Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22807 del 26/04/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 22807 Anno 2016
Presidente: CARCANO DOMENICO
Relatore: CRISCUOLO ANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Haramliyska Boyka, nata in Bulgaria il 12/06/1980

avverso la sentenza del 29/01/2014 della Corte di appello di Milano

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Criscuolo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Maria
Francesca Loy, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, avv. Thumiger Anna Caterina, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Milano, in parziale
riforma della sentenza del Tribunale di Milano, emessa il 10/07/2001 nei
confronti di Haramliysk Boyka, ha assolto l’imputata dai reati di detenzione e
porto illegale di arma da guerra e relativo munizionamento e di ricettazione della
stessa per non aver commesso il fatto, e ha rideterminato in anni 4 e mesi 6 di

Data Udienza: 26/04/2016

reclusione la pena per il reato di associazione finalizzata all’importazione di
stupefacenti del tipo cocaina ed eroina, commesso in Milano e altrove fino al
giugno 1999.
I giudici di merito hanno ritenuto provata la partecipazione dell’imputata,
sebbene con ruolo marginale, all’associazione per delinquere finalizzata al traffico
di stupefacenti nella quale rivestiva un ruolo apicale il convivente dell’imputata
Bardhi Alban, condannato con sentenza irrevocabile. Hanno ritenuto che proprio
la condizione di clandestinità, la giovane età, l’assenza di fonti di reddito ed il

intraneità al sodalizio, in quanto la Boyka era al corrente dei traffici del
convivente, dei viaggi finalizzati all’acquisto delle partite di droga, della
conclusione degli affari e della necessità della trasferta olandese del compagno in
sostituzione del Tola Altin, che non era riuscito a trasportare tutto il carico.
Hanno valorizzato la vicenda del sequestro di kg 1680 di eroina, trasportati a
bordo della nave Tirana dal coimputato Deda Xorxh detto Genti, che dopo aver
affidato il carico ad un complice, il marinaio Mihal, raggiungeva in treno la città
di Milano, ove veniva prelevato dal Bardhi e dalla Boyka, che lo accompagnavano
in provincia di Como in piena notte. Veniva sottolineato che l’appartamento in cui
la coppia conviveva era luogo di riferimento per l’associazione, come dimostrato
dalla circostanza che gli occupanti dell’appartamento, i fratelli Bardhi tra cui la
Boyka, dopo l’arresto della complice Szabò Melinda, trovata il 27 maggio 99 in
possesso di 3 kg di eroina, trovarono riparo presso altro sodale; che il convivente
utilizzava il cellulare dell’imputata per le comunicazioni con i complici; che in
merito alla vicenda della detenzione dell’arma da guerra, trasferita da un sodale
nell’appartamento in cui conviveva l’imputata con il Bardhi ed i fratelli di questi
le intercettazioni rivelavano che il Bardhi aveva incaricato l’imputata di
controllare i movimenti della polizia sul balcone ove l’arma, di cui si erano disfatti
i sodali, era caduta.

2. Avverso la sentenza propone ricorso il difensore dell’imputata, che ne
chiede l’annullamento per i seguenti motivi:
– erronea applicazione degli art. 192, comma 2, cod. proc. pen. e 74 DPR
309/90: la Corte ha ritenuto la partecipazione dell’imputata al sodalizio
nonostante l’assoluzione dall’unico reato fine contestatole e dai reati in materia
di armi, valorizzando elementi non dotati della necessaria gravità e precisione, in
quanto giustificati dal rapporto sentimentale, che legava la ricorrente al Bardhi, e
minimamente indicativi di un contributo utile fornito alla vita dell’associazione;
– erronea applicazione di legge e carenza ed illogicità della motivazione in
relazione alla ritenuta partecipazione ad un’associazione armata: si rileva che

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rapporto sentimentale con il Bardhi costituivano elementi integranti la sua

l’unica arma emersa nel corso delle indagini è la pistola ritrovata a seguito della
denuncia di Dega Sami, che ne attribuiva il possesso ad Ymeri Agim e non al
sodalizio; peraltro, proprio il Bardhi tranquillizzava l’imputata, dicendole che non
era loro e la stessa Corte di appello ha ritenuto sussistente un ragionevole
dubbio sull’effettiva riferibilità dell’arma alla sfera detentiva della giovane e sulla
consapevolezza della sua esistenza e l’ha assolta da tale accusa. Illogicamente la
Corte non ha, però, escluso l’aggravante in capo all’imputata, non essendo stato
provato in alcun modo che l’arma fosse a disposizione dell’associazione e non del

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
La Corte di appello ha assolto l’imputata dai reati fine, ma ha desunto la
partecipazione all’associazione da elementi scarsamente significativi, tenuto
conto del rapporto che la legava al Bardhi, al vertice del sodalizio, e della
condizione di sudditanza rispetto allo stesso, trattandosi di una giovane
clandestina senza mezzi e punti di riferimento.
In tale contesto la conoscenza dei traffici e degli affari trattati dal
convivente, la conoscenza degli altri componenti dell’associazione, la convivenza
nell’appartamento di via Donatello 19, dove si rifugiò l’Ymeri per trasferirvi
l’arma e sottrarla alla perquisizione in corso presso la sua abitazione, al pari della
trasferta notturna insieme al Bardhi per accompagnare il sodale, che aveva
trasportato il carico di stupefacenti dall’Albania, risultano elementi scarsamente
significativi della ritenuta partecipazione all’associazione, in mancanza di un
contributo o di un apporto concreto alla realizzazione del programma criminoso.
Considerato, infatti, che la partecipazione alla trasferta notturna del sodale,
che aveva trasportato lo stupefacente dall’Albania, ma lo aveva lasciato ad altro
sodale a Brindisi, risulta scarsamente significativa sia perché l’imputata è stata
assolta dall’episodio di importazione sia perché viaggiava insieme al compagno in
assenza di carico ed al solo fine di accompagnarlo in un breve spostamento,
anche l’episodio del trasferimento della pistola nell’appartamento in cui
conviveva con il Bardhi non risulta indicativo della partecipazione
all’associazione, tenuto conto della stessa valutazione della Corte di appello, che
ha escluso che l’imputata sapesse dell’esistenza della pistola ed anche le
indicazioni del Bardhi di controllare i movimenti della polizia dimostrano soltanto
che l’imputata eseguiva le direttive del compagno, che, al contempo, la
rassicurava, dicendole di non preoccuparsi in quanto l’arma non apparteneva a
loro.

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solo Ymeri.

E’ pertanto, contraddittoria la valutazione della Corte di appello in ordine alla
sussistenza dell’aggravante anche per l’imputata.
Risultano, altresì, scarsamente significative sia la circostanza che in due sole
occasioni il Bardhi avesse utilizzato il cellulare dell’imputata per trattare affari
illeciti, trattandosi di comportamento normale tra fidanzati, che risulta neutro in
mancanza di elementi che provino la consapevole messa a disposizione del
cellulare per agevolare il traffico illecito, sia la circostanza che l’imputata si fosse
trasferita in altra abitazione insieme ad altri componenti del gruppo dopo

una ragazza priva di altri punti di riferimento.
Pertanto, in assenza di condotte concrete, funzionali all’esistenza
dell’associazione ed indicative dell’adesione al sodalizio risulta ravvisabile la
mera connivenza, penalmente irrilevante, inevitabile per “la donna del capo”:
posizione che svilisce anche la rilevanza attribuita alla posizione fiduciaria
ricoperta.
Per le ragioni esposte la sentenza impugnata va annullata senza rinvio
perché l’imputata non ha commesso il fatto.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché l’imputata non ha
commesso il fatto.
Così deciso il 26/04/2016.

l’arresto della coimputata Giannina mentre il Bardhi era all’estero, trattandosi di

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