Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22832 del 10/05/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 22832 Anno 2016
Presidente: PETRUZZELLIS ANNA
Relatore: CALVANESE ERSILIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Bucci Roberto, nato a Porto La Cruz (Venezuela) il 31/01/1962

avverso la ordinanza del 15/02/2016 del Tribunale di Campobasso

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Ersilia Calvanese;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Roberto Aniello, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore, avv. Carmine Biasello, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento dei motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Campobasso, quale
giudice dell’appello cautelare ex art. 310 cod. proc. pen., confermava l’ordinanza
del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Isernia, che aveva
rigettato l’istanza di revoca della misura cautelare della sospensione
dall’esercizio di pubblici uffici e servizi applicata a Roberto Bucci.

Data Udienza: 10/05/2016

A quest’ultimo, con provvedimento del 19 ottobre 2015 del Giudice per le
indagini preliminari del Tribunale di Isernia, era stata applicata la misura
cautelare interdittiva per la durata di mesi 12 in relazione al reato di cui all’art.
319 cod. pen., per aver, in qualità di dirigente del V° settore – Ambiente e Corpo
di P.M. – del Comune di Isernia e di responsabile unico della procedura di gara
per il trasporto pubblico urbano, bandita dal suddetto Comune, e dietro la
corresponsione di somme di danaro, redatto il relativo bando (pubblicato il 29
aprile 2013), recependo i suggerimenti provenienti dall’amministratore della

aggiudicarsi la gara in via provvisoria in data 27 marzo 2014.
Dai provvedimenti di merito si evince che, sulla base di intercettazioni
telefoniche ed ambientali disposte nell’ambito di una più ampia indagine avente
ad oggetto infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore dei pubblici
appalti pubblici, erano emersi a partire dal dicembre 2012 (ovvero qualche mese
prima della pubblicazione del bando di gara) contatti tra l’amministratore della
Edilmoviter, Giuseppe Favellato, e Giulio Castiello, dirigente sino al marzo 2012
del V° settore – Ambiente e Corpo di P.M. – del Comune di Isernia, finalizzati ad
«addomesticare» il suddetto bando di gara, ottenendo un testo che consentisse
alla suddetta società di aggiudicarsi la gara (valorizzandone in particolare le
caratteristiche strutturali ed organizzative), avvalendosi del Bucci, responsabile
all’epoca dei fatti del medesimo V° settore e del procedimento in questione:
Castiello era quello che intratteneva i rapporti con Bucci, anche se risultavano
contatti diretti tra l’imprenditore e quest’ultimo.
Sempre dalle intercettazioni era emerso che il Castiello, che intendeva
escludere dall’elaborazione del bando uno dei tecnici dell’Ufficio competente (di
cui non si fidavano perché verosimilmente legato ad altra ditta concorrente),
aveva redatto il testo finale del bando con il Bucci, al quale aveva consegnato
una pen drive con il testo elaborato con il Favellato; che venivano affrontate

questioni tra Favellato e Castiello su punti del disciplinare di gara che poi
risultavano effettivamente recepiti dall’atto suddetto (ad es. la attribuzione dei
punteggi maggiori in ordine a punti qualificanti per la società del Favellato); che
Castiello e Bucci avevano avuto contatti anche per la nomina della commissione
esaminatrice delle offerte, pilotando la nomina di uno dei componenti sulla
persona di un professore del politecnico di Bari, il quale, grazie ad amicizie del
Castiello e contatti diretti, avrebbe assegnato alla società del Favellato un
favorevole punteggio.
Che il Bucci fosse pienamente consapevole dell’illeceità delle condotte
realizzate con gli altri indagati era stato ricavato dai giudici di merito da una
conversazione ambientale tra questi e il Favellato nella quale il primo stabiliva

società Edilmoviter, Giuseppe Favellato, in modo che la stessa potesse

che non era opportuno farsi vedere tutti insieme con il Castiello in Isernia,
perché «oramai hanno collegato tutto».
Erano stati poi accertati passaggi di danaro tra Favellato e Bucci, attraverso
bonifici bancari effettuati sul conto della Pro Loco Isernia, presieduta dal Bucci,
conto dal quale dal dicembre 2012 al luglio 2013, quest’ultimo aveva effettuato
prelievi per oltre ventimila euro (assegni tratti a favore di se stesso, della
moglie, del figlio e del fratello). Un versamento del Favellato, quello di 1.500
euro del 12 agosto 2013 si inseriva nell’arco temporale della gara e poteva

2. Nell’ordinanza genetica, il Giudice della cautela, in luogo della misura
cautelare coercitiva richiesta dal P.M., aveva ritenuto la misura di tipo
interdittivo idonea a fronteggiare le esigenze cautelari, ravvisate nel totale
asservimento dimostrato dal Bucci alle richieste illecite provenienti dai privati
(come si evinceva da una recente indagine relativa ad una denuncia di una
cooperativa in ordine al tentativo del Bucci di far assumere due persone di suo
gradimento, usando la minaccia di negative conseguenze nei rapporti con il
Comune), la cui durata andava fissata nella misura massima, quale quella
risultante dalle recenti novelle del 2015, in ragione della gravità delle condotte e
dell’intensità delle esigenze cautelari.
Con provvedimento del 10 novembre 2015, il Giudice per le indagini
preliminari aveva rigettato l’istanza di revoca della misura, ritenendo che non
emergessero elementi di novità.

3. Con una successiva istanza di revoca, la difesa del Bucci aveva sollevato
eccezioni processuali e censurato la sussistenza della gravità indiziaria e delle
esigenze cautelari.
Il provvedimento di rigetto del Giudice per le indagini preliminari dell’Il
gennaio 2016 aveva ritenuto infondata la tesi difensiva che ipotizzava una
millanteria del Castiello nell’evocare la collaborazione del Bucci nella redazione
del bando, in quanto smentita dalle risultanze probatorie che dimostravano
effettivi contatti tra i due (ad es. per la consegna della pen-drive) e contatti
diretti tra Bucci e Favellato in cui discutevano della nomina dei componenti della
commissione esaminatrice. Dalle intercettazioni era emerso inoltre che fosse il
Bucci e non altri (tra i quali l’ing. Carmosino che collaborava con il Bucci) il
referente del Castiello, che consentiva a quest’ultimo, nonostante la cessazione
dell’incarico in Comune, di occuparsene.
Del pari era ritenuta dal Giudice della cautela irrilevante la trasmissione da
parte del Bucci del testo dello schema di bando al commissario prefettizio il 5

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essere considerato il prezzo pagato al Bucci per la sua corruzione.

marzo 2013 (secondo la difesa, da quella data il testo non sarebbe stato più
modificato), posto che erano state registrate conversazioni significative prima di
tale data e comunque il testo finale approvato era differente da quello trasmesso
al Commissario prefettizio, ragion per cui potevano essere utilizzate a carico
dell’indagato anche le conservazioni successive a tale data.
Era stata giudicata non condivisile anche la tesi difensiva che il bando non
avesse recepito uno dei punteggi auspicati da Favellato (40 punti per le
pensiline), in quanto per l’aggiudicazione era stato determinante il maggior

mobilità», comprendente quel fattore, e comunque tra i complici l’assegnazione
dei punteggi era stata questione più volte rimaneggiata.
Il Giudice per le indagini preliminari aveva infine ritenuta inidonea la
documentazione prodotta dalla difesa per dimostrare la destinazione non
personale dei prelievi effettuati dal Bucci sul conto della Pro Loco ed inalterate le
esigenze cautelari, in quanto il successivo demansionamento del Bucci all’interno
del Comune non elideva l’inclinazione mostrata dall’indagato ad asservire la
pubblica funzione, piegata ad interessi personali, che poteva estrinsecarsi con
modalità che non richiedevano necessariamente lo svolgimento di funzioni
dirigenziali.
Quanto all’eccezione procedurale sulla durata della misura cautelare, il
Giudice aveva evidenziato che, per il principio del tempus regit actum, la stessa
fosse stata correttamente individuata sulla base della normativa introdotta della
legge n. 47 del 2015.

4. In sede di appello, l’indagato aveva proposto le medesime eccezioni
procedurali, nonché censure sulla valenza indiziaria delle circostanze contenute
nell’ordinanza genetica e sulla sussistenza delle esigenze cautelari.
In particolare, quanto alla gravità indiziaria, il Bucci aveva contestato sia la
sua consapevole partecipazione alle condotte poste in essere dal Favellato e dal
Castiello, sia l’influenza che l’azione di questi ultimi avesse avuto sulla procedura
di gara, sia infine la deduzione che la somma versata sul conto della Pro Loco
fosse destinata alla persona del Bucci.
Il Tribunale respingeva le censure del Bucci in ordine alla valutazione della
gravità indiziaria, evidenziando che la chiave di lettura degli elementi indiziari
raccolti dovesse essere la vicenda indicata nella informativa di p.g. e che si
inseriva nel contesto dell’indagine Laurus circa le manovre ordite dal Castiello
perché il Bucci fosse nominato suo successore presso il Comune di Isernia, quale
persona di fiducia e «manovrabile»: Bucci era da ritenersi «espressione» del
Castiello, per cui non era possibile accedere alla tesi difensiva, secondo cui Bucci

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punteggio ottenuto dalla sua società per la voce «interventi al servizio della

sarebbe stato indicato da questi come suo referente solo a titolo di millanteria.
In ogni caso, le intercettazioni avevano rivelato i contatti diretti tra
l’imprenditore Favellato e Bucci in ordine alla procedura della gara ed in
particolare sulla composizione della composizione aggiudicatrice.
Il Tribunale riteneva irrilevante che la somma di 1.500 euro fosse stata
versata da un società diversa dalla Edilmoviter (la Favellato s.n.c., nella quale
Giuseppe Favellato non aveva alcun ruolo), posto che tale pagamento non
risultava aver avuto alcuna giustificazione ed era stato proprio il Favellato ad

non aveva saputo spiegare le ragioni della telefonata e dei ringraziamenti
espressi alla notizia dell’accreditamento) e che comunque era plausibile una
forma «coperta» di versamento per non destare sospetti.
Quanto alle esigenze cautelar’, il Tribunale evidenziava che l’assegnazione
del Bucci ad un ruolo nevralgico del Comune era stata fortemente voluta dal
Sindaco, dall’assessore all’ambiente e dal Castiello (pur non avendo il Bucci
neppure competenza nel settore della polizia municipale) all’evidente scopo di
mantenere il controllo degli appalti, come dimostrerebbe l’indagine Larus che
aveva svelato un più ampio sistema di gestione di questi ultimi, coinvolgenti
politici, amministratori locali ed imprenditori. il Tribunale riteneva infine che la
misura applicata fosse idonea a fronteggiare il pericolo concreto ed attuale della
perpetrazione di altre condotte delittuose analoghe, ancorché questi avesse
subito nel frattempo il demansionamento delle sue funzioni.

2. Avverso la suddetta ordinanza, ricorre per cassazione il difensore di
Roberto Bucci, enunciando motivi di violazione di legge e di vizio di motivazione,
di seguito sintetizzati ai sensi dell’art. 173, disp. att. cod. proc. pen..
Con il primo motivo, denuncia la erronea applicazione della disciplina dettata
dalla legge n. 47 del 2015, in quanto sarebbe stato applicato ad un reato
commesso prima della sua entrata in vigore il regime più sfavorevole previsto in
punto di durata delle misure interdittive, così contravvenendo anche i principi
fissati dalla Corte EDU sull’irretroattività delle legge più severa.
Con il medesimo motivo, deduce inoltre l’inefficacia della misura applicata in
base all’art. 289 cod. proc. pen., non essendo stato effettuato il previo
interrogatorio, richiesto dalla legge processuale vigente all’epoca della
commissione dei fatti.
Con il secondo motivo, lamenta la carenza di motivazione sulla durata della
misura interdittiva.
Con il terzo motivo, deduce il vizio di motivazione sulla gravità indiziaria, in
quanto gli elementi valorizzati dal Tribunale dimostrerebbero al più una

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avvertire Bucci dell’avvenuto versamento (in sede di interrogatorio quest’ultimo

contiguità occasionale tra Bucci e gli altri indagati, che sarebbe stato
inconsapevole delle reali intenzioni di costoro, operando in piena legittimità e
trasparenza, come dimostrerebbero i contatti avuti con il commissario
prefettizio.
Il ricorrente rileva che la prova della corruzione risulterebbe acquisita da un
versamento fatto da altra società (nella quale Favellato Giuseppe non era né
socio né amministratore) a titolo di sponsorizzazione e mancherebbe la prova
invece della acquisizione da parte del Bucci della stessa somma versata alla Pro

Si deduce l’omessa motivazione su una serie di questioni sottoposte con
l’appello cautelare volte a dimostrare che la insussistenza di un rapporto tra le i
coindagati e che il bando fosse il frutto di trattative tra gli stessi, e
segnatamente:
– sulla documentazione prodotta dalla difesa, attestante l’impiego di risorse
personali del Bucci nella Pro Loco per saldare fornitori della stessa, con la
conseguenza che questi era creditore di somme verso l’associazione (sui bilanci
della Pro Loco non vi era stata alcuna obiezione in sede di approvazione);
– sulla identità tra il bando approvato e lo schema inviato al commissario
prefettizio, così smentendo intese successive a quest’ultimo per la redazione
della bozza di bando;
– sulla circostanza che Castiello era stato colui che aveva avviato nel 2011 la
procedura della gara, poi formalmente riattivata con delibera del 22 agosto
2012, per cui era ragionevole che Castiello conoscesse la tematica in oggetto e
ne potesse discutere con Favellato;
– sui punti assegnati alla gara, che contrariamente all’assunto dei giudici di
merito non avrebbero riflettuto i desiderata di Favellato (essendo stato attribuito
al fattore «pensiline» non 40 punti come da lui chiesto, bensì soltanto 14); sullo
scarto dell’offerta tecnica (non 16 punti minimo, come chiesto da Favellato, ma
solo 9,58); e sulla circostanza che Bucci era affiancato per la redazione del
bando da due professionisti;
– sulle intercettazioni che dimostrerebbero che Bucci agisse autonomamente
rispetto ai coindagati e comunque lecitamente;
– sulla impostazione del bando, che contrariamente all’ipotesi accusatoria,
era equilibrata e sorretta da ragioni obiettive, come la proroga del termine per la
presentazione delle offerte, i costi per la sicurezza, i ricavi dalla pubblicità e la
previsione nel capitolato di un’area deposito da destinare alla custodia dei mezzi;

sull’effettivo svolgimento dei fatti relativi alla composizione della

commissione aggiudicatrice.

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Loco.

Si deduce con il quarto motivo, il difetto di motivazione sulle esigenze
cautelari, non avendo il Tribunale motivato il pericolo di recidiva specifica, in
relazione alle modalità e alle circostanze del fatto e alla personalità dell’indagato,
bensì limitandosi a richiamare altra indagine, nella quale non vi sarebbe alcun
indagato, ed il ruolo dirigenziale del Bucci, mai rivestito (era soltanto facente
funzioni). L’ordinanza impugnata, secondo il ricorrente, non avrebbe verificato la
pericolosità dell’indagato sulla base della situazione concreta, assumendo come
parametri le modalità e le circostanze del fatto e la pericolosità dell’indagato; né

della misura Bucci era stato trasferito ad altro settore del Comune, nel quale non
si occupava più di gare, e che con l’adozione della misura è stato sospeso dal
servizio e comunque l’ente risulta totalmente riorganizzato, cosicché il Bucci non
potrebbe più svolgere e gestire nuove procedure di appalto.
Infine, il ricorrente si lamenta della carente motivazione in ordine alla
idoneità della misura.
Con note difensive depositate il 22 aprile 2016, il difensore ribadisce la
carente motivazione sulle esigenze cautelari, richiamando a sostegno gli
elementi già illustrati in ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso, in quanto infondato, non può essere accolto.

2. Manifestamente infondate sono le censure procedurali versate nel primo
motivo e riguardanti l’applicazione delle novelle introdotte dalla legge n. 47 del
2015.
E’ principio consolidato, che trova fondamento in più pronunce del massimo
Consesso di legittimità e che ha superato il vaglio di legittimità (cfr. Corte cost.
n. 15 del 1982; n. 342 del 1983, n. 450 del 1995), dal quale non vi è motivo
alcuno per discostarsene, quello secondo cui nella materia cautelare si applica il
canone tempus regit actum, con la conseguenza che la nuova norma venga in
applicazione dal momento della sua entrata in vigore anche in rapporto alle
misure cautelari da adottare per i fatti delittuosi commessi anteriormente alla
data di entrata in vigore della novella legislativa (tra le tante, Sez. U, n. 20 del
01/10/1991, Alleruzzo, Rv. 188524; Sez. U, Sentenza n. 27919 del 31/03/2011,
Ambrogio, in motivazione; Sez. U, n. 44895 del 17/07/2014, Pinna, Rv.
260927).
Al pari è stato escluso, in sede sia di legittimità che costituzionale, che la
suddetta interpretazione del principio del

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tempus regit actm nella materia

avrebbe valutato che i fatti risalgono al 2013 e che ancor prima dell’adozione

processuale si ponga in contrasto con il principio di retroattività della legge
penale più favorevole consacrato dall’art. 7 della CEDU, in quanto è stata la
stessa Corte EDU a fissare con chiarezza i limiti al suo ambito di applicazione,
desumendoli dalla stessa norma convenzionale: il principio di retroattività della
lex mitior concerne le sole «disposizioni che definiscono i reati e le pene che li
reprimono» (Corte EDU, 27/04/2010, Morabito c. Italia; 17/09/ 2009, Scoppola
c. Italia) (Corte cost. n. 236 del 2011; n. 240 del 2015; Sez. U, n. 44895 del
17/07/2014, Pinna, Rv. 260927).

ottobre 2015 la misura cautelare secondo le disposizioni dell’art. 308 cod. proc.
pen., come modificate dalla legge n. 47 del 2015.
Per le medesime ragioni va respinta la censura relativa all’omesso
preventivo interrogatorio, previsto dall’art. 289 cod. proc. pen. prima delle
novelle del 2015.

3. Inammissibile è anche il secondo motivo, in quanto deduce un vizio di
motivazione su una questione non devoluta alla cognizione del giudice di appello
(tra le tante, Sez. 5, n. 28514 del 23/04/2013, Grazioli Gauthier, Rv. 255577;
Sez. 2, n. 6131 del 29/01/2016, Menna, Rv. 266202).
Nell’appello, il ricorrente aveva infatti sottoposto a censura la motivazione in
ordine alla durata della misura cautelare esclusivamente sotto il profilo della
applicabilità della lex mitior, ma non per la scelta in concreto del termine di 12
mesi.

4. Non hanno fondamento le censure enunciate nel terzo motivo.
Va ribadito che anche all’appello ex art. 310 cod. proc. pen. è applicabile il
generale principio in forza del quale il provvedimento impugnato e quello di
appello, quando non vi è difformità sul punto denunciato, si integrano
vicendevolmente, formando un tutto organico e inscindibile (Sez. 1, n. 5615 del
08/10/1997, dep. 1998, Alati, Rv. 209515; cfr. Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992,
Musumeci, Rv. 191229).
Deve richiamarsi inoltre il condivisibile il principio secondo cui l’obbligo di
motivazione del giudice dell’impugnazione non richiede necessariamente che egli
fornisca specifica ed espressa risposta a ciascuna delle singole argomentazioni,
osservazioni o rilievi contenuti nell’atto d’impugnazione, se il suo discorso
giustificativo indica le ragioni poste a fondamento della decisione e dimostra di
aver tenuto presenti i fatti decisivi ai fini del giudizio, sicché, quando ricorre tale
condizione, le argomentazioni addotte a sostegno dell’appello, ed incompatibili
con le motivazioni contenute nella sentenza, devono ritenersi, anche

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Pertanto, del tutto legittimamente è stata applicata al ricorrente il 19

implicitamente, esaminate e disattese dal giudice, con conseguente esclusione
della configurabilità del vizio di mancanza di motivazione di cui all’art. 606,
comma primo, lett. e), cod. proc. pen.

(ex multis, Sez. 1, n. 37588 del

18/06/2014, Amaniera, Rv. 260841; Sez. 3, n. 19335 del 11/02/2015,
Magistroni, non mass.; Sez. 3, n. 27561 del 22/04/2015, C.U., non mass.).
Tale regola trova ancor più pertinente applicazione allorché il vizio di
motivazione riguardi elementi privi di un chiaro ed inequivocabile carattere di
decisività, nel senso che da una loro adeguata valutazione non sarebbe

tante, Sez. 2, n. 37709 del 26/09/2012, Giarri, Rv. 253445; Sez. 1, n. 6922 del
11/05/1992, Cannarozzo, Rv. 190572).
Deve infine rammentarsi la peculiarità dell’oggetto della delibazione
cautelare, preordinata ad un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta
probabilità di colpevolezza del chiamato, rispetto a quella di merito, orientata
invece all’acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza
dell’imputato.
Esaminata alla luce dei richiamati principi di diritto, la motivazione
dell’ordinanza impugnata resiste alle censure del ricorrente sia sotto il profilo
della sua esaustività, tenuto conto che in sede di appello il ricorrente aveva
sostanzialmente riproposto le medesime questioni, sia sotto quello della
coerenza o logicità.
4.1. Con riferimento alle specifiche censure, va evidenziato che, in ordine
alla tesi del ruolo inconsapevole del Bucci, il ricorrente non si confronta con le
motivazioni dell’ordinanza impugnata, che ha indicato gli elementi dimostrativi
del suo concorso nell’operazione illecita ordita dal Castiello e dal Favellato.
L’episodio relativo alla scelta dei componenti della commissione
esaminatrice e la raccomandazione fatta al Favellato di evitare incontri in
Comune con i diretti protagonisti della vicenda («perché hanno già collegato
tutto») legittimamente sono stati considerati elementi gravemente indizianti,
attesa la fase processuale in atto.
In tale prospettiva, perdono di decisività sia la circostanza che Castiello
conoscesse la tematica in oggetto e ne potesse discutere con Favellato; sia le
critiche volte a dimostrare che Bucci avesse agito autonomamente e lecitamente
rispetto ai coindagati.
4.2. Deve ritenersi insussistente il dedotto vizio di motivazione in ordine alla
valutazione della consistenza indiziaria del bonifico effettuato dalla Favellato
s.n.c. alla Pro Loco di Isernia.
La risposta sul punto della ordinanza impugnata appare coerente ed
esaustiva, in quanto evidenzia tre aspetti risolutivi, rispetto alle censure del

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necessariamente scaturita una decisione più favorevole di quella adottata (tra

ricorrente: era stato Giuseppe Favellato a comunicare al Bucci l’effettuazione del
bonifico; Bucci in sede di interrogatorio non ha saputo neppure giustificare il
tenore della conversazione e del bonifico; il ricorso a conti correnti intestati a
differenti soggetti giuridici era da ritenersi voluto dagli indagati per allontanare
ogni legittimo sospetto.
Va osservato, a tal ultimo riguardo, che era stato lo stesso Bucci a
raccomandare al Favellato nel medesimo contesto temporale di muoversi con
estrema prudenza anche nei loro incontri personali perché «questi hanno già

A fronte di queste evenienze processuali, idonee a fondare una qualificata
probabilità sulla responsabilità dell’indagato in ordine alla somma versata dalla
Favellato s.n.c., non possono ritenersi ammissibili le giustificazioni addotte solo
in sede di impugnazione dal ricorrente in ordine alla causale del bonifico (ovvero
che si trattasse di versamento a titolo di «sponsorizzazione»), rispetto a quanto
affermato dallo stesso indagato in sede di interrogatorio; e neppure decisive le
produzioni documentali in ordine alla gestione del conto corrente della Pro Loco
di Isernia.
Basti osservare in merito che la circostanza il Bucci ricorresse a proprie
sostanze per alimentare i fondi della suddetta associazione, lungi dal contrastare
l’ipotesi accusatoria sul piano della logicità, la avvalora, rivelando una gestione
alquanto «personalizzata» del conto corrente intestato a quest’ultima, che ben
poteva giustificare il transito attraverso lo stesso di somme riferibili al ricorrente.
4.3. Quanto alla questione della identità tra il bando approvato e lo schema
inviato al commissario prefettizio, le censure del ricorrente sono aspecifiche, in
quanto riguardano un aspetto che non è stato ritenuto significativo dall’ordinanza
impugnata, nella valutazione della gravità indiziaria.
Le conversazioni intercettate, secondo l’ordinanza impugnata, rivelavano in
ogni caso la chiara partecipazione del Bucci al progetto criminoso finalizzato a
consentire l’aggiudicazione della gara alla società del Favellato.
Invero, anche a voler ritenere rilevanti le sole captazioni sino alla
trasmissione del bando al commissario prefettizio, emergono i gravi indizi della
manipolazione del bando ad opera degli indagati in favore della Edilmoviter
(come la conversazione del 6 dicembre 2012 in cui Favellato riepiloga al suo
amico Maratea le parti dello schema del bando che «tutti e due» stavano
modificando «in base alle sue esigenze»: tra queste, l’inversione dei punteggi dei
punteggi per le voci autobus ecologici e pensiline; come la conversazione del 22
febbraio 2013 nella quale Castiello rassicura Favellato che la pen-drive con la
versione «addomesticata» del bando è stata consegnata al Bucci).

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collegato tutto».

D’altra parte, nella conversazione del 23 marzo 2013 Castiello, in vista
dell’incontro che Favellato doveva avere con un professore di fiducia, effettua
solo un riepilogo dei punti che era riuscito a modificare.
4.4. In ordine alla censura relativa ai punti assegnati alla società del
Favellato in sede di gara, va evidenziata la non decisività della questione
sollevata con l’appello, rispetto alla valutazione effettuata dal primo giudice
(secondo cui era irrilevante che il testo del bando non contenesse esattamente
quanto auspicato dal Favellato, poiché la sua società si era comunque

nei quali la sua società aveva maggiori chances di successo e il tenore delle
conversazioni captate lasciava intendere che l’assegnazione dei punteggi sia sta
più volte rivista).
Il ricorrente aveva invero ritenuto la risposta del primo giudice
insoddisfacente, nella misura in cui non indicava la «forbice di punteggio»
gradita al Favellato, quale elemento essenziale di riscontro all’imputazione
mossagli.
Orbene, alla luce della peculiarità dell’oggetto della delibazione cautelare, in
premessa di paragrafo indicata, il rilievo difensivo non apporta alcun elemento
decisivo alla configurabilità dell’ipotesi provvisoriamente contestata, dal
momento in cui le evidenze investigative dimostrano l’ingerenza del Favellato
nella predisposizione del bando di gara perché nello stesso fossero inseriti
requisiti che valorizzassero la sua società e l’effettivo inserimento di detti
requisiti nel bando, determinanti alla aggiudicazione in suo favore.
La manipolazione del bando di gara invero, più che nell’esatto punteggio da
assegnare alla voce «interventi al servizio della mobilità», era consistita nel
valorizzare gli interventi edilizi rispetto ad altre voci, quali in particolare quella
del parco mezzi, per le quali la società era assolutamente carente.
Analoghe considerazioni sono da avanzarsi per la non corrispondenza tra
percentuale di scarto auspicata dal Favellato e quella effettiva.
4.5. Quanto alla circostanza che Bucci fosse affiancato per la redazione del
bando da due professionisti, la censura non si confronta con la motivazione
dell’ordinanza impugnata, che espone gli elementi investigativi dimostrativi del
pieno diretto coinvolgimento del Bucci nella predisposizione del bando.
Tra l’altro, l’ordinanza genetica aveva evidenziato che Castiello il primo
dicembre 2012 si stava adoperando affinché fosse escluso l’ing. Carmosino dalla
redazione dello schema del bando – del quale non si fidavano pienamente per i
suoi contatti con la società concorrente e che «stava perdendo tempo» – per
occuparsene lui personalmente con il Bucci.

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aggiudicata la gara grazie al maggior punteggio previsto nel bando per servizi

4.6. Non colgono nel segno neppure le critiche riguardanti la impostazione
del bando, in quanto ciò che rileva nella provvisoria incolpazione mossa al
ricorrente è di aver condizionato le modalità di scelta del contraente, attraverso
la «mirata» predisposizione del bando di gara.
Le censure del ricorrente volte ad avvalorare la tesi che il bando e il
capitolato d’oneri avessero optato per «scelte equilibrate e sorrette da ragioni
obiettive» non appaiono dirimenti, in quanto i giudici di merito hanno fornito
adeguata dimostrazione che le stesse sono state dolosamente manipolate dagli

regole della stessa su requisiti che potessero favorire la società del Favellato. In
tal modo, il pubblico ufficiale avrebbe perseguito, esclusivamente o
prevalentemente, l’interesse del privato corruttore.
Va ribadito al riguardo che costituiscono atti contrari ai doveri d’ufficio non
soltanto quelli illeciti (perché vietati da atti imperativi) o illegittimi (perché
dettati da norme giuridiche riguardanti la loro validità ed efficacia), ma anche
quelli che, pur formalmente regolari, prescindono, per consapevole volontà del
pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, dall’osservanza di doveri
istituzionali espressi in norme di qualsiasi livello, ivi compresi quelli di
correttezza ed imparzialità (tra le tante, Sez. 6, n. 30762 del 14/05/2009,
Ottochian, Rv. 244530; Sez. 6, n. 3388 del 04/12/2002, dep. 2003, Grippo, Rv.
224056).
Quanto alla proroga del termine per la presentazione delle offerte la
questione è irrilevante, poiché né l’ordinanza impugnata, né il primo giudice e
neppure l’ordinanza genetica hanno ritenuto che questa fosse stata dolosamente
disposta per favorire il Bucci.
Con riferimento, in particolare, alla durata del contratto di appalto, è vero
che la stessa è determinata dalla legge regionale Molise n. 19 del 2000, ma
soltanto nella misura massima («il periodo di validità comunque non superiore a
sei anni, rinnovabile per un biennio, previa revisione del contratto di servizio»):
la censura quindi non priva di logicità il ragionamento dei giudici di merito che
hanno valorizzato la richiesta di Favellato di prevedere la durata del contratto
nella sua massima estensione consentita dalla legge, con la espressa previsione
della sua rinnovazione per il biennio successivo (in tal senso si era espresso il
Castiello nel rassicurare il Favellato).
4.7. Quanto allo svolgimento dei fatti relativi alla composizione della
commissione aggiudicatrice, le argomentazioni del ricorrente, nel tentativo di
avvalorare la tesi di un lineare percorso del suo operato, non si confrontano
ancora una volta con la motivazione dell’ordinanza impugnata, che ha valorizzato
le conversazioni tra questi e Favellato, nelle quali emerge il loro progetto di

12

indagati per alterare il normale svolgimento della gara, «confezionando» le

orientare la scelta sul prof. Caprioli dell’Università di Bari, persona «avvicinabile»
dal suddetto imprenditore. In particolare, Bucci si dichiarava disponibile, in
attesa che le Università indicate dal Favellato come quelle auspicate
rispondessero all’interpello, a far in modo che i professori di Roma rinunciassero
all’incarico.
La circostanza che il punteggio ottenuto dalla società del Favellato in sede di
aggiudicazione non sia stato esattamente quello desiderato dal predetto non
appare circostanza dirimente per scardinare l’impianto accusatorio condiviso

dell’incontro monitorato dalla p.g. tra il Favellato ed il predetto professore
(significativamente indicato nelle conversazioni captate con la qualifica di
copertura di «operaio») pochi giorni prima della sua formale investitura nella
commissione esaminatrice.

5. Non può essere accolto il motivo attinente alla valutazione delle esigenze
cautelari.
5.1. Il parametro della concretezza e dell’attualità del pericolo di
reiterazione di reati della stessa indole è stato affidato dalla ordinanza impugnata
non ad elementi meramente congetturali ed astratti, bensì a dati di fatto
oggettivi ed indicativi delle inclinazioni comportamentali e della personalità
dell’indagato, tali da consentire di affermare che quest’ultimo possa facilmente,
verificandosene l’occasione, commettere detti reati.
A tal fine già la ordinanza genetica aveva richiamato una denuncia relativa
ad un recente episodio (marzo 2015) nel quale il Bucci aveva tentato di asservire
le pubbliche funzioni ricoperte ad interessi privatistici. La ordinanza impugnata
valorizza inoltre quanto emergente dalla indagine Larus, che avrebbe rivelato un
ampio sistema di gestione di appalti pubblici che coinvolgeva direttamente lo
stesso Bucci: quest’ultimo era stato infatti designato come responsabile di un
ufficio comunale, nonostante non avesse esperienza alcuna in alcune materie di
competenza del settore di competenza, per mantenere il controllo degli appalti.
La motivazione non è censurabile per aver utilizzato quanto emergente da
indagini a carico del Bucci ancora pendenti, senza la verifica giudiziale del loro
fondamento.
Va ribadito a tal riguardo che, ai fini del giudizio sulla personalità, richiesto
in materia cautelare dall’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., va tenuto
conto anche delle eventuali pendenze penali, le quali, pur se non qualificabili
come «precedenti penali» in senso stretto, sono tuttavia sempre riferibili a
«comportamenti o atti concreti” che si assumono posti in essere dall’imputato o
indagato e sono pertanto valutabili sotto tale profilo, sulla base del testuale

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dalla ordinanza impugnata, considerato anche l’episodio gravemente indiziante

tenore della suindicata disposizione normativa, senza che ne derivi contrasto
alcuno con il principio di non colpevolezza di cui all’art. 27, comma secondo
Cost., atteso che tale principio vieta di assumere la colpevolezza a base di
qualsivoglia provvedimento, fino a quando essa non sia stata definitivamente
accertata, ma non vieta affatto di trarre elementi di valutazione sulla personalità
dell’accusato dal fatto obiettivo della pendenza, a suo carico, di altri
procedimenti penali (tra le tante, Sez. 6, n. 6274 del 27/01/2016, Sugarelli, Rv.
265961; Sez. 6, n. 45934 del 22/10/2015, Perricciolo, Rv. 265069; Sez. 2, n.

5.2. Neppure può essere accolto il rilievo con cui si evidenzia che il
ricorrente nel frattempo è stato sospeso dal servizio e comunque demansionato
in altro settore del Comune di Isernia.
La sospensione dal servizio è infatti atto dovuto della P.A. che, in esecuzione
della misura cautelare interdittiva, impedisce al dipendente la prestazione
dell’attività lavorativa (a tanto concorre anche l’ultimo comma dell’art. 293 cod.
proc. pen., il quale stabilisce che copia dell’ordinanza che dispone la misura
interdittiva è trasmessa all’organo eventualmente competente a disporre
l’interdizione in via ordinaria, consentendo, in tal modo, come evidenziato anche
nella relazione al progetto preliminare del codice, il «raccordo tra l’esercizio dei
poteri cautelari nell’ambito del processo penale e l’esercizio dei poteri conferiti in
via ordinaria ad organi estranei a tale processo»).
Relativamente al trasferimento del ricorrente ad altro incarico in altro
settore non dirigenziale del Comune, va rammentato che il giudizio di prognosi
sfavorevole sulla pericolosità sociale dell’incolpato di reati contro la pubblica
amministrazione non è di per sé impedito dalla circostanza che l’indagato abbia
dismesso la carica o esaurito l’ufficio nell’esercizio del quale aveva realizzato la
condotta addebitata. Deve essere tuttavia probabile che l’agente, pur in una
diversa posizione soggettiva, possa continuare a porre in essere condotte
antigiuridiche aventi lo stesso rilievo ed offensive della stessa categoria di beni e
valori di appartenenza del reato commesso (tra le tante, Sez. 6, n. 18770 del
16/04/2014, De Lucchi, Rv. 259685; Sez. 6, n. 22377 del 10/03/2004, Pierri,
Rv. 229526).
E nel caso in esame, il provvedimento impugnato ha offerto una motivazione
non censurabile sul punto, in quanto ha evidenziato che la sopraggiunta
circostanza non elideva il pericolo che l’indagato potesse continuare, anche in
tale nuova posizione, ma pur sempre gravitante nel medesimo Comune, a porre
in essere condotte antigiuridiche aventi lo stesso rilievo ed offensive della stessa
categoria di beni e valori di appartenenza del reato commesso.

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7045 del 12/11/2013, dep. 13/02/2014, Notarangelo, Rv. 258786).

Ed invero, il pericolo dell’asservimento ad interessi privati delle pubbliche
funzioni, così come delineato dai giudici di merito, non era di certo collegato a
specifici incarichi pubblici assunti dal Bucci o ad alcune tipologie di atti
amministrativi, così da porsi in aperta distonia con il ritenuto rischio di
reiterazione addotto.
5.3. Quanto infine al vizio di motivazione sulla idoneità della misura, la
relativa censura appare generica, in quanto, nel reiterare anche graficamente la
medesima censura dell’appello che si limitava ad invocare principi di diritto, non

ravvisate esigenze cautelari, ha ribadito l’idoneità della misura cautelare scelta,
che ha la funzione, come è noto, di precludere all’indagato-imputato,
comprimendo temporaneamente le funzioni esercitate, la reiterazione di
comportamenti delittuosi, ad esse connesse.
Nella scelta della misura interdittiva, l’ordinanza genetica aveva
diffusamente motivato sulla adeguatezza e proporzionalità della misura, rispetto
alla più grave misura richiesta dal P.M.

6. Per quanto premesso, il ricorso deve essere rigettato con la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 10/05/2016.

si confronta con la motivazione della ordinanza impugnata, che, alla luce delle

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