Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22830 del 16/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22830 Anno 2014
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FABRISSIN GIANLUIGI N. IL 09/09/1991
avverso la sentenza n. 3716/2012 GIP TRIBUNALE di UDINE, del
19/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 16/01/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza resa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. il 19 febbraio
2013, il G.i.p. del Tribunale di Udine ha applicato a Fabrissin Gianluigi, in
relazione ai reati di tentato omicidio in danno di Flaugnacco Marco, di lesioni
personali a carico di Pavan Luca e di porto ingiustificato di strumenti atti a
offendere, la pena concordata fra le parti di anni quattro e mesi uno di

continuazione e applicata la diminuente del rito.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del
suo difensore, l’imputato, che ne ha chiesto l’annullamento, ai sensi dell’art. 606,
comma 1, lett. b), cod. proc. pen., poiché il reato contestato al capo a), anche in
presenza di congiunta istanza di patteggiamento, doveva essere correttamente
derubricato in quello di lesioni personali.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. L’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo
processuale in virtù del quale l’imputato e il pubblico ministero si accordano sulla
qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza delle
circostanze, sulla comparazione fra le stesse e sulla entità della pena. Da parte
sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei detti aspetti
giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla, dopo aver accertato
che non emerga in modo evidente una delle cause di non punibilità previste
dall’art. 129 cod. proc. pen.
Ne consegue che – una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena
ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. – l’imputato non può rimettere in
discussione profili oggettivi o soggettivi della fattispecie, né può dolersi della
entità della pena da esso stesso sollecitata e della complessiva adeguatezza del
trattamento concordato.
3. Nel caso di specie, il Giudice, nell’applicare la pena concordata, si è
adeguato all’accordo intervenuto fra le parti e ha escluso la sussistenza dei
presupposti per la pronuncia di una sentenza di proscioglimento ai sensi
dell’art.129 cod. proc. pen., precisando, in particolare, che, sulla base delle
emergenze processuali, appariva corretta la qualificazione giuridica dei fatti
2

reclusione, concesse le attenuanti generiche, uniti i reati nel vincolo della

contestati, essendo la dinamica dell’investimento compatibile con “un’azione
volontaria e diretta alle estreme conseguenze”.
Tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in
sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, appare pienamente
adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante
giurisprudenza di questa Corte (tra le altre, Sez. 6, n. 14563 del 02/12/2010,
dep. 12/04/2011, P.G. in proc. Manea, Rv. 250024), ed è immune dai denunciati
vizi, peraltro formulati in termini del tutto astratti e senza il minimo riferimento a

delle ragioni di fatto e di diritto.
4. Il ricorso deve essere, quindi, dichiarato inammissibile.
Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso segue di diritto la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi
atti a escludere la colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità, al
versamento – in favore della Cassa delle ammende – di sanzione pecuniaria che
appare congruo determinare in millecinquecento euro, ai sensi dell’art. 616 cod.
proc. pen.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di millecinquecento euro alla
Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2014

Il Presidente estensore

concreti elementi che potessero imporre al Tribunale una più diffusa esposizione

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