Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22815 del 16/01/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Ord. Sez. 7 Num. 22815 Anno 2014
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CASTIGLIONI RICCARDO N. IL 28/06/1979
avverso la sentenza n. 1910/2011 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
31/05/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 16/01/2014

Ritenuto in fatto

1. La Corte d’Appello di Firenze con sentenza emessa il 31 maggio 2012
confermava quella del G.U.P. del Tribunale di Pistoia del 28 settembre 2010, che
all’esito del giudizio celebrato nelle forme del rito abbreviato, unificati i reati nel
vincolo della continuazione, aveva condannato Riccardo Castiglioni alla pena di
anno uno e mesi quattro di reclusione, in quanto ritenuto colpevole del delitto di cui
all’art. 9, comma 2 della L. n. 1423 del 1956, contestatogli per avere violato la

nel comune di residenza per essersi recato al di fuori di tale comune in orario non
consentito dall’autorizzazione a svolgere attività lavorativa nelle date del 22 e del
25 settembre 2009.
2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato
a mezzo del difensore, il quale ha lamentato l’illogicità della motivazione per avere
la Corte di merito affermato la sussistenza dell’elemento psicologico del reato, in
realtà carente per entrambi gli episodi contestati, in quanto per quello del 25
settembre 2009, se non poteva negarsi che egli era uscito dal domicilio senza
essersi recato al lavoro ed aveva avuto una violenta discussione con un collega, ciò
nonostante aveva agito in buona fede, perché nel pomeriggio del giorno stesso si
era recato dai Carabinieri per chiedere conto delle ragioni del loro intervento e,
richiesto di fare rientro all’abitazione, si era ripresentato una seconda volta in
caserma per ottenere le informazioni richieste.
Anche per l’altro episodio, non si era tenuto conto che lo stesso si era
verificato appena tre giorni dopo il rilascio dell’autorizzazione a svolgere attività
lavorativa, per cui era verosimile che egli non ne avesse compreso il significato e le
relative prescrizioni.

Considerato in diritto

L’impugnazione è inammissibile perché basata su motivi manifestamente
infondati.
1.Le argomentazioni difensive sviluppate in ricorso si risolvono, infatti, nella
sostanziale riproposizione nel presente giudizio di legittimità delle questioni già
esaminate e decise dai giudici di appello con motivazione concisa, ma immune da
vizi logici o giuridici, senza indicare alcuna significativa circostanza che evidenzi
nella sentenza impugnata un’effettiva violazione delle regole in tema di valutazione
della prova o comunque una manifesta contrarietà alle regole della logica e della
non contraddizione.

1

4

misura di prevenzione della sorveglianza speciale di p.s. con obbligo di soggiorno

1.1 In particolare, la Corte territoriale ha già preso in considerazione le
obiezioni relative alla mancanza dell’elemento psicologico del reato e ha ritenuto
che l’imputato avesse consapevolmente violato le prescrizioni che gli imponevano di
uscire dal domicilio soltanto in orari determinati ed esclusivamente per svolgere
attività lavorativa; al contrario, è certo che egli il 25 settembre 2009, già ubriaco, si
era recato non a lavorare, ma a litigare con un collega di lavoro, il quale aveva
avvertito il datore di lavoro della sua mancata presenza in cantiere e, perciò, era
stato aggredito, tanto da aver richiesto l’intervento dei Carabinieri. Nessuna

vedere, perché antecedente, con quanto compiuto nel pomeriggio dello stesso
giorno, allorchè il Castiglioni per due volte si era recato in caserma dai Carabinieri
al di fuori dell’orario che gli consentiva di uscire dall’abitazione per chiedere
informazioni sulle ragioni del loro intervento, esigenza in realtà insussistente o che
comunque poteva essere soddisfatta con una richiesta scritta senza violare gli
obblighi impostigli. Né può dirsi che egli non fosse stato consapevole di tale
infrazione, posto che i militari cui si era rivolto già alla prima visita lo avevano
invitato a fare rientro all’abitazione e ad attenersi alle prescrizioni impostegli,
mentre egli aveva preferito perseguire nel suo intento a dispetto della sollecitazione
rivoltagli.
1.2 Quanto al primo episodio, dalla sentenza impugnata risulta che egli alle
ore 11.00 di mattina si era trattenuto con un soggetto pregiudicato all’esterno di un
bar in orario nel quale avrebbe dovuto recarsi al lavoro, obbligo che aveva ben
presente, dal momento che l’autorizzazione gli era stata rilasciata su sua richiesta,
mentre il fatto che gli fosse stato notificato il relativo provvedimento appena due
giorni prima è stato ritenuto ininfluente, dal momento che la condotta tenuta era
divergente da quella obbligatoria e non occorreva alcuno sforzo per comprenderne
l’illiceità.
1.2 Per contro il ricorso si limita a sostenere in modo generico la mancata
consapevolezza di violare le prescrizioni inerenti la misura di prevenzione, ma da un
lato ripropone argomenti già disattesi con motivazione congrua, dall’altro invoca
una presunta buona fede che non è ancorata ad alcun dato fattuale ocidimostrativo,
ma si traduce in una mera allegazione sfornita di riscontro, quindi del tutto
insufficiente ad incrinare la tenuta logica del percorso motivazionale della decisione
gravata, che resiste alle censure che le sono state mosse, generiche e del tutto
prive di fondamento. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo
ipotesi di esonero – al versamento di una somma alla Cassa delle Ammende, che si
stima equo determinare in € 1.000,00 casual), ai sensi dell’art. 616 cod. proc.
pen..

2

giustificazione è stata addotta per tale comportamento, che non ha nulla a che

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle
Ammende.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2014.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA