Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22819 del 15/04/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 22819 Anno 2016
Presidente: FIDELBO GIORGIO
Relatore: RICCIARELLI MASSIMO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
Tinnirello Gaetano, nato a Palermo 16/01/1946

Avverso l’ordinanza del 11/01/2016 del Tribunale di Palermo

Visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso,
Sentita la relazione svolta dal consigliere Massimo Ricciarelli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Luigi
Birritteri, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
Udito il difensore, Avv. Giovanni Di Benedetto, anche in sostituzione dell’Avv. Ida
Giganti, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza dell’11/1/2016 il Tribunale di Palermo ha confermato
quella in data 19/12/2015 con cui il G.I.P. del Tribunale di Palermo ha applicato
nei confronti di Tinnirello Gaetano la misura cautelare della custodia in carcere
per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen.
Il Tribunale ha in particolare ravvisato la gravità indiziaria sulla base delle
dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia Flamia Sergio Rosario e Zarcone

Data Udienza: 15/04/2016

Antonino, che ha ritenuto assistite da idonei riscontri, inerenti al ruolo avuto dal
Tinnirello nel favorire la latitanza di Messicati Vitale Antonino a Bali e a quello da
lui avuto in riferimento ad un’estorsione compiuta in danno di Torres Mario.
Il Tribunale ha altresì rilevato che il Tinnirello aveva in concreto dispiegato
funzioni rientranti in un determinato e preciso ruolo all’interno
dell’organizzazione mafiosa, in tal senso deponendo le dichiarazioni dei

mandamento di Brancaccio e la famiglia di Villabate, nonché in altri contesti di
contrapposizione, come il dissidio Li Causi-Marciano, propalazioni riscontrate
dalle acquisizioni di P.G. e che apparivano dimostrative del ruolo di consigliere
che il Tinnirello avrebbe svolto in favore di soggetti di primario rilievo.

2. Ha presentato ricorso il Tinnirello tramite i suoi difensori.
2.1. Con unico articolato motivo deduce violazione di legge e vizio di
motivazione in ordine ai gravi indizi di colpevolezza, in relazione agli artt. 192
cod. proc. pen. e 416-bis cod., agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett. b), ed e),
cod. proc. pen.
Osserva che con memoria difensiva era stata sottolineata la necessità di
individuare specifiche condotte attraverso le quali si sarebbe realizzata per facta
concludentia la partecipazione del Tinnirello al sodalizio criminoso e con le quali
avrebbe contribuito alla sua conservazione e rafforzamento.
Relativamente ai riscontri individuati, il Tribunale aveva peraltro fornito una
motivazione contraddittoria e tale da violare i canoni di valutazione della prova di
cui all’art. 192, comma 3, cod. proc. pen., oltre che da costituire erronea
applicazione dell’art. 416-bis cod. pen.
L’ospitalità fornita dal Tinnirello al Messicati risaliva ad epoca anteriore a
quella in cui era stata emessa ordinanza applicativa di misura cautelare a carico
del Messicati, il quale non si sarebbe potuto dunque reputare latitante: a fronte
di ciò indebitamente e contraddittoriamente il Tribunale, dopo aver posto in luce
l’asserito rilevante contributo apportato nella gestione della latitanza del
Messicati, aveva riconosciuto che durante l’effettiva latitanza non vi erano stati
contatti tra i due.
L’assunto del Tribunale secondo cui la difesa non avrebbe dimostrato la
falsità delle dichiarazioni dei collaboratori costituiva una violazione del canone di
valutazione dettato dall’art. 192 cod. proc. pen. posto che era onere dell’accusa
trovare elementi di riscontro.
Quanto alle dichiarazioni di Zarcone secondo cui la latitanza di Messicati non
era stata improvvisa ma preordinata e decisa in una riunione precedente agli
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collaboratori anche in ordine al ruolo di mediazione nelle tensioni tra il

arresti di Pedro, non era stato in primo luogo attestato che il Tinnirello avesse
preso parte a quegli accordi e in secondo luogo era semmai risultato che il
Messicati avrebbe dovuto restare in Italia, non essendo utile al sodalizio una fuga
all’estero, da dove non avrebbe potuto gestire il mandamento, risultando al
riguardo che la permanenza del Messicati a Bali era considerata una
villeggiatura, fermo restando che non avrebbe potuto assumere connotazione di

custodiale e che non avrebbe potuto considerarsi rilevante la frequentazione di
un membro del sodalizio, a prescindere da un fattivo contributo alla vita del
sodalizio medesimo.
Quanto poi ai rapporti tra il Tinnirello e il Messicati in italia, il tema era
tratteggiato solo da generiche dichiarazioni dello Zarcone prive di riscontri.
2.2. Il Tribunale aveva inoltre indebitamente disatteso l’osservazione
difensiva secondo cui le dichiarazioni del Flamia non avrebbero potuto
considerarsi riscontro di quelle dello Zarcone, in quanto, con la sola eccezione
delle notizie riguardanti la presenza del Messicati a Bali, per il resto il Flamia non
costituiva fonte autonoma, avendo riferito quanto appreso dallo stesso Zarcone.
Pur convenendo con il rilievo, il Tribunale aveva rilevato che erano stati
comunque acquisiti riscontri attraverso gli accertamenti di polizia giudiziaria e
aveva valorizzato la «reciproca corrispondenza logica e storico-rappresentativa»
delle dichiarazioni dei due collaboranti, sostenendo che il Tinnirello era rientrato
nel medesimo contesto associativo, ripristinando contatti con vari esponenti
mafiosi e assumendo il ruolo di raccordo tra le famiglie e i diversi mandamenti, e
segnalando come il Flamia e lo Zarcone avessero indicato nel Tinnirello un
personaggio di rilievo verticistico.
Ma proprio su tali punti il Flamia si era limitato a fornire informazioni
provenienti da Zarcone, con conseguente violazione dei principi in tema di
valutazione dei riscontri ai sensi dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen.
2.3. Relativamente al riscontro rappresentato dall’episodio riguardante
l’estorsione in danno di Torres Mario, il ricorrente rileva come fosse stato
sottolineato in sede di riesame che a carico del Tinnirello per tale episodio non
era stata elevata alcuna specifica contestazione, non potendo dunque lo stesso
assurgere al rango di riscontro della partecipazione al sodalizio.
Tale osservazione era stata ignorata dal Tribunale, incorso dunque nel vizio
di omessa motivazione sul punto.
Ma soprattutto il Tribunale aveva omesso di rispondere all’ulteriore
doglianza inerente alla mancanza di idonei riscontri individualizzanti, tali non
potendosi considerare la parentela tra Torres e Tinnirello, i contatti telefonici tra
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illiceità il contatto con soggetto non ancora raggiunto da provvedimento

familiari del Tinnirello e il Torres o familiari di costui e l’incontro che sarebbe
avvenuto nel novembre 2008 tra Tinnirello, Zarcone e tale Calderone Onofrio e
in ordine al quale lo stesso Zarcone aveva segnalato che non si era parlato di
altro che di un possibile progetto di lottizzazione.
Peraltro non si trattava di elementi idonei a raggiungere la persona
dell’incolpato in relazione allo specifico fatto attribuito, cosicché il considerarli
riscontri si sarebbe tradotto in un errore di diritto.

Onofrio, che secondo lo Zarcone aveva ritirato una parte della somma
consegnata dal Torres presso l’autosalone nel quale lavorava: lo Zarcone lo
aveva indicato facendo riferimento peraltro ad elementi che erano riconducibili
ad un altro soggetto omonimo, cioè al Calderone, classe ’56, che aveva
partecipato alla riunione del novembre 2008, non corrispondente al Calderone,
detto Nuccio, classe ’54, che aveva un autosalone in via Diaz.
Non si spiegava dunque come Zarcone potesse aver fornito quelle
indicazioni, a fronte del fatto che aveva asserito di aver ricevuto le buste
contenenti il denaro da soggetto da lui veduto personalmente.
Il Tribunale sul punto aveva parlato di un equivoco non risolto, ma in
concreto non dirimente, alla resa dei conti non affrontando l’argomento e per
contro continuando a riproporre l’accertamento dei contatti ad Altavilla Milicia tra
Tinnirello e Calderone, classe ’56, come riscontro delle dichiarazioni dello
Zarcone che aveva invece indicato il Calderone, classe ’54 con riferimento alla
ricezione delle buste col denaro.
2.5. Quanto a specifiche condotte di mediazione tenute dal Tinnirello, il
ricorrente segnala che, come si evince anche dall’ordinanza genetica, il Flamia
non aveva detto alcunché circa i contrasti tra il mandamento Brancaccio e la
famiglia di Villabate, mentre le dichiarazioni dello Zarcone erano prive di
riscontri, altrettanto dovendosi affermare anche per il generico ruolo di
consigliere di cui aveva parlato solo Zarcone.
Il Tribunale aveva dunque fatto riferimento indebitamente alla convergenza
delle dichiarazioni, peraltro richiamando I”ordinanza genetica che smentiva
l’assunto.
Quanto all’episodio di Villa Giuditta, lo Zarcone non aveva attribuito al
Tinnirello alcun ruolo, mentre Flamia non ne aveva parlato.
Peraltro, a fronte del richiamo fatto dal Tribunale all’ordinanza genetica, era
stato dedotto in sede di riesame che non era emerso l’interesse del Tinnirello,
che lo stesso aveva avuto rapporti con Conti e Lesto solo per il rapporto di
parentela con il Conti, che le indagini difensive avevano fatto emergere un dato
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2.4. Vi era poi la questione riguardante l’esatta individuazione del Calderone

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confliggente con il ruolo attribuito al Tinnirello, cioè che la ditta Ceramica Futura
dei figli del ricorrente aveva effettuato forniture in favore di Villa Giuditta,
rimaste impagate.
Tali deduzioni non erano state prese in considerazione, in violazione
dell’obbligo gravante non solo sul G.I.P. ma anche sul Tribunale di fornire
l’autonoma valutazione dei motivi per cui sono ritenuti non rilevanti gli elementi

2.6. Il Tribunale aveva peraltro omesso di fornire risposta ai rilievi difensivi
circa l’inconferenza dei dati desumibili da altre, precedenti indagini, che non
avevano riguardato il Tinnirello e che neppure il G.I.P. aveva valorizzato.
2.7. Infine il Tribunale aveva fornito una motivazione solo apparente in
ordine al tema dell’estromissione del Tinnirello da Cosa Nostra dopo i fatti per cui
era stato condannato, avendo ritenuto che l’estromissione fosse legata solo al
dubbio che il predetto potesse collaborare e avesse riguardato un periodo
precedente ai fatti per cui è processo, mentre sul punto erano state formulate
osservazioni cui non era stata data risposta: in particolare era stato segnalato
che Bonaccorso, collaboratore dal 2008, aveva indicato Tinnirello come soggetto
defilato, che il giudizio di inaffidabilità del Tinnirello non era venuto meno, tanto
che Flamia aveva parlato del disappunto di Lauricella al solo sentirlo nominare, le
dichiarazioni di Drago, acquisite in sede di indagini difensive, avevano dimostrato
che l’estromissione non era dipesa da una possibile collaborazione ma da una
condotta poco consona, tanto da essere individuato come soggetto da eliminare.
2.8. In conclusione il ricorrente rimarca l’erronea applicazione della
disciplina in materia di chiamata di correo, l’inaccettabile valorizzazione di
condotte che non avevano formato oggetto di contestazione, la contraddittorietà
della motivazione in ordine al rilievo dato all’asserita protezione della latitanza di
Messicati, il riferimento a condotte pienamente lecite, come quella relativa
all’ospitalità fornita al Messicati, prima della sua effettiva latitanza, la mancanza
di risposta alle deduzioni difensive, il travisamento di alcuni elementi di prova.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato, poiché nel suo complesso non confuta gli argomenti
necessari per sostenere la gravità indiziaria, anche se per taluni aspetti, in
concreto non decisivi, le valutazioni dei Giudici di merito non sono esaustive.

2. In primo luogo va rimarcato come la partecipazione al sodalizio di tipo
mafioso postuli l’individuazione di un ruolo dinamico e funzionale, che connoti il
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forniti dalla difesa.

prender parte all’associazione e alle sue finalità (Cass. Sez. U. n. 33748 del
12/7/2005, Mannino, rv. 231670).
Tale ruolo, conformemente a quanto forma oggetto della contestazione
provvisoria, è stato individuato nel ruolo strategico assunto dal Tinnirello, dopo
aver finito di scontare una precedente condanna per il reato di cui all’art. 416-bis
cod. pen., consistito nello svolgere la funzione di consigliere dei personaggi di

dei mandamenti.
Nel caso di specie non era necessario accreditare l’affiliazione, attesa la
precedente condanna, ma individuare il concreto agire per gli interessi del
sodalizio: l’assunto accusatorio sotto tale profilo risponde ai canoni normativi.

3. In concreto quel ruolo è stato asseverato da una pluralità di elementi,
primariamente costituiti dalle dichiarazioni dei collaboratori Zarcone e Flamia.
Le censure sollevate nel ricorso a questo riguardo non colgono nel segno.
3.1. Il Tribunale ha compiuto una sua analisi, peraltro richiamando nel suo
complesso l’ordinanza genetica.
E’ stato dunque posto in luce come Zarcone avesse conosciuto il Tinnirello,
quale vecchio uomo d’onore, apparentemente ai margini ma in realtà influente,
ancor prima dell’arresto di Pino Scaduto, e avesse conservato gelosamente quel
rapporto allorché egli aveva assunto le redini del mandamento di Bagheria, nel
quadro di un’intesa con l’altro esponente di rilievo Messicati Vitale Antonino della
famiglia di Villabate.
A detta dello Zarcone, secondo quanto emerge dall’ordinanza genetica, il
Tinnirello aveva contatti importanti anche con altri mafiosi di rilievo, quale
Caporrimo Giulio.
Fra l’altro secondo lo Zarcone il Tinnirello era stato coinvolto dallo stesso
Zarcone e da Messicati Vitale Antonino anche quando si era trattato di contenere
le mire egemoniche di Nino Sacco su Villabate, ciò che avrebbe potuto scatenare
una guerra.
3.2. Dal canto suo il collaboratore Flamia ha fornito una versione del tutto
collimante in ordine al ruolo del Tinnirello.
Si è sostenuto che in realtà, salvo quanto si rileverà a proposito dell’ausilio
fornito a Messicati Vitale a Bali, il Flamia non avrebbe potuto considerarsi alla
stregua di una fonte autonoma, poiché aveva riportato quanto appreso dallo
Zarcone e non avrebbe dunque potuto riscontrare le dichiarazioni di costui.
Ma tale impostazione non è corretta, perché non tiene esattamente conto
del nucleo essenziale delle propalazioni del Flamia.
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vertice, occupandosi delle problematiche che potevano emergere nella gestione

Costui, per quanto riferito dai Giudici di merito, ha sostenuto che in una fase
in cui si palesava come imminente o comunque largamente prevedibile l’arresto
dello Zarcone, si era rivolto a quest’ultimo per chiedergli che cosa, in
quell’eventualità, avrebbe dovuto fare: lo Zarcone in sintesi gli aveva risposto,
come riportato anche dal Tribunale, che la chiave di tutte le porte a Palermo era
zio Tanino, cioè il Tinnirello, e che se avesse avuto bisogno ben avrebbe potuto

In questo caso la propalazione del Flamia non avrebbe potuto intendersi alla
stregua di una dichiarazione «de relato», in quanto essa era autonomamente
rappresentativa di un fatto, da individuarsi in una sorta di «affidavit» che lo
Zarcone aveva formulato con riguardo al Tinnirello.
Quella affermazione dello Zarcone, era dunque in sé autonomamente
valutabile, quale elemento oggettivamente rappresentato

hic et nunc,

e

valorizzabile come patrimonio del sodalizio, messo a disposizione del Flamia, per
il caso di bisogno.
Ma in concreto, attraverso la dichiarazione del Flamia, che aveva dato conto
di quel fatto, veniva a trovare un preciso riscontro individualizzante l’intero
racconto dello Zarcone, incentrato proprio sul ruolo di consigliere che il Tinnirello
aveva assunto all’interno del sodalizio mafioso.

4. Peraltro i riscontri delle dichiarazioni dello Zarcone sono plurimi e
rilevanti.
La difesa ha cercato di confutare l’argomento tratto dall’aiuto fornito dal
Tinnirello a Messicati Vitale Antonino, rifugiatosi a Bali, presso un alloggio
fornitogli proprio dal Tinnirello.
Il fatto può considerarsi pacifico in base agli elementi di prova ampiamente
riportati anche dal Tribunale alle pagg. 7, 11 e 12 (fra l’altro le convergenti
dichiarazioni del Flamia e dello Zarcone, le conversazioni intercettate, il
rinvenimento di una foto che raffigura a Bali il Messicati in compagnia del
Tinnirello).
Si è però sostenuto che al momento dell’aiuto il Messicati Vitale era ancora
un uomo libero, essendo stata emessa a suo carico ordinanza custodiale solo il
17/4/2012.
Ma in realtà si è già detto che il Messicati ricopriva un ruolo di vertice con lo
Zarcone.
Peraltro il Tinnirello svolgeva la funzione di consigliere e importante
referente per entrambi, tanto da essere stato messo sull’avviso dai predetti nel

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rivolgersi a lui.

momento in cui si erano manifestate le intenzioni egemoniche di Sacco Nino
(ord. genetica a pag. 799).
Ciò evidentemente implica che il ricorrente avesse piena consapevolezza del
ruolo e della caratura del Messicati, il che fa apparire corretta sul punto la
valutazione del Tribunale, suffragata anche dal fatto che il predetto Messicati
aveva riportato già condanna definitiva nel 2000 per appartenenza a sodalizio

In tale quadro la circostanza, ampiamente posta in evidenza dal Tribunale,
che il Tinnirello avesse consentito al Messicati di nascondersi per qualche tempo
presso un alloggio da lui fornito a Bali, in una fase in cui costui temeva
concretamente di poter essere tratto in arresto, anche se non vi era ancora
un’ordinanza restrittiva, costituisce non un elemento neutro, bensì un preciso
riscontro della vicinanza del Tinnirello a tali personaggi e del ruolo da lui assunto,
per come rappresentato sia dallo Zarcone sia dal Flamia, nei termini indicati.
Non disarticola tale ragionamento l’assunto difensivo secondo cui era
interesse del sodalizio che il Messicati si nascondesse semmai in Italia, visto che
comunque in quella fase si trattava di assicurare un nascondiglio sicuro, al fine di
impedire che il Messicati fosse tratto in arresto, elemento di certo in linea con il
ruolo strategico comunque rivestito dal ricorrente.

5. Ma dall’ordinanza genetica, così come richiamata dal Tribunale, è dato
desumere ulteriori riscontri oggettivi del ruolo del Tinnirello, che prescindono
dalle dichiarazioni dei collaboratori ed emergono soprattutto da intercettazioni
telefoniche disposte in altri procedimenti.
E’ sufficiente fra gli altri richiamare l’episodio del contrasto tra Li Causi e i
Marcianò, emerso nell’ambito dell’indagine «Oscar» (pagg. 808 e segg.
dell’ordinanza genetica), che ha posto in luce i contatti tra il Tinnirello, il Li Causi
Giovanni e Caporrimo Giulio, ad ulteriore conferma degli assunti dello Zarcone, e
ha consentito di appurare che il Tinnirello, considerato anziano mafioso assai
importante , era stato invocato proprio allo scopo di sedare un contrasto,
facendo valere la sua autorevolezza al cospetto di altro personaggio (pag. 815).
Tutto dunque milita nella stessa direzione e vale a suffragare l’assunto
accusatorio, primariamente sostenuto dalle convergenti propalazioni dello
Zarcone e del Flamia, anche a prescindere dalle pur suggestive risultanze dei
contatti intercorsi nella vicenda c.d. di Villa Giuditta.

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mafioso.

6. A fronte di ciò non ha rilievo il tentativo della difesa di svilire il ruolo del
Tinnirello sulla base del fatto che si trattava di soggetto giudicato inaffidabile e
da tempo defilato.
In realtà l’ordinanza genetica riporta le dichiarazioni del collaboratore Di
Filippo, a detta del quale si era diffusa negli anni ’90 la voce che il Tinnirello
intendesse collaborare, il che lo aveva posto in una situazione di sostanziale

Dal canto suo il collaboratore Bonaccorso, secondo quanto riportato
nell’ordinanza genetica, ha sostenuto che il Tinnirello era stato oggetto di
«tragedie», che lo avevano coinvolto, additandolo come presunto collaboratore,
e gli avevano precluso di assumere una posizione di reggenza, posto che sarebbe
stata in teoria la persona con più requisiti. Peraltro il Tinnirello, secondo il
Bonaccorso, aveva saputo mettere a disposizione le sue ricchezze e capacità
imprenditoriali a servizio del sodalizio.
Quanto al Flamia, è emerso che egli aveva parlato del Tinnirello a tali Di
Salvo e Lauricella, con quest’ultimo che si era mostrato contrariato del ruolo di
cui il Flamia gli aveva parlato, considerandolo una sorta di «sbirro».
Tali dichiarazioni confermano certamente le voci diffusesi sul conto del
Tinnirello, ma al tempo stesso disvelano la piena genuinità e credibilità delle
dichiarazioni accusatorie, posto che il Flamia aveva sì registrato quel dissenso
ma aveva in quel lasso di tempo avuto dallo Zarcone quella sorta di «affidavit»
sul conto del ricorrente, di cui aveva poi parlato al suo interlocutore, fermo
restando che il Tinnirello, per quanto può ricostruirsi sulla base del quadro
indiziario raccolto ed esaminato dai giudici di merito, era apprezzato da uomini di
vertice, come Pino Scaduto prima e come Zarcone poi, mantenendosi in
posizione defilata ma mostrandosi disponibile ad uscire allo scoperto nel caso in
cui ve ne fosse bisogno (secondo Zarcone, pag. 789 dell’ordinanza genetica,
«non una figura che si esponeva più di tanto, per cose serie poteva pure uscire
fuori»).
In sostanza le censure sollevate dalla difesa a questo riguardo non sono
idonee a confutare gli assunti dei Giudici di merito in ordine alla concludenza
delle propalazioni a carico e alla concretezza del ruolo svolto dal ricorrente.

7. Ben altro spessore assumono i rilievi difensivi con riguardo alla vicenda
dell’estorsione Torres.
In questo caso deve rimarcarsi l’ambiguità del riferimento fatto dallo
Zarcone al ruolo di Calderone Onofrio classe ’54, confuso a tratti con Calderone
Onofrio classe ’56, nipote del Tinnirello.
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isolamento, anche se poi lo stesso era stato riabilitato.

Inoltre deve segnalarsi che i pretesi riscontri delle dichiarazioni accusatorie
dello Zarcone sul punto risultano generici, consistendo in contatti telefonici, che
peraltro risultano agevolmente spiegabili con i rapporti di parentela tra i soggetti,
essendo lo stesso Torres un partente del Tinnirello.
Va subito detto che il profilo di ambiguità, rimasto allo stato non chiarito,
non vale a disarticolare la credibilità complessiva del collaboratore, trattandosi di

il travolgimento del senso complessivo delle propalazioni, fermo restando che la
vicenda ha già formato oggetto di condanna a carico anche dello Zarcone, che ha
confessato il proprio ruolo.
Quanto alla mancata conferma del ruolo del Tinnirello in tale vicenda, va
osservato come al ricorrente non sia stata neppure mossa la specifica accusa di
concorso nell’estorsione, il che suffraga la debolezza del preteso riscontro.
Peraltro il ruolo dinamico e funzionale del Tinnirello risulta essersi altrimenti
manifestato, a prescindere dal citato episodio, essendo stati tratteggiati dai
Giudici di merito elementi, ricostruiti in modo non manifestamente illogico,
certamente rappresentativi del credito che il Tinnirello aveva e della veste di
consigliere e mediatore in situazioni di fibrillazione da lui in concreto assunta.
Il pur articolato ricorso risulta dunque complessivamente infondato,
resistendo il giudizio di gravità indiziaria già posto alla base dell’ordinanza
genetica e poi fatto proprio dal Tribunale.

8. Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 15/4/2016

episodio che ben può essere frazionatamente valutato, senza che da esso derivi

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