Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22803 del 26/04/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 22803 Anno 2016
Presidente: CARCANO DOMENICO
Relatore: RICCIARELLI MASSIMO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
Bertinetto Daniele, nato a Torino il 09/08/1956

Avverso la sentenza del 04/02/2014 della Corte di appello di Torino

Visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso,
Udita la relazione svolta dal consigliere Massimo Ricciarelli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale
Francesca Loy, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
Udito il difensore, Avv. Maurizio Vecchio, che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 4/3/2013 il Tribunale di Torino ha riconosciuto
Bertinetto Daniele colpevole del delitto di cui all’art. 372 cod. pen. -in relazione
al quale era contestata la recidiva reiterata-, concernente una falsa deposizione,
resa in data 27/9/2007 in un giudizio civile in merito ad un sinistro stradale: il
Giudice, con le attenuanti generiche, ha condannato l’imputato alla pena di anni
uno mesi quattro di reclusione.

Data Udienza: 26/04/2016

2. Con sentenza del 4/2/2014 la Corte di appello di Torino ha confermato
quella di primo grado.

3. Hanno proposto autonomi ricorsi i due difensori del Bertinetto.
3.1. Nel ricorso a firma dell’Avv. Maurizio Vecchio, con il primo motivo si

violazione della legge penale, agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed
e), cod. proc. pen., in relazione ai criteri di valutazione della consulenza tecnica
disposta nel processo civile, ai criteri di valutazione della prova indiziaria, alle
disposizioni dell’art. 192, comma 1 e 2, cod. proc. pen. e all’applicazione dell’art.
372 cod. pen.
Nel corso dell’istruttoria dibattimentale erano emersi due elementi che la
Corte territoriale aveva omesso di considerare: la deposizione testimoniale
dell’odierno imputato non era stata conforme a quella dell’attore della causa
civile e inoltre era stata omessa ogni indicazione in ordine al punto di
osservazione dell’imputato.
La Corte si era basata sulla certezza espressa dall’imputato in ordine alla
posizione finale dei veicoli, ritenuta rivelatrice della falsità della deposizione nel
presupposto che l’imputato non fosse stato presente al momento dei fatti, sul
rilievo che nel modello CAI redatto dalle parti non era stato indicato il nome del
teste, sugli esiti della consulenza tecnica esperita nel procedimento civile, che
avevano assunto rilievo decisivo.
Ma il Giudice penale avrebbe dovuto nuovamente valutare le risultanze di
tale consulenza, tanto più considerando che la stessa aveva avuto ad oggetto lo
stesso accertamento e non la mera valutazione dei fatti.
In sede penale si sarebbe dovuto attribuire rilievo al metodo di
accertamento, dovendosi poi inserire le valutazioni del consulente all’interno del
complessivo quadro probatorio.
In realtà non si sarebbe potuto ritenere che la consulenza avesse accertato
una realtà oggettiva, idonea al confronto con la deposizione del teste, ma al
contrario in quell’accertamento avrebbe dovuto includersi la stessa deposizione,
non potendosi dunque desumere la falsità dagli esiti dell’accertamento tecnico.
Erroneamente era stato ritenuto che fosse irrilevante accertare le condizioni
metereologiche al momento dei fatti, posto che uno degli indizi di maggior
spessore era costituito dalla CTU e dalla ricostruzione da questa offerta.

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deduce vizio di motivazione e inosservanza di norme processuali, nonché

Era contestabile il metodo di accertamento, posto che il consulente si era
basato solo su fotografie, la cui attendibilità avrebbe potuto dipendere dai fattori
più diversi.
Era in realtà illogico porre a fondamento della decisione la ricostruzione
fornita dal consulente e affermare l’ininfluenza del metodo di accertamento.
D’altro canto se il fatto era esistito e la ricostruzione di esso era stata il

alla sorprendente conclusione che un testimone, che aveva avuto contezza
dell’accaduto, potesse essere smentito da un’ipotesi ricostruttiva di carattere
tecnico compromessa da grossolani errori.
Non era neppure rilevante l’elemento della mancata indicazione del teste nel
modello CAI, visto che ciò si sarebbe potuto spiegare con il fatto stesso
dell’utilizzo del modello, implicante assunzione di responsabilità.
Erano stati nel complesso disattesi i canoni di valutazione della prova
indiziaria.
Era peraltro carente sul piano soggettivo la prova dell’intendimento
dell’agente di dire il falso.
3.2. Con il secondo motivo dello stesso ricorso si denuncia vizio di
motivazione e violazione di legge in ordine alla mancata esclusione della recidiva
in relazione agli artt. 99 e 133 cod. pen. agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett.
b) ed e), cod. proc. pen.
L’interesse a prospettare la questione discendeva dall’incidenza dell’istituto
della recidiva non solo in termini di aumento di pena ma anche ai fini
dell’accesso a benefici in tema di esecuzione delle pene detentive.
La Corte aveva ritenuto che il primo Giudice non avesse inteso escludere la
recidiva, ma solo riconoscere, peraltro

contra legem,

la prevalenza delle

attenuanti generiche.
In realtà dal dispositivo risultava che erano state concesse le attenuanti
generiche ma non era stata fatta menzione né della recidiva né del giudizio di
comparazione.
La prevalenza del dispositivo avrebbe dovuto condurre a ritenere che la
recidiva fosse stata esclusa.
In ogni caso non era stata effettuata una specifica valutazione dei
presupposti sostanziali della recidiva, in relazione agli indici a tal fine utilizzabili.
Ed anzi tali indici avrebbero dovuto condurre a non ravvisare elementi tali
da giustificare la concreta applicazione della recidiva e dei relativi effetti.

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frutto di un’ipotesi formulata con metodo oggettivamente errato, si era giunti

La Corte territoriale, pur investita della questione, non aveva valutato se la
ricaduta nel reato potesse reputarsi sintomatica di accresciuta colpevolezza e
maggiore pericolosità.
3.3. Con il primo motivo del ricorso a firma dell’Avv. Wilmer Perga si
denuncia vizio di motivazione agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod.
proc. pen.

Bertinetto, ben potendosi ritenere che egli avesse visto la posizione finale dopo
essersi fermato ed essere tornato indietro, quando le vetture erano state
spostate nella posizione da lui veduta.
La circostanza che la vettura fosse stata spinta dal furgone era stata una
sua deduzione.
Era illogica la rilevanza attribuita alla mancata inclusione del teste nel
modello CAI: la concitazione del momento e il particolare contesto sono elementi
che consentono di affermare che il conducente della vettura dopo aver ricevuto il
numero telefonico del teste solo successivamente lo avesse chiamato, così
apprendendo il suo nome.
Era altresì contraddittoria e illogica

l’affermazione circa

l’inutilità

dell’accertamento delle condizioni metereologiche, visto che non si era verificato
alcun contatto tra i mezzi: ma tale circostanza era stata accertata sulla base
della consulenza, da ritenersi totalmente inattendibile, posto che il consulente
aveva tratto informazioni circa le condizioni metereologiche da un sito
inattendibile.
Erroneamente inoltre non era stato considerato che la deposizione del
Bertinetto poteva essere dipesa da confusione dovuta al lasso di tempo
intercorso e al fatto che alla luce di alcuni elementi percepibili il predetto poteva
aver avuto concluso con assoluta certezza che il furgone avesse toccato la BMW
e che questa fosse finita fuori strada.
3.4. Con il secondo motivo del medesimo ricorso si deduce vizio di
motivazione in ordine alla mancata esclusione della recidiva.
La Corte aveva ritenuto corretta la decisione del primo Giudice alla luce dei
precedenti numerosi e seri: ma tale motivazione era illogica posto che di per sé
la recidiva postula pluralità di precedenti, essendo invece mancata la verifica in
concreto che la reiterazione dell’illecito fosse sintomo di maggiore riprovevolezza
e pericolosità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

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La Corte territoriale aveva travisato il contenuto della deposizione resa dal

1. I motivi che cercano di contrastare le valutazioni dei Giudici di merito in
ordine alla falsità della deposizione e alla decisività degli accertamenti tecnici
compiuti in sede civile sono inammissibili.

2. La Corte territoriale ha in particolare riprodotto la parte essenziale della
deposizione del Bertinetto, reputata falsa.

successiva posizione di quiete, con la vettura che, a detta del Bertinetto, era
«spaccicata» contro il guardrail di destra.
Ma in realtà i Giudici di merito hanno rilevato che la vettura dopo aver
strisciato contro il guardrail di destra si era fermata contro quello di sinistra e
che peraltro, alla luce della consulenza tecnica disposta nel giudizio civile, non
erano identificabili sull’autocarro zone d’urto compatibili con un urto tra il
furgone e la sagoma esterna limite anteriore sinistro della BMW, a dimostrazione
dell’assenza di qualsiasi urto tra i due veicoli.
Le censure rivolte contro la consulenza tecnica risultano del tutto generiche
o prive di qualsivoglia rilievo.
La circostanza che fossero state utilizzate delle fotografie, peraltro reputate
dal consulente tecnico interessanti, non vale di per sé ad insinuare fratture
logiche sulla concludenza delle valutazioni del consulente, in assenza di puntuali
deduzioni in ordine alla concreta inidoneità delle foto.
La circostanza che non fosse stata attribuita rilevanza alle condizioni
metereologiche, a fronte di un giudizio civile incentrato sul preteso urto tra i due
veicoli, ben si spiega sul piano logico con il fatto, segnalato dalla Corte
territoriale, che in realtà era stato in radice negato qualsivoglia urto, così da
rendere inconsistenti gli argomenti che avrebbero inteso accreditare una diversa
ricostruzione sulla base di fattori esterni.
A ben guardare non è stato specificamente censurato il metodo utilizzato,
che i Giudici di merito hanno reputato idoneo e dunque tale da condurre a
valutazioni di tipo tecnico pienamente attendibili. Del rest5 va rimarcato che
proprio sul piano della valutazione tecnica dei dati disponibili si è distinta la
consulenza svolta in sede civile, dalla quale è naturaliter derivata la ricostruzione
dell’episodio, incompatibile con la deposizione del Bertinetto.
Gli argomenti spesi nel ricorso finiscono per costituire formulazioni teoriche
che non si confrontano con l’effettivo contenuto della motivazione, essendo
altresì generico e astratto l’assunto contenuto nel ricorso a firma dell’Avv. Perga
secondo cui sarebbe stata travisata la deposizione del ricorrente, in realtà
spiegabile con l’ipotesi che i veicoli fossero stati spostati rispetto al momento in
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La stessa era volta ad attestare l’urto arrecato dal furgone alla vettura e la

cui il Bertinetto li aveva osservati: è sufficiente rilevare che la posizione di quiete
dei veicoli era stata diversa e incompatibile con quella descritta dal ricorrente,
ogni altra ricostruzione costituendo una mera inammissibile congettura, peraltro
non accreditata sulla base delle evidenze disponibili.
Analogo rilievo deve essere formulato per la puramente ipotetica eventualità
che il ricorrente si fosse confuso a distanza di tempo, posto che in realtà, come

risultato contrastante con la verità.
Operano ab extrinseco e dunque non valgono a scalfire la concludenza e
logicità della ricostruzione operata dai Giudici di merito i rilievi concernenti la non
piena sovrapponibilità tra le dichiarazioni del Bertinetto e quelle del conducente
della vettura che egli avrebbe inteso favorire, a proposito della posizione di
quiete.
Ciò non vale in effetti a disarticolare il giudizio circa la configurabilità della
falsità e la sussistenza del relativo elemento psicologico, l’una e l’altro attestati
dai Giudici di merito, anche a prescindere dall’argomento aggiuntivo e peraltro
suggestivo, costituito dalla mancata indicazione delle generalità del teste nel
modulo C.A.I. nell’immediatezza compilato dai conducenti.

3. E’ però fondato il secondo motivo formulato nel ricorso dell’Avv. Vecchio.
Al Bertinetto era stata contestata la recidiva reiterata.
Ma il primo Giudice ha irrogato la pena di anni uno mesi quattro, muovendo
da una pena base di anni due, ridotta per le generiche, senza esplicitazione del
giudizio di comparazione.
Solo in motivazione detto Giudice ha sostenuto che le generiche si sarebbero
dovute reputare prevalenti sulla recidiva.
La Corte territoriale ha a sua volta ritenuto che il primo Giudice non avesse
escluso la recidiva, ma sia pur erroneamente, a fronte di quanto previsto dall’art.
69, comma quarto, cod. pen., l’avesse giudicata sub-valente rispetto alle
concesse attenuanti generiche.
A ben guardare, posto che la recidiva non deve essere necessariamente
applicata, essa implicando una precisa e puntuale valutazione circa il concreto
significato che essa assume nella specifica vicenda, in quanto attesta una
maggior colpevolezza e/o una più marcata pericolosità del reo, è d’uopo
prendere atto che una siffatta valutazione da parte del Giudice di primo grado è
mancata, essendosi il Tribunale limitato a ridurre la pena per le concesse
generiche senza attestare la concreta applicazione della recidiva e senza
procedere in dispositivo ad alcun giudizio di comparazione, che peraltro ai sensi
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segnalato dai Giudici di merito, egli si era dichiarato certo di quanto dichiarato e

del citato art. 69, comma quarto, cod. pen., non avrebbe potuto condurre al
rilievo della prevalenza delle attenuanti.
In tale prospettiva deve darsi prevalente rilievo, in assenza di impugnazione
del Pubblico Ministero, al dispositivo, che rappresenta l’implicita valutazione di
non applicazione della recidiva, dovendosi escludere un mero errore materiale
che non giustificherebbe l’inammissibile giudizio di prevalenza delle attenuanti

A tal fine deve del resto richiamarsi l’orientamento secondo cui «In caso di
contrasto tra dispositivo e motivazione, qualora la divergenza dipenda da un
errore materiale contenuto nel dispositivo, e lo stesso sia obiettivamente
riconoscibile, è legittimo il ricorso alla motivazione per individuare l’errore
medesimo ed eliminarne i relativi effetti» (Cass. Sez. F., n. 35516 del
19/8/2013, Liuni, rv. 257203, Cass. Sez. 1, n. 4055 del 4/12/2012, dep. nel
2013, Mancini, rv. 254218): ne discende che, non essendo riconoscibile un
errore materiale, deve darsi assorbente rilievo al dispositivo, in sé corretto.
Ma una volta esclusa in concreto la contestata recidiva, deve prendersi atto
che è decorso per intero il termine massimo di prescrizione, pari ad anni sette e
mesi sei, a far data dalla deposizione del 27/9/2007: di qui l’annullamento senza
rinvio della sentenza impugnata, perché il reato è estinto per intervenuta
prescrizione.

P. Q. M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per
intervenuta prescrizione.
Così deciso il 26/4/2016

generiche sulla recidiva.

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