Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22818 del 16/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22818 Anno 2014
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CARELLA NICOLA N. IL 13/12/1977
avverso la sentenza n. 1031/2010 CORTE APPELLO di BARI, del
13/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 16/01/2014

Ritenuto in fatto

1. La Corte d’Appello di Bari con sentenza emessa il 13 novembre 2012
riformava parzialmente quella del Tribunale di Bari del 16 ottobre 2009, che aveva
condannato Nicola Carella alla pena di anno uno e mesi quattro reclusione, in
quanto ritenuto colpevole del delitto di cui all’art. 9, comma 2 della L. n. 1423 del
1956, contestatogli per avere violato la misura di prevenzione della sorveglianza
speciale di p.s. con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per essersi

pena inflitta all’imputato ad anno uno di reclusione.
2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato
a mezzo del suo difensore, il quale ha lamentato erronea applicazione della legge
penale e mancanza di motivazione in relazione al disposto dell’art. 192 cod. proc.
pen.: la Corte di Appello aveva ritenuto integrato il delitto ascritto all’imputato
nonostante il difetto, argomentato con i motivi di appello, del requisito
dell’abitualità della frequentazione di soggetti pregiudicati, mentre nel caso di
specie l’imputato era stato individuato in compagnia di pregiudicati in tempi e
luoghi diversi, ma in modo occasionale. In merito a tali circostanze la sentenza
impugnata aveva risposto col richiamo a quanto esposto in quella di primo grado,
incorrendo nel vizio di omessa motivazione.

Considerato in diritto

L’impugnazione è inammissibile perché basata su motivi manifestamente
infondati.
1.Le argomentazioni difensive sviluppate in ricorso si risolvono, infatti, nella
sostanziale riproposizione nel presente giudizio di legittimità delle questioni già
esaminate e decise dai giudici di appello con motivazione concisa, ma immune da
vizi logici o giuridici, che richiama in modo corretto e pertinente l’orientamento
interpretativo della giurisprudenza di legittimità.
1.1 In particolare, questa Corte ha da tempo sostenuto che la condotta
dell’associarsi abitualmente con pregiudicati da parte di soggetto sottoposto alla
misura di prevenzione della sorveglianza speciale di p.s. è integrata da una
frequentazione ripetuta nel tempo e per abitudine a prescindere dall’essere
accomunato a soggetti pericolosi dagli stessi intenti criminosi o da un vincolo
stabile; in altri termini, è la reiterazione degli incontri e dei rapporti con tali
categorie di persone a rendere penalmente rilevante il contegno del sorvegliato
speciale, senza sia richiesto che la frequentazione riguardi sempre le stesse
persone e nelle stesse condizioni di tempo e luogo (Cass. sez. 1, n. 16789 dele
1

associato con pregiudicati. Per l’effetto, aveva escluso la continuazione e ridotto la

8/04/2008, P.G. in proc. Danisi, rv. 240120; sez. 1, n. 46915 del 10/11/2009,
Linaris, rv. 245687; sez. 1, n. 41712 del 19/10/2005, P.G. in proc. La Neve, rv.
232875; sez. 1, n. 13886 del 22/09/1999, Russo G, rv. 215786). Resta, invece,
escluso che la sua violazione sia integrata da un unico fatto episodico.
1.2 Nel caso di specie al ricorrente risultano contestati dieci diversi episodi
contrari alla prescrizione in esame, sicchè la condotta non può ritenersi episodica ed
irrilevante ed è già ampiamente sufficiente ad integrare la fattispecie criminosa
ascrittagli; non risponde al vero dunque che la sentenza impugnata non abbia

carente motivazione, avendo evidenziato gli elementi di fatto sui quali ha fondato il
giudizio di responsabilità ed applicato correttamente i principi di diritti enucleati
dalla giurisprudenza di legittimità.
L’impugnazione va quindi dichiarata inammissibile con la conseguente
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo
ipotesi di esonero – al versamento di una somma alla Cassa delle Ammende, che si
stima equo determinare in C 1.000,00

p~,

ai sensi dell’art. 616 cod. proc.

pen..

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2014.

replicato ai rilievi mossi con l’atto di appello e sia incorsa nel vizio di omessa o

(lei&

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