprile 2014, n. 20744, P.G. in proc. Carraturo, Rv. 259842; Sez. II, n. 40403 del 30 settembre 2015 Rv. 264575). Altro indirizzo ritiene invece che l'omessa dichiarazione di falsità di un documento in sede di applicazione della pena su richiesta, non legittimerebbe la Suprema Corte ad adottare i provvedimenti previsti dall'art. 537 cod. proc. pen., sia perché questi richiederebbero una specifica motivazione implicante valutazioni di merito a sostegno della ritenuta falsità, sia alla Via Sergio Viotto n. 24. perché avverso i provvedimenti in questione è riconosciuto alle parti il diritto di proporre, anche autonomamente, impugnazione. (Sez. V, 25 ottobre 2005, n. 44613, P.G. in proc. Di Lollo e altro, Rv. 232717; Sez. V, 26 novembre 2008, n. 17283/09, P.G. in proc., Valiante, Rv. 243593; Sez. IV, 11 dicembre 2014 n. 2258/2015 PG. In proc. Guerriero Rv. 261773) Un terzo indirizzo ( Sez. V, 17 luglio 2013, n. 31953, P.G. in proc. Armanetti, Rv. 256844) ha affermato che la falsità del documento deve essere dichiarata dal giudice dell'esecuzione, al quale devono essere trasmessi gli atti non potendo la Corte annullare la giuridica del reato e della pena concordata. Ritiene il Collegio di aderire al primo indirizzo sulla scorta delle seguenti considerazioni. L'art. 537 c.p.p., al primo comma dispone che la falsità è dichiarata nel dispositivo della sentenza di condanna, nel quarto comma precisa che la dichiarazione di falsità è pronunciata anche con la sentenza di proscioglimento. È altresì significativa la norma contenuta nel secondo comma dell'art. 425, che, attraverso l'espresso richiamo alle disposizioni dell'art. 537, rende possibile la dichiarazione di falsità anche con la sentenza di non luogo a procedere emessa all'esito dell'udienza preliminare. L'indefettibilità della pronuncia di falsità, diretta ad eliminare dal circuito giuridico un atto lesivo della fede pubblica, è altresì confermata dall'art. 675 c.p.p., a norma del quale, quando sia stata accertata la falsità di un atto e la stessa non sia stata dichiarata nel dispositivo, ogni interessato ha il potere di chiedere al giudice dell'esecuzione, dopo il passaggio in giudicato della sentenza, la dichiarazione di falsità omessa dal giudice della cognizione. Da tali disposizioni emerge che la dichiarazione di falsità prescinde dalla pronuncia di condanna e di accertamento della responsabilità dell'imputato, essendo fondata sul solo fatto dell'accertata non rispondenza al vero dell'atto o del documento, indipendentemente dalla circostanza che il processo si concluda con un verdetto di colpevolezza o di proscioglimento. L'unica condizione richiesta per la dichiarazione di falsità, prevista dagli artt. 537 e 425 c.p.p., è costituita dall'esistenza di un atto o documento riconosciuto falso. Deve aggiungersi che come indicato dalle Sezioni Unite di questa Corte ( sentenza n. 27 ottobre 1999, n. 20 Fraccarí, Rv. 214638) deve escludersi che possa sostenersi, con qualche fondamento, l'inconciliabilità della dichiarazione di falsità di atti o di documenti con la natura della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti per la semplice ragione che quella dichiarazione, per l'espresso disposto degli artt. 537 e 425 c.p.p., non presuppone una pronuncia di condanna conseguente all'affermazione della responsabilità dell'imputato L'inconciliabilità della dichiarazione di falsità rispetto alla sentenza ex art. 444 c.p.p. potrebbe essere affermata soltanto ritenendo che in tale decisione sia assente l'accertamento del fatto. Ma, come indicato sempre dalle SSUU nella sentenza sopra 2 sentenza, non essendo stato addotto alcun vizio sulla correttezza della qualificazione indicata, una simile proposizione è priva di probanti riscontri normativi ed è contraddetta dal costante orientamento giuridisprudenziale In particolare è stato riconosciuto che nell'applicazione della pena i poteri decisori del giudice risultano diversificati nell'oggetto, con riguardo agli atti esaminati e agli esiti della decisione, ma non può certamente ritenersi che nell'esercizio di tali poteri manchino l'accertamento dei fatti e la valutazione di merito della regiudicanda, sia pure non finalizzata all'affermazione della colpevolezza dell'imputato e alla pronuncia di una condanna. In questa direzione numerose e univoche sono le indicazioni presenti anche cost., 20 maggio 1996, n. 155; Corte cost., ord. 23 giugno 1999, n. 264). Da tali linee non si discostano le posizioni della giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte, nella quale è stato sottolineato che, di fronte al patteggiannento delle parti, è compito indeclinabile del giudice valutare gli elementi probatori acquisiti ed accertare i fatti per verificare l'eventuale esistenza di cause di non punibilità a norma dell'art. 129 c.p.p. tanto ai fini del controllo dell'esattezza della qualificazione giuridica, che si attua attraverso la verifica della corrispondenza del fatto accertato con la fattispecie legale, quanto ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative accessorie (Cass., p. u. 25 novembre 1998, Messina; Cass., Sez. Un., u. p. 27 maggio 1998, Bosio, rv. 210981). L'accertamento del fatto contenuto nella sentenza di applicazione della pena concordata può costituire, dunque, idonea base giustificativa della pronuncia dichiarativa della falsità di atti o di documenti. Deve aggiungersi che la decisione emessa sulla richiesta concorde di pena è espressamente equiparata dall'art. 445, comma 1, ultima parte c.p.p. ad una sentenza di condanna, della quale produce tutti gli effetti, tranne quelli che in un'ottica premiale la legge ha ritenuto di escludere: tant'è che, sulla base della indicata equiparazione, è stato deciso che con la sentenza ex art. 444 devono essere applicate le sanzioni amministrative accessorie, quale la sospensione della patente di guida a norma dell'art. 222 del codice della strada (Cass., Sez. Un., u. p. 27 maggio 1998, Bosio, rv. 210981). Se quindi l'accertamento del fatto, e quindi della non rispondenza al vero dell'atto o del documento in caso di reato di falso, è insito nella pronuncia di applicazione della pena su richiesta, non si ravvisano ragioni, implicanti valutazioni di merito a sostegno della ritenuta falsità, precluse alla Corte di cassazione o riservate al giudice dell'esecuzione, una volta che, come nel caso in esame, ne sia stata riconosciuta l'omissione nella sentenza oggetto di ricorso. L'annullamento della sentenza qui impugnata, limitatamente all'omessa statuizione ex articolo 537 codice di procedura penale, deve pertanto essere pronunciato senza rinvio, contestualmente dichiarandosi in questa stessa sede la falsità dei documenti indicati nei capi A) e B) dell'imputazione. 3 nella giurisprudenza della Corte costituzionale (Corte cost., 25 marzo 1992, n. 124; Corte P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla omessa statuizione ex articolo 537 codice di procedura penale e dichiara la falsità dei documenti indicati nei capi di imputazione. Manda alla cancelleria del giudice a quo per le annot ioni del caso. Così deliberato in Roma il 27.10.2015 Giovanna VERGA sidente POSITO Il Consigliere estensore

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