Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22840 del 06/05/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 22840 Anno 2016
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: GIANNITI PASQUALE

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Marchi Ivan, nato il 18/01/1971

avverso la sentenza n. 989/2014 del 05/05/2015 della Corte di appello di
Bologna

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Pasquale Gianniti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Ciro
Angelillis, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 06/05/2016

RITENUTO IN FATTO

1.La Corte di appello di Bologna con sentenza 5 maggio 2015 ha confermato
la sentenza con la quale il Tribunale di Ravenna, Sez. dist. di Faenza, ad esito di
giudizio abbreviato, ha dichiarato Marchi Ivan responsabile del reato di cui all’art.
186 comma 2 lett. c e comma 2 sexies d. lgvo n. 285/1992 per aver circolato in
ora notturna, in Faenza il 7 ottobre 2011, in stato di ebbrezza in conseguenza
dell’uso di bevande alcoliche, essendo stato accertato, mediante etilometro, un

seconda misurazione).

2.Avverso la suddetta sentenza propone ricorso per cassazione, tramite
difensore di fiducia, l’imputato, deducendo violazione degli artt. 114 disp. Att.
c.p.p., 356 e 354 c.p.p. (e, quindi, violazione del diritto di difesa nell’esecuzione
del c.d. alcoltest).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso non è fondato e, pertanto, non può essere accolto.

2.In primo luogo deve essere affermato che l’accertamento a mezzo
etilonnetro, effettuato nel caso di specie dal personale di Pg operante, ha
integrato una vera e propria attività di P.G. ai sensi del combinato disposto di cui
agli artt. 114 disp. Att. cod. proc. pen. e 356 e 354 c.p.p. e deve essere ribadito
che la violazione di dette norme integra una nullità di ordine generale a regime
intermedio.
2.1. Sotto il primo profilo, in punto di fatto, entrambi i giudici di merito
riferiscono infatti che l’autovettura Saab, condotta dal Marchi, era stata fermata
alle ore 3 circa del 7 ottobre 2011, da una pattuglia CC, che, constatate le
condizioni psico fisiche in cui versava l’odierno ricorrente (alito vinoso, difficoltà
di eloquio e di movimenti) aveva chiesto l’intervento di una seconda pattuglia,
dotata di apparecchio per alcootest. Il Marchi, quindi, era stato sottoposto ad
esame mediante etilometro che aveva rivelato, alla prima prova (effettuata ad
ore 3,17), il valore di g/I pari a 1,81 ed, alla seconda prova (effettuata ad ore
3,25), il valore di g/I pari a 1,84 (peraltro, nell’occasione del controllo, era stata
anche rinvenuta una dose di cocaina nella borsa di Donatone Stefania,
trasportata, quale passeggera, nell’auto condotta dal Marchi; rinvenimento
questo che aveva indotto il personale operante a procedere ad una perquisizione
all’interno del veicolo e dell’appartamento abitato dai due).

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tasso alcoolemico superiore al limite massimo stabilito dalla legge (1,81, g/I

In punto di diritto, lo stesso Giudice di primo grado ha rilevato (rilievo poi
ribadito dalla Corte territoriale) che: a) l’accertamento del tasso alcolemico
mediante il cd. alcooltest è sussumibile nella previsione dell’art. 354 c.p.p.,
concernente l’accertamento urgente e la conservazione delle tracce di reato; b)
ai sensi dell’art. 356 c.p.p. il difensore dell’indagato ha facoltà di assistere, senza
diritto di essere previamente avvisato; c) ai sensi dell’art. 114 disp. Att. c.p.p.,
la polizia giudiziaria, nel compimento degli atti di cui all’art. 356 c.p.p., avverte
la persona sottoposta alle indagini, se presente, che ha facoltà di farsi assistere

I suddetti rilievi sono corretti.
Invero, la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di chiarire che non
ricorre il paradigma normativo dell’atto di polizia giudiziaria urgente ed
indifferibile, da ricondursi alle previsioni dell’art. 354 c.p.p., commi 2 e 3,
esclusivamente allorquando l’accertamento del tasso alcoolemico (eseguito vuoi
tramite etilometro vuoi previo prelievo ematico all’interno di struttura
nosocomiale) sia determinato da esigenze meramente esplorative, risultando, in
tal caso, espressione di una attività di polizia amministrativa (Sez. 4, sent. n.
10850 del 12/02/2008, Rizzi, Rv. 239404).
Al contrario, nel caso in cui l’accertamento del tasso alcoolemico si renda
necessario in presenza di elementi integranti una notizia di reato (qualificata e
condizionata poi dagli esiti del medesimo), come per l’appunto si è verificato nel
caso di specie, ricorre il paradigma normativo dell’atto di polizia giudiziaria
urgente ed indifferibile, da ricondursi alle previsioni dell’art. 354 c.p.p., commi 2
e 3. La relativa certificazione (utilizzabile ai fini di prova nel procedimento anche
a prescindere dal consenso dell’interessato: Sez. 4, n. 1827 del 4/11/2009, dep.
2010, Boraco, Rv. 245997) rappresenta il risultato di operazioni che richiedono
specifiche competenze tecniche compiuta dalla P.G. a mezzo di persone di queste
in possesso (art. 348 c.p.p., comma 4). L’atto soggiace quindi, quanto alla sua
acquisizione ed utilizzabilità ai fini del giudizio, alla disciplina degli atti irripetibili
di cui all’art. 431 cod. proc. pen. (Sez. 4 n. 10605 del 15/11/2012, dep. 2013,
Bazzotti, Rv. 254933).
2.2. Sotto il secondo profilo, occorre ricordare che la giurisprudenza di
legittimità – consolidata nel senso di affermare che la violazione del disposto
dell’art. 114 disp. att. cod. proc. pen. dà luogo ad una nullità di ordine generale,
non assoluta, ma cd. a regime intermedio – ha a lungo registrato una diversità di
interpretazioni quanto al limite temporale entro il quale era utilmente proponibile
l’eccezione di nullità.
Il contrasto è stato di recente risolto dalle Sezioni Unite (cfr. sent. n. 2 del
29/01/2015, Bianchi, Rv. 263023) nel senso che che «La nullità conseguente al
mancato avvertimento al conducente di un veicolo, …, della facoltà di fars .

3

dal difensore di fiducia.

assistere da un difensore di fiducia, in violazione dell’art. 114 disp. att. cod.
proc. pen., può essere tempestivamente dedotta, a norma del combinato
disposto degli artt. 180 e 182 comma 2 secondo periodo cod. proc.pen. fino al
momento della deliberazione della sentenza di primo grado».
Poiché nel caso di specie, per come emerge dal testo della sentenza di primo
grado, la violazione del disposto di cui all’art. 114 disp. Att. c.p.p. è stata
eccepita nel corso dell’udienza 6 giugno 2013 di discussione davanti al Tribunale
di Ravenna, deve ritenersi che detta eccezione è stata tempestivamente eccepita

3.Tanto premesso e precisato, il ricorso, se non inammissibile, è comunque
infondato.
3.1. Sotto il primo profilo si rileva che, nell’atto introduttivo del presente
giudizio di legittimità (p.3, in fondo), il ricorrente deduce che la Corte di appello
non avrebbe “ben compreso” la sua doglianza: in sintesi, il ricorrente, in sede di
“doglianze rimostrate alla Corte di appello”, avrebbe contestato che il personale
operante, dopo avergli dato l’avviso di legge e dopo che lui aveva dichiarato di
volersi far assistere dall’Avv. Alfonso Gaudenzi del Foro di Ravenna, non aveva
tentato di contattare il nominato difensore e neppure gli aveva concesso di farlo
ed, anzi, gli aveva sottratto il cellulare (che lui aveva mostrato con impresso il
numero telefonico del difensore) per poi restituirglielo dopo aver espletato tutti
gli atti di indagine. Detta doglianza non sarebbe stata ben compresa dalla Corte
di appello, secondo la quale, per l’appunto, lui, nel proporre impugnazione, si
sarebbe lamentato del fatto di non essere stato avvisato della facoltà di farsi
assistere dal difensore di fiducia prima che si procedesse all’alcoltest.
Senonché, dalla intestazione delle sentenze di merito emesse nei due diversi
gradi non risulta che il difensore, in sede di conclusioni, abbia sollevato in primo
o in secondo grado l’eccezione nei termini sopra indicati; mentre dall’atto di
appello (p.6) risulta essere stata sottoposta alla Corte territoriale esclusivamente
la valutazione se, una volta che sia stato dato all’interessato l’avviso di farsi
assistere da un difensore di fiducia, questo debba essere o no contattato.
3.2. In ogni caso, il ricorso non è fondato in quanto la situazione fattuale
rappresentata nel ricorso introduttivo del presente giudizio di legittimità non
trova riscontro negli elementi di fatto indicati nella sentenza emessa dal
Tribunale di Ravenna, dalla quale risulta soltanto che: a) secondo il racconto
della Donatone (p. 2 righi 15 e 16), il Marchi aveva mostrato ai Carabinieri il
numero del cellulare del proprio difensore, chiedendo che questo fosse
convocato; b) detta circostanza, riferita dalla Donatone, era stata esclusa
dall’appuntato Chiti (componente del secondo equipaggio intervenuto).

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prima della sentenza di primo grado.

3.3. Infine, nessuna disposizione di legge prevede che gli operanti,
ogniqualvolta procedano ad alcooltest e l’interessato si sia avvalso della facoltà
di farsi assistere da un difensore (indicandolo), debbano contattare il difensore
(indicato dal controllato) e, meno che meno, debbano indicare a verbale se
erano o non erano riusciti a contattare il difensore e se lo stesso li aveva o no
autorizzati a procedere in sua assenza, essendo soltanto richiesto di indicare se il
difensore era o no intervenuto (indicazione questa che nel caso di specie risulta
nel verbale di accertamenti urgenti, allegato al ricorso, ai fini dell’autosufficienza

E questa Sezione ha avuto più volte modo di precisare che l’accertamento
strumentale mediante il c.d. alcoltest costituisce atto di polizia giudiziaria
urgente e indifferibile cui il difensore può assistere senza diritto ad essere
previamente avvisato, dovendo la polizia giudiziaria unicamente avvertire la
persona sottoposta alle indagini della facoltà di farsi assistere da difensore di
fiducia (sent. n. 7967 del 6/12/2014, dep. 2014, Zanutto, Rv. 258614; sent. n.
18654 del 21/3/2013, Carapella, non mass.; sent. n. 27736 del 08/05/2007,
Nania, Rv. 236933).
Per vero, l’art. 356 c.p.p., prevede soltanto la facoltà del difensore di
assistere alla perquisizione e agli accertamenti urgenti ed all’eventuale
sequestro, “senza diritto di essere preventivamente avvisato”. E l’art. 114 disp.
att. c.p.p., a sua volta, impone alla Polizia giudiziaria, nel procedere al
compimento degli atti indicati nell’art. 356 c.p.p., soltanto l’obbligo di avvertire
la persona sottoposta alle indagini, se presente, che ha facoltà di farsi assistere
dal difensore di fiducia, ma non pone alcun obbligo di avviso per il difensore (né
l’obbligo di nominare un difensore d’ufficio nel caso l’indagato non intenda farsi
assistere da chicchessia). Le disposizioni che precedono sono chiare e coerenti
nel senso di illustrare il contenuto del diritto della persona sottoposta
all’accertamento, che è quello e soltanto quello di farsi assistere da un difensore
di fiducia ma non anche quello di attenderne l’arrivo ogniqualvolta í tempi di tale
attesa rischiano di pregiudicare lo scopo dell’accertamento.
Il ricorrente, a sostegno del suo assunto, richiama la sentenza n. 4939/2010
emessa da questa Sezione, ma occorre rilevare che, in quella sentenza, questa
Corte, nell’esaminare il motivo di ricorso concernente l’asserita inutizzabilità
dell’esame alcoolimetrico perché eseguito senza la presenza del difensore, si è
limitata ad osservare che, nella fattispecie sottoposta al suo esame, risultava che
il personale operante aveva di fatto tentato di dare avviso al difensore, che non
era stato trovato, per cui non aveva rilievo che risultava omesso l’avvertimento
della possibilità che il difensore partecipasse all’atto.
In definitiva, non costituisce violazione dei diritti di difesa dell’indagato: nè il
mancato avviso al difensore da parte del personale operante, né il fatto
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dello stesso).

quest’ultimo abbia proceduto senza attendere l’arrivo del difensore, anche
qualora questi abbia comunque avuto notizia dell’imminente compimento
dell’atto urgente ed intenda parteciparvi (arg. ex Sez. 6, n. 11908 del
23/10/1992, Torcaso, Rv. 192917). L’avvertimento reso nella specie dagli organi
accertatori, nei termini testuali in cui viene indicato nel citato verbale di
accertamenti, si rivela pienamente rispettoso del relativo obbligo loro imposto
dalle citate norme, nei limiti detti.

ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 06/05/2016

4. Per le ragioni che precedono il ricorso non può essere accolto ed il

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