Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22817 del 15/04/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 22817 Anno 2016
Presidente: FIDELBO GIORGIO
Relatore: SCALIA LAURA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Aletta Michele, nato a Orta di Atella, il 27/12/1958

avverso l’ordinanza del

2016 del Tribunale Napoli

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Laura Scalia;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Luigi Birritteri, che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso;
udito il difensore, avv. Mario Griffo, che ha concluso per l’accoglimento
del ricorso.

Data Udienza: 15/04/2016

RITENUTO IN FATTO

1.11 Tribunale di Napoli, con ordinanza in data Enriatzo 2016, ha
rigettato l’appello cautelare proposto da Michele Aletta avverso il
provvedimento con cui il Giudice per le indagini preliminari aveva
disatteso la richiesta di revoca, per dedotta mancanza dei gravi indizi
di colpevolezza del reato di cui all’art. 416-bis cod. pen.

camorristico denominata ‘clan dei Casalesi’, attiva sull’intera area
della provincia di Caserta), previo espletamento dell’interrogatorio
dell’indagato (art. 299, comma 3 ter, cod. proc. pen.), della misura

della custodia in carcere.
Quest’ultima, applicata al ricorrente per provvedimento Gip del 1
settembre 2015, era stata confermata dal Tribunale di Napoli in sede
di riesame ed era divenuta definitiva, per declaratoria di
inammissibilità del relativo ricorso della Corte di cassazione, il
successivo 9 febbraio 2016.
Il Tribunale del Riesame ha così apprezzato le doglianze proposte
dal ricorrente come meramente reiterative di quelle già oggetto del
precedente fase del riesame e, condividendo il giudizio espresso sul
punto dal Giudice per le indagini preliminari, ha ritenuto gli elementi
portati a sostegno della revoca come preesistenti e, come tali, non
idonei, nel carattere valutativo dai medesimi rivestito, a sostenere un
mutamento del fatto diretto a superare l’intervenuto ‘giudicato
cautelare’.
In siffatta valutazione, il Tribunale ha ricompreso sia la
consulenza di parte dell’intercettazione ambientale n. 2398 del 29
aprile 2011, per il contenuto della relativa trascrizione, che la diversa
lettura del compendio indiziario, costituito dalle dichiarazioni dei
collaboratori di giustizia, offerta dalla difesa dell’Aletta.

2. Avverso l’indicato provvedimento propone ricorso per
cassazione il difensore di fiducia di Michele Aletta.
La difesa dell’indagato censura l’ordinanza del Tribunale che, pur
avendo ritenuto preclusa la rivalutazione dei gravi indizi di

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(partecipazione alla ‘fazione Russo’ dell’associazione di stampo

colpevolezza per intervenuta formazione del ‘giudicato cautelare’, non
era poi contraddittoriamente pervenuta ad una pronuncia di
inammissibilità del ricorso cautelare, omettendo comunque di
confrontarsi con le allegazioni difensive.
Il ricorrente deduce infatti la proponibilità, in ogni tempo, di una
istanza di revoca/modifica di misura cautelare in forza di fatti sui
quali non sia ‘comunque’ formato il giudicato cautelare in quanto mai

Poiché il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa nella
pregressa fase del riesame era stato proposto sulla diversa
circostanza del mancato rilascio del supporto magnetico contenente
la conversazione intercettata del 24 aprile 2011 e sull’erronea
identificazione dell’Aletta e non, invece, sui contenuti di quella
conversazione, sarebbe stato per ciò stesso possibile proporre
successivamente una istanza di revoca o modifica avente ad oggetto
la contestazione di quei contenuti.
Evidenza, quest’ultima, deduce la difesa, contenuta nello stesso
art. 299 cod. proc. pen. laddove è previsto, al primo comma, la
revoca della misura coercitiva «anche» per fatti sopravvenuti e quindi
— sia per le condizioni di applicabilità previste dall’art. 273 cod. proc.
pen. che per le esigenze cautelari di cui all’art. 274 cod. proc. pen. —
avuto riguardo sia ai fatti sopravvenuti che a quelli originari e coevi
all’ordinanza impositiva ove assistiti da una valutazione
eventualmente diversa rispetto a quella condotta in sede di prima
applicazione.
Sull’indicata premessa, il difensore dell’Aletta articola quindi più
compiutamente due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, si lamenta violazione di legge
sostanziale e processuale e vizio di motivazione (art. 606, lett. b), c)
ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 121, 124, 273 cod. proc.
pen. e 416-bis cod. pen.).
L’ordinanza impugnata sarebbe censurabile perché, in punto di
motivazione, non si sarebbe confrontata con l’alternativa e letterale
interpretazione della conversazione del 29 aprile 2011 fornita dalla

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oggetto di pronuncia giurisdizionale.

difesa, limitandosi, la prima, a richiamare sul punto il provvedimento
emesso in sede di riesame.
Deduce il ricorrente come dell’originario provvedimento adottato
in sede di riesame i passaggi, pure presenti, favorevoli all’indagato ed
evidenziati nei motivi di appello, avrebbero dovuto essere sottoposti
alla prova di resistenza in ragione del novum rappresentato dalla
trascrizione integrale della conversazione telefonica.

impugnata per violazione di legge sostanziale e processuale e vizio di
motivazione (art. 606, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., in relazione
agli artt. 121, 124, 273, 310 cod. proc. pen. e 416-bis cod. pen.) per
non avere il Tribunale di Napoli, in sede di appello, rivalutato le
dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia già oggetto
dell’ordinanza del riesame per i significati prospettati in ricorso.

3. La difesa dell’Aletta ha depositato memoria contenente ‘Motivi
nuovi’, allegando all’atto la decisione adottata dal Tribunale di Napoli,
in sede di riesame, il 1 ottobre 2015, diretta, nei suoi contenuti, a
sostenere l’assunto difensivo che alcun ‘giudicato cautelare’ si fosse
formato in ordine ai contenuti della captazione in data 29 aprile 2011.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito indicate.

2. Premessa di ogni articolato motivo, è, nelle argomentazioni
sviluppate dalla difesa, che l’effetto preclusivo formatosi sul
precedente giudizio cautelare, quello del riesame della misura, non
investirebbe i contenuti della intercettazione ambientale n. 2398 del
29 aprile 2011.
Si deduce sul punto che la Cassazione, alla cui declaratoria di
inammissibilità del relativo ricorso si deve la formazione della
‘preclusione cautelare’, sarebbe stata investita, e si sarebbe così
pronunciata, solo della diversa circostanza in ordine al mancato
rilascio alla difesa del supporto magnetico contenente, nella sua

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2.2. Con il secondo motivo la ricorrente censura l’ordinanza

integralità, la conversazione intercettata del 24 aprile 2011 (art. 309,
commi 5 e 10, cod. proc. pen.) e sull’erronea identificazione
dell’Aletta e non, invece, sul diverso tema dei contenuti di quella
conversazione.
Siffatta evidenza porterebbe alla formazione di un giudicato
cautelare che, definito dai segnati e limitat , termini, non
precluderebbe la successiva proposizione di una nuova istanza di

cautelare estranei all’indicata pronuncia.

3. La premessa è manifestamente errata in fatto.
Il Tribunale del Riesame aveva infatti già valutato i contenuti
della conversazione del 29 aprile 2011; il dato è tranquillamente
ricostruibile dal testo dell’ordinanza in questa sede impugnata nonché
dallo stesso provvedimento emesso in sede di riesame ed allegato
dalla difesa con la memoria contenente i motivi nuovi (art. 311 cod.
proc. pen.).
Si qualifica pertanto, secondo quella consequenzialità logica
voluta dalla difesa in ricorso, manifestamente errato il principio per il
quale in caso di istanza di revoca è necessario che il giudice della
cautela svolga una nuova valutazione sia dei gravi indizi che delle
esigenze cautelari.
E resta invece fermo il principio, di cui ha fatto corretta
applicazione il Tribunale di Napoli, per il quale: in materia di revoca o
modifica di un precedente provvedimento cautelare, l’illegittimità del
rigetto frapposto in sede di appello rimane circoscritta alle ipotesi in
cui il giudice opponga l’esistenza di un giudicato cautelare senza
fornire adeguata motivazione, a fronte di fatti sopravvenuti correlati
agli sviluppi delle indagini.
L’inciso «anche per fatti sopravvenuti» impone infatti che, su
detta premessa di certa valenza fattuale, il giudice della cautela
proceda ad una rivalutazione globale del quadro di gravità indiziarla,
della persistenza delle esigenze cautelari o della loro attenuazione e,
ancora, della proporzione della misura adottata all’entità del fatto o

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revoca cautelare diretta ad evidenziare profili dell’accertamento

alla sanzione irrogabile (Cass. Sez. 1, n. 45379 del 27/10/2004,
Saraceni, Rv. 231025).
Ove poi il giudice richiesto della revoca di una misura cautelare
personale, rispetto alla quale sia già stata proposta istanza di
riesame a suo tempo disattesa, escluda l’intervento di fatti nuovi, atti
a modificare l’originario quadro indiziarlo e le correlate esigenze
cautelari, egli non ha alcuno specifico onere di motivazione né in

cautelari, come in precedenza ritenuti e fatti oggetto di valutazione
(Sez. 6, n. 35647 del 15/04/2003, Matichecchia, Rv. 226323).

4. Attesa l’indicata premessa, il Tribunale dell’appello cautelare
ha fatto corretta applicazione del principio per il quale differenti
letture, e quindi interpretazioni, di un medesimo dato probatorio non
sostengono un apprezzabile mutamento del maturato giudicato
cautelare (Sez. 5, n. 17986 del 09/01/2009, Massone Brega, Rv.
243974).
La consulenza di parte, infatti, nella valenza eminentemente
valutativa della stessa, non integra gli estremi della ‘novità’
legittimanti in astratto, come tali, la revoca della misura, costituendo,
piuttosto, la prima, in quanto mero strumento tecnico, il mezzo per
cui meglio valutare ed interpretare i fatti posti a base del processo
(Sez. 5, n. 17986 cit.).
L’esclusione della ‘novità’ del fatto sottrae poi fondatezza
all’ulteriore profilo di censura, di più squisita valenza logicomotivatoria, dedotto dalla difesa e quindi al lamentato mancato
confronto, condotto secondo prova di resistenza, tra la lettura
originariamente ritenuta in sede di riesame della conversazione
captata e quella fatta propria dalla consulenza di parte.

5. Il secondo motivo di ricorso è del pari infondato.
Allo stesso si legano infatti, e di nuovo, dati puramente valutativi
che non possono, come tali, dare contenuto a quel presupposto di
‘novità’ che deve necessariamente accompagnarsi ad ogni richiesta di
revoca o modifica di adottate misure cautelari.

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ordine ai gravi indizi di colpevolezza, né in ordine alle esigenze

Tale è la diversa interpretazione offerta dalla difesa delle
dichiarazioni rese dai collaboranti ed intese, nella precedente fase
cautelare, come dirette a comporre il necessario compendio di prova.

6. Il ricorso va quindi, nel suo complesso, rigettato, seguendo a
siffatta statuizione, per legge (art. 616 cod. proc. pen.), la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e gli adempimenti

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94-1 ter
Disp. Att. cod. proc. pen.

Così deciso in Roma, il 15/04/2016

Il Consigliere estensore

Il Préls idente

da curarsi dalla Cancelleria (art. 94-1 ter Disp. Att. cod. proc. pen. ).

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