Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22820 del 16/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22820 Anno 2014
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DELL’OLIO GIOACCHINO N. IL 05/06/1967
avverso la sentenza n. 1632/2008 CORTE APPELLO di BARI, del
25/09/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 16/01/2014

Ritenuto in fatto

1. La Corte d’Appello di Bari con sentenza emessa il 25 settembre 2012
riformava parzialmente quella del Tribunale di Trani del 24 ottobre 2007, che
all’esito del giudizio abbreviato aveva condannato Gioacchino Dell’Olio alla pena di
mesi dieci di reclusione, in quanto ritenuto colpevole dei reati di guida senza
patente e di violazione delle prescrizioni inerenti la misura di prevenzione della
sorveglianza speciale di p.s. con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per

conduzione di un veicolo in assenza della prescritta abilitazione ed il possesso di un
telefono cellulare funzionante, in Bisceglie il 22 ottobre 2007. Per l’effetto, la Corte
di Appello riduceva la pena inflittagli a mesi otto e giorni venti di reclusione e
confermava nel resto la sentenza impugnata.
2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato
personalmente, il quale ha lamentato:
a) mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione per avere la
Corte di Appello disposto la confisca del telefono cellulare sebbene si fosse trattato
di confisca facoltativa e non fosse stata fornita alcuna motivazione per la relativa
statuizione;
b) illogicità della motivazione in ordine alla determinazione della pena inflitta,
stabilita nel minimo edittale, ma con un aumento per continuazione eccessivo
rispetto all’assenza di gravità e di allarme sociale della condotta.

Considerato in diritto

L’impugnazione è inammissibile perché basata su motivi manifestamente
infondati.
1.11 primo motivo di ricorso pone questione che è stata sollevata per la prima
volta nel giudizio di legittimità e non con i motivi di appello, le cui censure si erano
limitate a contestare la commisurazione della pena e la sua eccessiva severità;
pertanto, la stessa non può essere presa in alcuna considerazione per il divieto di
cui all’art. 606 cod. proc. pen., comma terzo.
1.1 Inoltre, la sentenza impugnata ha già ridotto la sanzione inflitta dal primo
giudice, commisurandola al minimo edittale ed applicando a titolo di continuazione
l’aumento di un mese di reclusione; ha così provveduto, richiamando i criteri dettati
dalla norma di cui all’art. 133 cod. pen. e ha ritenuto conforme a giustizia il
trattamento punitivo così stabilito in entità oggettivamente molto contenuta e
niente affatto sproporzionata rispetto alla valutazione di modesta gravità dei fatti.
In tal modo ha giustificato l’esercizio dei poteri discrezionali di apprezzamento degli
1

avere violato l’obbligo di vivere onestamente e di rispettare le leggi mediante la

illeciti e di dosimetria della pena, mentre il ricorso prospetta al riguardo una
censura generica che lamenta l’eccessività dell’aumento per continuazione,
sollecitandone una diversa considerazione da parte di questa Corte, ossia
un’operazione cognitiva che è preclusa nel giudizio di legittimità.
L’impugnazione va quindi dichiarata inammissibile con la conseguente
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo
ipotesi di esonero – al versamento di una somma alla Cassa delle Ammende, che si

P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2014.

stima equo determinare in C 1.000,00, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..

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