Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22809 del 06/02/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22809 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAVALLO ALDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BONA EZIO N. IL 02/12/1957
avverso il decreto n. 13/2011 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
08/02/201L
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;

Data Udienza: 06/02/2013

Ritenuto in fatto
– che la Corte di Appello di Brescia, con il decreto indicato in epigrafe, rigettava
l’appello proposto da Bona Ezio avverso il decreto emesso dal Tribunale della
sede che disponeva nei confronti dell’appellante la misura di prevenzione della
sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, per la durata di anni tre;

– che avverso tale provvedimento ha proposto ricorso il difensore del proposto,

determinazione della durata della misura, ritenuta eccessiva, e per l’imposizione
dell’obbligo di dimora, in particolare relativamente all’assunto secondo cui il
ricorrente ritraesse il proprio sostentamento dallo svolgimento di attività illecite
risultando i redditi percepiti dallo stesso a partire dal 1998 incompatibili, ad
avviso dei giudici di merito, con il possesso di plurime autovetture, indicate nel
provvedimento, avendo i giudici di merito, in particolare, del tutto
incongruamente ritenuto implausibile la giustificazione fornita dal ricorrente
relativamente alla «Intestazione» di dette vetture, secondo cui ciò sarebbe
avvenuto in vista di successiva rivendita venivano al ricorrente solo
formalmente, svolgendo lo stesso attività di carrozziere, nonché il dato che le
vetture in questione erano tutte usate, sicché difettavano le condizioni per
l’applicazione della misura di prevenzione;

Considerato in diritto
– che l’impugnazione è inammissibile perché basata su motivi non consentiti
dalla legge, atteso che la legge 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 4, comma 11,
consente alla parte interessata di ricorrere per Cassazione solo per violazione di
legge;

– che in particolare, come più volte chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte,
occorre considerare che il vizio di motivazione può assurgere a violazione di
legge soltanto quando si risolva nell’assoluta mancanza, sotto il profilo letterale o
concettuale, di qualsiasi argomentazione a sostegno della pronunzia (art. 111
Cost. e art. 125 c.p.p.) ovvero consista nell’esposizione di ragioni che nulla
hanno a che vedere con l’oggetto dell’indagine, in guisa da rendere
assolutamente incomprensibile l’iter logico seguito dal giudice;

– che tali casi sono estranei alla fattispecie in esame, tenuto conto che la Corte

deducendone l’illegittimità per vizio di motivazione, oltre che per la

d’Appello, ha fornito un’adeguata illustrazione delle ragioni del proprio
convincimento circa la legittimità del decreto riguardante il prevenuto, senza
incorrere in errori dl diritto, ne’ in grossolane incongruenze, evidenziando che la
sussistenza di una pericolosità sociale del proposto, emergeva dalle condanne
riportate per gravi delitti (detenzione illegale di sostanza stupefacente, cocaina,
Importata dalla Colombia in quantitativi anche rilevanti), dalle risultanze
investigative, anche a carattere patrimoniale;

appare non censurabile in sede di legittimità, in quanto basato sull’esame della
personalità del soggetto, sulla commissione di reati, anche di particolare gravità
ed in epoca non remota (2006 e 2008) e sugli stretti rapporti intrattenuti con
ambienti criminali, a fronte dei quali, la non plausibile giustificazione addotta
circa l’intestazione di numerosi veicoli di lusso, si rivela circostanza inidonea ad
inficiare la gravità e la concordanza degli altri elementi;

– che alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di
esonero – al versamento di una somma alla cassa delle ammende, congruamente
determinabile in C 1000,00;

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di C 1000,00 alla Cassa delle
Ammende
Così deciso in Roma, Il 6 febbraio 2013.

– che in tale ambito il giudizio di pericolosità espresso nel decreto impugnato,

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