Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22823 del 26/04/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 22823 Anno 2016
Presidente: CARCANO DOMENICO
Relatore: CRISCUOLO ANNA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Hamza Palah, alias Hamza Falah, nato in Marocco il 24/11/1992

avverso l’ordinanza del 16/12/2015 del Tribunale del riesame di Firenze

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Criscuolo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Maria Francesca Loy, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Firenze ha applicato
all’imputato la misura custodiale, accogliendo l’appello proposto dal Procuratore
della Repubblica presso il Tribunale di Prato avverso l’ordinanza del 7 ottobre
2015 con la quale il locale Tribunale aveva respinto la richiesta di applicazione
della custodia in carcere nei confronti di Hamza Palah, applicandogli il divieto di
dimora nel comune di Prato in relazione ai reati di danneggiamento aggravato
continuato e resistenza a pubblico ufficiale.

Data Udienza: 26/04/2016

La decisione è stata giustificata dalla pluralità di reati commessi nello stesso
contesto temporale, dai precedenti di polizia per reati contro il patrimonio, dagli
alias forniti dall’indagato in occasione dei controlli, dal recente arresto per furto
in abitazione e dalla circostanza che i reati sono stati commessi in costanza di
sottoposizione alla misura del divieto di dimora nel comune di Prato, a riprova
della inidoneità di misure non custodiali a contenere il pericolo di reiterazione dei
reati, e risultando inapplicabile la misura degli arresti domiciliari all’Hamza, privo
di fissa dimora.

l’annullamento per mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione:
deduce che il Tribunale ha desunto il pericolo di recidiva dalle modalità del fatto,
piuttosto che ancorarlo ai requisiti di attualità e concretezza, trascurando la
natura residuale della misura custodiale e la possibilità, prevista dalla legge n.
47/2015, di applicare le altre misure, anche cumulativamente. Sostiene che il
Tribunale non avrebbe rispettato i criteri di adeguatezza e proporzionalità della
misura previsti dalla legge, in quanto le esigenze cautelari potevano essere
tutelate con applicazione di misure meno afflittive.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, in quanto proposto tardivamente.
Risulta dagli atti che l’ordinanza impugnata, emessa il 16/12/2015 e
depositata il 23/12/2015, è divenuta irrevocabile il 04/01/2016 ed è stata
notificata all’imputato per l’esecuzione in data 11/02/2016.
Il ricorso risulta proposto in data 17 febbraio 2016, dunque, avverso
l’ordinanza ormai definitiva, anziché entro il termine previsto dall’art. 310,
comma 3, cod. proc. pen., durante il quale l’efficacia dell’ordinanza era sospesa.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali ed al pagamento di una somma in favore
della cassa delle ammende, che si stima equo determinare in € 1.500,00.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.500 in favore della cassa delle
ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94-1/ter
disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 26/04/2016.

2. Avverso l’ordinanza propone ricorso l’imputato, che ne chiede

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