Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22802 del 26/04/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 22802 Anno 2016
Presidente: CARCANO DOMENICO
Relatore: CRISCUOLO ANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Amato Vincenzo, nato a Gioia Tauro il 04/09/1970

avverso la sentenza del 29/10/2013 della Corte di appello di Reggio Calabria

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Criscuolo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Maria Francesca Loy, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, avv. Francesco Oppedisano, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Reggio Calabria ha
confermato la sentenza emessa il 27/02/2013 all’esito di giudizio abbreviato dal
G.u.p. del Tribunale di Palmi nei confronti di Amato Vincenzo, ritenuto colpevole
dei reati di resistenza a pubblico ufficiale, lesioni e porto di arnesi da scasso e
condannato alla pena di anni 2 e mesi 6 di reclusione.

Data Udienza: 26/04/2016

Nel giudizio di merito è stato accertato che l’Amato, non fermatosi all’alt
intimato dai Carabinieri di Gioia Tauro, si era dato alla fuga per evitare il
controllo, aveva speronato per due volte l’autovettura di servizio, cagionando
lesioni agli operanti, che avevano perso il controllo del veicolo, ed era stato
trovato in possesso di arnesi da scasso.

2. Avverso la sentenza propone ricorso il difensore dell’imputato, che ne
chiede l’annullamento per i seguenti motivi:

integrale rinvio alla sentenza di primo grado così sottraendosi all’onere
motivazionale imposto al giudice dell’impugnazione;
– erronea applicazione della legge penale e inosservanza di norme
processuali stabilite a pena di nullità: si deduce che la sentenza impugnata è
fondata su una prova inutilizzabile e su parziali richiami alle generiche
annotazioni di servizio dei militari, trascurando le dichiarazioni spontanee rese
dall’imputato, che ha negato di aver speronato l’autovettura dei militari, essendo
stato, anzi, tamponato durante l’inseguimento. Si sostiene che l’affermazione di
responsabilità per il reato di resistenza è stata fondata su una dubbia dinamica
dei fatti, risolvibile disponendo la richiesta consulenza tecnica per verificare il
punto d’urto: pertanto, la sentenza va annullata perché il fatto non è stato
commesso dall’imputato o, in subordine, per colmare le carenze istruttorie
denunciate con escussione degli altri verbalizzanti, come richiesto dalla difesa;
– illogicità della motivazione, che ha fondato la responsabilità dell’imputato
sulla sola deposizione dei due operanti, senza raggiungere la certezza probatoria
dell’attribuibilità della condotta all’imputato;
– carenza di motivazione in relazione al delitto di lesioni: la sentenza
impugnata non ha compiuto alcuna puntuale valutazione sulle lesioni, ma ha
riconosciuto fede privilegiata alla annotazione di P.g.; stante l’insussistenza del
delitto di resistenza è illogico ritenere XC~9 l’aggravante del nesso
teleologico ed escludersi la sussistenza delle lesioni semplici, in quanto per la
modesta durata della prognosi non costituiscono malattia; in ogni caso doveva
rilevarsi il difetto di querela e l’improcedibilità dell’azione penale;
– carenza di motivazione in ordine al reato di cui all’art.707 cod. pen.: la
Corte non avrebbe tenuto conto che gli arnesi rinvenuti non sono pericolosi ed
erano strumenti di lavoro dell’imputato, che ha dichiarato di svolgere l’attività di
rottamatore di ferro;
– violazione dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 62 bis
e 133 cod. pen.: la Corte non avrebbe operato una corretta valutazione degli
elementi fissati dall’art. 133 cod. pen. per giustificare la concessione

2

411,

– mancanza di motivazione: si deduce che la Corte avrebbe operato

dell’attenuante di cui all’art. 69 cod. pen., omettendo di motivare sul mancato
riconoscimento delle attenuanti generiche e trascurando la natura e le modalità
del fatto, assolutamente marginale e privo di offensività né ha motivato la
mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, perché generico ed aspecifico.

Corte ha fornito adeguata e congrua risposta, limitandosi a contestare la
decisione ed a ribadire la tesi dell’insussistenza dei reati in base ad una lettura
alternativa dei fatti, proposta come preferibile e prevalente su quella dei giudici
di merito.
Trascura il ricorrente che una simile richiesta esula dal perimetro valutativo
di questa Corte, tenuta a verificare la congruenza logica delle argomentazioni
poste a fondamento della decisione in relazione alle risultanze processuali:
verifica che ha esito positivo nel caso in esame, in quanto la sentenza impugnata
è immune da vizi logico-giuridici.
Ed invero, per espressa volontà del legislatore, il sindacato demandato alla Corte
di cassazione essere limitato a riscontrare l’esistenza di un logico apparato
argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di
verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è
avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle
acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di legittimità quello
di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui
valutazione è riservata, in via esclusiva, al giudice di merito, senza che possa
integrare un vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa – e per il
ricorrente più adeguata – valutazione delle risultanze processuali

(ex plurimis

Cass. Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Rv. 253099; Sez. 2, n. 23419 del
23/05/2007, Rv. 236893).
Pur in presenza di una doppia conforme e di motivazioni che si saldano e si
integrano, di talché è infondata la censura di omessa motivazione, il ricorrente
assertivamente sostiene che non vi fu resistenza, seguendo l’assunto
dell’imputato, che ha ammesso di essersi dato alla fuga, ma non di aver
speronato l’autovettura dei CC, dalla quale sarebbe stato tamponato, come
avrebbe inteso provare con una perizia, rifiutata dalla Corte d’appello.
Ebbene, i giudici di merito hanno adeguatamente risposto sul punto,
evidenziando l’intempestività della richiesta difensiva, formulata direttamente in
udienza e non nell’atto di appello o con motivi nuovi.

3

1.1 Il ricorrente reitera le censure già formulate in appello, alle quali la

Hanno, quindi, ritenuto provata, in base alle prove assunte nel corso
dell’istruttoria dibattimentale, la responsabilità dell’imputato in ordine al reato di
resistenza, non limitatosi a darsi alla fuga non appena notata la presenza dei CC,
che intendevano legittimamente sottoporre a controllo il veicolo in ragione della
condotta sospetta dell’imputato, ma ha tenuto una condotta concretamente
oppositiva ed elusiva del controllo, continuando la corsa e speronando
l’autovettura dei C.C., che conseguentemente riportarono le lesioni certificate in
atti, compatibili con la dinamica descritta.

versione resa in udienza dall’imputato, non solo diversa da quella resa in sede di
interrogatorio, ma anche debole giustificazione della fuga posta in essere – per
l’urgenza di recapitare un medicinale acquistato per la moglie, piuttosto che
sottrarsi al controllo perché sprovvisto di assicurazione, come dichiarato
inizialmente -.
1.2 Infondata è la censura relativa al delitto di lesioni, avendo la Corte di
appello esaurientemente spiegato che i traumi contusivi riportati dai militari,
sebbene comportanti una limitata alterazione funzionale dell’organismo, sono
riconducibili al concetto di malattia ed integrano il reato contestato.
1.3 Parimenti infondata è la censura circa l’insussistenza dell’aggravante del
nesso teleologico, attesa la intenzionalità dello speronamento ed il collegamento
finalistico della condotta lesiva con la resistenza. Infatti, per la sussistenza
dell’aggravante del nesso teleologico, che ha natura soggettiva, ciò che è
rilevante è il rapporto che lega la commissione dei due reati e la maggiore
pericolosità dimostrata dall’agente.
1.4 Anche in ordine al reato contravvenzionale la risposta fornita dalla Corte
di appello è incensurabile, in quanto non solo non risulta provata l’attività
lavorativa svolta dall’imputato, ma è oggettivamente esclusa la compatibilità
degli strumenti di effrazione rinvenuti con l’asserita attività lecita.
1.5 Risulta, altresì, pienamente giustificato dai precedenti numerosi e gravi
nonché dalla condotta processuale dell’imputato il diniego delle attenuanti
generiche.
All’evidenza errata è la contestazione difensiva circa la mancata concessione
della sospensione condizionale della pena, ostandovi l’entità della pena inflitta ed
i precedenti dell’imputato.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali ed al pagamento di una somma in favore
della cassa delle ammende, che si stima equo determinare in € 1.500,00.

P.Q.M.

4

Logicamente argomentata è la valutazione dell’inverosimiglianza della

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.500 in favore della cassa delle
ammende.

Così deciso il 26/04/2016.

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