Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22822 del 15/04/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 22822 Anno 2016
Presidente: FIDELBO GIORGIO
Relatore: SCALIA LAURA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Esposito Luigi, nato p il 14/04/1972 0•,

a.44-94

avverso l’ordinanza del 08/02/2016 del Tribunale di Napoli

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Laura Scalia;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Luigi Birritteri, che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso;
udito il difensore, avv. Lucio Barbato, che ha concluso per
l’accoglimento dei motivi di ricorso.

Data Udienza: 15/04/2016

RITENUTO IN FATTO

1.11 Tribunale di Napoli, con ordinanza in data 8 febbraio 2016, in
parziale accoglimento dell’appello proposto dal Pubblico Ministero, ha
applicato a Luigi Esposito gli arresti domiciliari, con le prescrizioni di
legge.
La misura è stata disposta in aggravamento di quella impositiva

avvocato, disposta dal Giudice delle indagini preliminari in relazione
all’imputazione provvisoria di turbativa d’asta aggravata dal metodo
mafioso, contestata all’indagato in concorso con Nicola Foria,
Tommaso Rega e Giuseppe Falco ed in forma continuata (artt. 81,
commi primo e secondo, 110, 353 cod. pen. e art. 7 legge n. 203 del
1991).

2. In tal modo il Tribunale ha apprezzato l’esistenza a carico
dell’Esposito di gravi indizi di colpevolezza in ordine ad uno pluralità
di episodi diretti a turbare, con doni promesse ed altri mezzi
fraudolenti, anche con intimidazione di tipo mafioso, l’asta svoltasi
per procedura di gara presso il Tribunale di Noia, sezione
fallimentare, e ad impedire l’aggiudicazione di un immobile del fallito,
Tommaso Rega, a soggetti estranei al nucleo familiare ed amicale
dello stesso, nella consapevolezza, da parte dell’agente, della gravità
della condotta e della valenza criminale degli episodi.
Il giudici dell’appello cautelare hanno altresì ritenuto, nella
pericolosità del soggetto — che si era espressa non solo per le
condotte assunte dall’indagato nella giornata in cui era stata fissata
la procedura d’asta in Tribunale, ma in occasione di una pluralità di
precedenti episodi e contatti — e nella non idoneità dell’iniziale
misura applicata a contenerla, la necessità di disporre la misura
autocustodiale.

3. Il difensore di fiducia di Luigi Esposito propone ricorso per
cassazione avverso l’indicata ordinanza, articolando quattro motivi.

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del divieto temporaneo di esercizio dell’attività professionale di

3.1.

Con il primo motivo, si denuncia una erronea

interpretazione del compendio di prova in relazione alla ritenuta
aggravante del metodo mafioso (art. 606, comma 1, lett. b) cod.
proc. pen., in relazione all’art. 192 cod. proc. pen. ed all’art. 7 I. n.
203 del 1991).
Il ricorrente deduce come il Tribunale abbia travisato la prova
ritenendo — di contro a quanto affermato in sede di sommarie

presente quando i suoi assistiti, poi coindagati, Tommaso Rega ed il
nipote, Giuseppe Falco, nei corridoi del Tribunale in cui stava
svolgendosi la procedura d’asta, raggiunsero con minaccia mafiosa
Massimo Nappo, l’offeso, perché questi desistesse dal partecipare alla
gara.
L’indicato travisamento avrebbe condotto il Tribunale dell’appello
cautelare a ritenere la consapevolezza e la condivisione della
minaccia mafiosa in capo all’Esposito ed a valorizzare, a sostegno
della ritenuta aggravante, la pluralità e la sequenza dei contatti
tentati dall’indagato, sia il giorno in cui si era svolta la procedura
esecutiva che successivamente, per indurre l’offeso — anche
attraverso l’opera di un terzo intermediario al quale l’Esposito
avrebbe dichiarato di non volersi esporre in prima persona — a
recedere dall’intento di partecipare all’asta.
Per i medesimi estremi si contesta altresì dalla difesa la
violazione di legge (art. 7 legge n. 203 del 1991).
3.2.

Con il secondo motivo, il ricorrente fa valere l’illogicità

della motivazione (art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen.) nella
parte in cui l’impugnata ordinanza avrebbe apprezzato la condivisione
del metodo mafioso con gli altri indagati, per avere l’Esposito:
– richiesto l’intermediazione di un soggetto terzo, tale Giuseppe
Nocerino, non dotato di maggiore caratura mafiosa, ma anzi estraneo
ai circuiti camorristici;
– attribuito alla frase proferita dall’Esposito al Mocerino «io non
posso espormi» carattere sintomatico dell’indicata condivisione del
metodo mafioso, pur nella equivocità dell’affermazione;

3

informazioni testimoniali dall’offeso — che l’avvocato Esposito fosse

- ritenuto la mera richiesta di una bonaria intercessione come
evocativa della finalità mafiosa.
3.3.

Con il terzo motivo, la difesa fa valere mancanza di

motivazione in relazione ad elementi decisivi ai fini della ricostruzione
della vicenda.
Il Tribunale non avrebbe tenuto conto dei verbali degli
interrogatori resi da Tommaso Rega, Nicola Foria e Giuseppe Falco e,

e da quest’ultimo prodotte.
Da siffatti atti sarebbe emersa una alternativa ricostruzione dei
fatti.
I coindagati avrebbero infatti manifestato la loro sfiducia
nell’operato dell’avvocato Esposito, che assisteva il Rega nella
procedura d’incanto, esprimendo dubbi sul fatto che il professionista
fosse colluso con l’offeso, lucrando, l’Esposito, guadagni su ‘poveri
cristi’
I dichiaranti avrebbero altresì rappresentato che la minaccia
mafiosa più esplicita ed eclatante fosse stata portata presso il Nappo
da Nicola Foria, presunto camorrista, per salvaguardare gli interessi
del Rega dalla condotta sleale e fraudolenta dell’Esposito e quindi ai
danni ed all’insaputa di quest’ultimo.
3.4.

Con il quarto motivo, la difesa deduce l’erronea

applicazione della legge penale (art. 606, comma 1, lett. b), cod.
proc. pen., in relazione all’art. 274 lett. c) cod. proc. pen.).
Il Tribunale, per giustificare l’irrogazione della più afflittiva
misura degli arresti domiciliari, avrebbe illegittimamente valorizzato,
nel delineare i tratti negativi della personalità dell’indagato,
l’esistenza di un carico pendente (per truffe ai danni di compagnie di
assicurazione) senza apprezzarne, in concreto, il presupposto
comportamento, per il portato di cui all’art. 274 lett. c) cit.
Non sarebbe poi stata apprezzata la diversa natura, rispetto al
fatto contestato, della pendenza con conseguenti ricadute in ordine
alla concretezza ed attualità dell’assunto pericolo di recidivanza.

4

ancora, delle missive di Rega e Foria indirizzate al Pubblico Ministero

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Per il primo motivo, il ricorrente denuncia il travisamento della
prova.
Per l’indicato motivo, per il percorso impugnatorio segnato dalla
giurisprudenza di legittimità e la conseguente ascrivibilità della
promossa censura nel vizio di motivazione, si lamenta che i giudici

prova che non esiste, o meglio su un risultato di prova
incontestabilmente diverso da quello reale, sarebbero incorsi, nel
carattere dirimente ai fini della decisione della prova stessa, in
manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del
provvedimento impugnato nel confronto con altro atto del processo
specificamente indicato nel motivo di gravame (Sez. 5, n. 39048 del
25/09/2007, Casavola, Rv. 238215).
Il motivo è manifestamente infondato e come tale inammissibile.
Della dedotta fattispecie difetta il carattere ‘decisivo’ della prova.
I giudici della cautela ricostruiscono i gravi indizi di colpevolezza
della contestata aggravante del metodo mafioso in capo all’indagato,
in ragione di un composito quadro indiziarlo.
In siffatto quadro convergono con le dichiarazioni dell’offeso,
quelle del legale di questi, avvocato Carrella, e di tale Mocerino
Esposito, il tutto secondo un percorso argomentativo che è diretto a
dare evidenza ad una pluralità di episodi, nel loro complesso
significativi, nei termini di cui all’art. 273 cod. proc. pen., dell’indicata
condizione generale di applicabilità della misura.
La platea delle prove si apre infatti a segmenti temporali
precedenti e successivi all’incontro intervenuto il 29 maggio 2015 nei
locali del Tribunale di Noia ed alla ivi dedotta presenza del legale alla
minaccia.
Come la giurisprudenza di legittimità ha chiarito, secondo definito
indirìzzo interpretativo, il metodo mafioso comporta che l’agente
ponga in essere una condotta idonea ad esercitare una particolare
coartazione psicologica su una o più persone determinate,
apertamente violate, nella loro libertà e tranquillità, con i caratteri

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dell’appello cautelare, fondando il proprio convincimento su una

propri dell’intimidazione derivante dall’organizzazione criminale della
specie considerata (Sez. 1, n. 1327 del 18/03/1994, Torcasio, Rv.
197430), evocativa della forza tipicamente mafiosa del vincolo
associativo (Sez. 2, n. 16053 del 25/03/2015, Campanella, Rv.
263525).
Sull’indicata premessa, l’ordinanza impugnata compone un
articolato quadro di partecipazione dell’indagato al metodo ed al

In detta cornice rientrano, quali significativi indici: l’insistenza
dimostrata dall’Esposito nel formulare nei locali del Tribunale una
pluralità di offerte di denaro, nel corso della mattinata del 29 maggio
2015, perché il Nappo desistesse dal rilanciare nel corso dell’incanto;
l”accerchiamentd, nell’indicato contesto, operato dal professionista
e dai suoi clienti, Rega e Falco, del medesimo Nappo, nella mattinata
del 29 maggio; l’attivazione dell’indagato presso terzi affinché il
Nappo abbandonasse la gara, riuscendo il primo nell’intento
attraverso l’opera spiegata dal Mocerino che, su sollecitazione
dell’Esposito, si presentò all’offeso con tale Nicola Foria il quale,
dichiaratosi fratello del boss di zona Salvatore ed effettivo
proprietario dell’immobile oggetto di procedura, rappresentò all’offeso
che voleva rientrare nel possesso dell’immobile, dichiarando che «lo
avrebbe lasciato per terra», se non ci fossero state le telecamere.
Il distendersi dell’apprezzata condotta per una pluralità di
iniziative assunte in differenti contesti spazio-temporali oltre
all’episodio svoltosi in Tribunale, denuncia, come congruamente
ritenuto dai giudici del riesame, l’accompagnarsi all’osservata
condotta della consapevolezza dell’indagato di agire per l’indicata
finalità.
L’utilizzo da parte dell’Esposito della frase, pronunciata nel corso
del sollecitato intervento del terzo, «io non posso espormi», non si
qualifica poi come modalità ‘neutra’, ma rinviene, nella più volte
citata cornice di definizione, un ben più peculiare significato, che
risulta indagato in modo logico e conducente, che non si apprezza
quindi in termini di carenza o di manifesta illogicità della motivazione,
dal Tribunale dell’impugnata ordinanza.

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programma camorristico contestato.

Nell’indicato compendio indiziario, il dedotto travisamento dovuto
alla ritenuta presenza, da parte del collegio del Riesame,
dell’avvocato Esposito allorché il proprio cliente ebbe a minacciare di
morte il Nappo nei corridoi del Tribunale civile non vale infatti a
tradursi in una caduta logica della spesa motivazione, che
risulterebbe in tal modo privata della capacità stessa, di sostenere le
raggiunte conclusioni in punto di gravi indizi della contestata

Piuttosto, la contraria conclusione riposando sulla segnalata
pluralità indiziaria attribuisce carattere di manifesta infondatezza alla
portata critica anche per Il cennato ulteriore profilo della violazione di
legge.

2. Il secondo motivo è anch’esso manifestamente infondato e
quindi inammissibile.
La critica spesa, diretta ad infirmare la valenza indiziarla
dell’episodio dell’intercessione sollecitata dall’Esposito al Mocerino
presso il Nappo non è concludente, non giungendo ad evidenziare,
per proposte alternative letture, del ragionamento osservato dal
Tribunale discontinuità logiche, integrative della sintomatica figura
della illogicità manifesta.
La volontà espressa in detto contesto dall’indagato di non «poter
esporsi» è stata infatti apprezzata dal Tribunale, per ragionamento
che non si presta a scrutinio di legittimità, come espressiva di cautele
da parte del legale e, con le prime, della consapevolezza del
medesimo del rilievo criminale rivestito nella complessiva vicenda da
tutti i protagonisti.
Il dedotto, dalla difesa, ruolo del terzo chiamato a far da
intermediario quale mero paciere risulta del tutto contraddetto dagli
esiti, come valorizzati in motivazione, di quel medesimo intervento,
significativamente tradottosi nel contatto tra il Nappo ed il Foria,
germano di un boss della camorra.

3. Il terzo motivo resta anch’esso inammissibilmente proposto,
risultando lo stesso sostenuto da una interpretazione dell’acquisito

7

aggravante.

dato indiziario non destinata a porsi, di nuovo, come ragionevole ed
alternativa lettura (così per la finalità della minaccia mafiosa diretta a
tutelare le ragioni del Rega e del Falco nei confronti dell’avvocato
Esposito ormai avvertito dai primi come infedele patrocinatore degli
interessi dei loro interessi) rispetto a quella fatta propria del
Tribunale che, all’esito, non viene quindi infirmata nelle raggiunte

4. Il quarto motivo è inammissibile per aspecificità.
Per lo stesso infatti la difesa conduce una contestazione parziale,
tutta incentrata sulla eccentricità, rispetto ai fatti contestati, della
pendenza, argomento non destinato, come tale, a travolgere la più
articolata motivazione offerta dall’impugnato provvedimento.
Secondo constante indirizzo della Corte, la mancanza di
specificità dei motivi non evoca soltanto le categoria dell’astrattezza e
della genericità, ma anche la mancata di correlazione tra le ragioni
della decisione e quelle di critica contenute in ricorso.
L’ignoranza delle motivazioni portate nell’impugnata decisione è
destinata infatti a tradursi in vizio di aspecificità e quindi di
inammissibilità della critica stessa, ai sensi dell’art. 591, comma 1,
lett. c) cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 39598 del 30/09/2004, Burzotta;
Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, Bricchetti; Sez. 2, n. 11951 del
29/01/2014, Lavorato).

5. Il ricorso è quindi, nel suo complesso, inammissibile.

6. All’indicata pronuncia si accompagna, per legge (art. 616 cod.
proc. pen.), la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che
si reputa equo stimare in euro 1.500,00, per i profili di colpa che si
apprezzano connotare l’assunta iniziativa processuale.

8

conclusioni.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.500,00 in
favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti previsti dall’art. 28

Così deciso in Roma, il 15/04/2016

Il Consigliere estensore

Il Pre idente

Reg. esec. cod. proc. pen.

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