Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22810 del 16/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22810 Anno 2014
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MIGLIACCIO GIUSEPPE N. IL 29/09/1988
avverso l’ordinanza n. 34/2012 GIP TRIBUNALE di CREMONA, del
20/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA
SEVERINA CAPRIOGLIO;

Data Udienza: 16/01/2014

Ritenuto in fatto e in diritto.

Con ordinanza emessa il giorno 20.12.2012, il Tribunale di Cremona, in
composizione monocratica ed in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza
formulata da MIGLIACCIO Giuseppe di applicazione del regime del reato continuato,
relativamente ai reati di rapina di cui alle sentenze bup Tribunale di Cremona 31.3.2011
e Oup Tribunale di Palermo, passata in giudicato il 27.5.2011, sul presupposto che per

vennero consumati in detta città solo perché il prevenuto fu ammesso agli arresti
domiciliari dopo essere stato arrestato per la rapina commessa in Cremona, con il che
non poteva essere ritenuto che questi avesse già programmato ab origine la successiva
intrapresa criminale, ipotizzando di essere arrestato.

Avverso tale ordinanza, ha proposto ricorso per cassazione il prevenuto, pel
tramite del difensore, per lamentare violazione ed erronea applicazione della legge
penale, nonché illogicità della motivazione: il giudice avrebbe dovuto considerare che le
due azioni criminose erano state commesse a breve distanza di tempo, che si trattava
di fatti di identica natura e commessi con identiche modalità; veniva aggiunto che la
sola distanza topografica non era di per sé ostativa a ravvisare il vincolo unitario.

Il ricorso è basato su motivi manifestamente infondati. Il giudice dell’esecuzione
ha esaminato le due sentenze e rilevato l’assoluta mancanza di ancoraggio per poter
desumere la sussistenza di un’unica ideazione,definita nei suoi particolari quanto meno
di massima, laddove i singoli reati devono essere valutati come frutto di stimolazioni a
delinquere, non riconducibili ad una progettazione unitaria;che detta progettazione non
risultava assolutamente provata alla luce della distanza spaziale fra i fatti, segno di una
autonomia di stimolazione, tanto più che la seconda azione venne commessa dopo che
l’istante era stato collocato agli arresti domiciliari in Palermo, circostanza questa che
certamente l’interessato non poteva prevedere al momento in cui progettò di fare la
prima rapina. La valutazione operata non si espone a critiche in termini di
inadeguatezza del discorso giustificativo, poiché correttamente non è stata valorizzata
l’omogeneità delle azioni, che di per sé è caratteristica troppo generica per accreditare
l’unitarietà, soprattutto a fronte di circostanze molto particolari in cui fu consumata la
seconda azione che neutralizzano il dato della vicinanza temporale dei fatti. Non può
infatti essere confusa l’unicità di disegno (che deve abbracciare tutti i reati che
dell’ideazione siano esecutivi e che debbono essere delineati nelle loro linee essenziali)
con la soggettiva tendenza a delinquere, anche se focalizzata in un determinato tipo di
reati, nel senso che la continuazione non può essere confusa con il diverso concetto
dell’attuazione di uno stile di vita dedito al delitto.

2.

quanto le due condanne abbiano avuto ad oggetto fatti di rapina, quelli di Palermo

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità al versamento a
favore della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare
in euro mille, ai sensi dell’ art. 616 c.p.p.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa della ammende.
Così deciso in Roma, 16 Gennaio 2014.

p.q.m.

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