Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22850 del 06/02/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22850 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: LA POSTA LUCIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SANTORO ORONZO N. IL 07/04/1967
avverso la sentenza n. 985/2011 CORTE APPELLO di LECCE, del
24/10/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA;

Data Udienza: 06/02/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 24.10.2011 la Corte di appello di Lecce confermava la
decisione del Tribunale di Brindisi con la quale °ronzo Santoro veniva condannato,
all’esito del giudizio abbreviato, con la recidiva contestata, alla pena di anni uno e mesi
due di reclusione in relazione al reato continuato di cui all’art. 9 comma 2 legge 1423 del
1956.
Ad avviso della Corte territoriale era infondato, alla luce di quanto in atti, l’appello
dell’imputato in ordine alla frequentazione di soggetti pregiudicati avendo l’imputato

non si richiede ai fini della configurabilità della violazione una relazione personale assidua
essendo sufficiente trattenersi anche brevemente.

2. Propone ricorso per tassazione l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia,
denunciando la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta
frequentazione con soggetti pregiudicati.
Rileva che si tratta di episodi accaduti a distanza di tempo, inidonei a rappresentare
l’abitualità della condotta ed evidentemente casuali. La sussistenza dell’elemento
soggettivo con riferimento al fatto del 17.2.2011 è stata motivata in maniera apparente e
travisando le risultanze istruttorie.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
A fronte della compiuta motivazione della sentenza impugnata sul punto oggetto del
motivo di ricorso, le doglianze del ricorrente si sostanziano in censure di fatto non
deducibili nel giudizio di legittimità.
Peraltro, il ricorrente richiama il contenuto di atti che non sono stati allegati al
ricorso con conseguente difetto di autosufficienza del ricorso.
Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge, ai sensi dell’art. 616 cod. proc.
pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento
della somma ritenuta congrua di euro 1.000,00 (mille) in favore della cassa delle
ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile Il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa delle ammende.

Così deciso, il 6 febbraio 2013.

dimostrato la piena consapevolezza di intrattenersi con due pregiudicati, tenuto conto che

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