Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22796 del 15/04/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 22796 Anno 2016
Presidente: FIDELBO GIORGIO
Relatore: SCALIA LAURA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Grossi Claudio, nato a Albert New South (Australia), il 13/09/1971

avverso la sentenza del 27/11/2013 della Corte di appello di Napoli

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Laura Scalia;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Luigi Birritteri, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.

La Corte di appello di Napoli, confermando la sentenza

resa dal Tribunale all’esito di giudizio abbreviato, ha condannato

Data Udienza: 15/04/2016

Claudio Grossi alla pena di un anno ed otto mesi di reclusione ed
euro 4000 di multa.
2.11 prevenuto è stato ritenuto colpevole dei reati:
– di illecita detenzione di sostanza stupefacente di tipo eroina e
morfina suddivisa in due ovuli, uno dei quali del peso di gr. 1.023
(contenente un principio attivo di diacetilmorfina al 16,5%, di 6Monoacetil-morfina al 6% e di morfina al 2,4%) occultato sotto la

di diacetilmorfina al 16,7%, di 6-monoacetil-morfina al 6,1% e di
morfina al 2,8%) precedentemente ingerito per via orale, sostanze
ritenute, per le modalità di presentazione, per il peso lordo
complessivo ed i confezionamento frazionato e le modalità di
occultamento, destinate ad uso non personale (art. 73, commi 1 e 1-

bis, d.P.R. n. 309 del 1990);
– di resistenza a pubblico ufficiale, per aver usato violenza e
minaccia al fine di opporsi ad ufficiali ed agenti di P.S. intenti a
compiere un atto del loro ufficio, controllo finalizzato al reperimento
di eventuale sostanza stupefacente, tentando di evitare i controlli e
segnatamente l’effettuazione di esame radiografico, prendendo gli
operanti a spintoni e dando testate al macchinario utilizzato (art. 337
cod. peri.);
– di non aver ottemperato all’obbligo di non far rientro nel
Comune di Villa Literno per anni tre in quanto colpito da foglio di via
obbligatorio emesso dal questore di Caserta (art. 2 legge n. 1423 del
1956).
Nel trattamento sanzionatorio applicato è stata ritenuta
l’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, già
stimata nella sua configurabilità dal Tribunale, come prevalente sulla
contestata recidiva reiterata e specifica.

3. Avverso l’indicata sentenza propone ricorso per cassazione il
difensore del prevenuto, articolando due motivi.
3.1.

Con il primo motivo, la difesa deduce violazione di legge

(art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen.) in relazione all’art. 73,
comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 ed all’art. 69, quarto comma, cod.

lingua e l’altro del peso di gr. 14,993 (contenente un principio attivo

pen. nonché travisamento del fatto (art. 606, comma 1, lett. e) cod.
proc. pen., in relazione all’art. 125 cod. proc. pen.).
L’entrata in vigore del di. n. 146 del 2013 per l’art. 73, comma
5, d.P.R. n. 309 del 1990, oltre a registrare un abbassamento della
pena edittale, ha reso l’ipotesi ivi contemplata reato autonomo e non
più circostanza attenuante speciale.
Denuncia la difesa che il giudizio di comparazione operato,

reiterata e specifica e quella che la Corte stessa ha apprezzato essere
l’attenuante dell’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, cit. — in
applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 251 del 2012
che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 69, comma
quarto, cod. pen. nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza
della circostanza attenuante di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309
cit. sulla recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen. — non
sarebbe più effettuabile.
A ciò conseguirebbe una diversa dosimetria della pena, precluso
peraltro ogni esito peggiorativo del trattamento sanzionatorio
applicabile per il divieto della refomatio in peius.
La Corte di merito non avrebbe poi valorizzato, per escludere la
destinazione alla cessione a terzi della sostanza stupefacente, lo stato
di tossicodipendenza dell’imputato, riconosciuto in sede di convalida
dell’arresto dal Tribunale, nell’insufficienza, ai fini dell’integrazione
dell’ipotesi di cessione, del dato ponderale e di quello reddituale.
Con altro motivo la difesa denuncia violazione di legge (art. 606,
comma 1, lett. b), cod. proc. pen.) e travisamento del fatto (art. 606,
comma 1, lett. e) cod. proc. pen.), nell’operata riconduzione della
contestata condotta all’ipotesi di resistenza (art. 337 cod. pen.).
Il prevenuto avrebbe infatti osservato il comportamento
contestatogli per il timore e per l’insofferenza verso l’accertamento
medico, rappresentato dall’esame radiografico, a cui egli era stato
sottoposto e non dalla volontà di resistere agli operanti.

3

pertanto, dalla Corte di appello tra l’aggravante della recidiva

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e come tale va rigettato.
1.1.

In via preliminare, la Corte di appello di Napoli ha, con

motivazione sorretta da logica e che non si presta a scrutinio di
legittimità, escluso l’uso personale della sostanza stupefacente
debitamente valorizzando, secondo costante orientamento di

Sez. 6, n. 12146 del 12/02/2009, Delugan, Rv. 242923) gli indici
sintomatici del possesso di sostanza finalizzato alla cessione (dato
ponderale lordo ed il numero, pari a 160, di dosi medie singole
ricavabili dalla sostanza rinvenuta; la diversità, morfina ed eroina,
della sostanza; le modalità di trasporto, all’interno del corpo del
prevenuto).
1.2.

Tanto ritenuto, il primo motivo di ricorso non merita

accoglimento.
In ipotesi di successione di leggi nel tempo, l’individuazione della
lex mitíor

ai sensi dell’art. 2, comma quarto, cod. pen. deve

procedere per comparazione, in concreto, delle diverse discipline
sostanziali succedutesi nel tempo (Sez. 4, n. 49754 del 24/10/2014,
Fretiche, Rv. 261170; Sez. 2, n. 5723 dei 02/12/2014, (dep. 2015),
Caboni, Rv. 262279).
In ragione dell’affermato principio, la Corte di legittimità, in
materia di stupefacenti ed in retazione alla fattispecie di lieve entità
di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309,
trasformata da circostanza attenuante a reato autonomo dall’art. 2
D.L. 23 dicembre 2013, n. 146, convertito con modificazioni dalla
legge 21 febbraio 2014, n. 10, novellato con riguardo al trattamento
sanzionatorio dal D.L. 20 marzo 2014, n. 36, convertito con
modificazioni dalla legge 16 maggio 2014, n. 79, ha ritenuto che
anche per le droghe pesanti potrebbe rivelarsi di maggior favore
l’originaria previsione della circostanza attenuante ad effetto speciale
laddove questa sia giudicata prevalente rispetto alla ritenuta recidiva
reiterata specifica infraquinquennale (Sez. 4, n. 49754 cit.).

legittimità (Sez. 3, n. 46610 del 09/10/2014, Salaman, Rv. 260991;

Registrandosi nella specie rispetto a cdd. droghe pesanti
(morfina ed eroina) la riconduzione della condotta di detenzione e
cessione nell’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. cit. ritenuta,
ante riforma, quale circostanza attenuante ad effetto speciale ed
entrata, come tale, nel giudizio di valenza con la contestata recidiva
specifica e reiterata (art. 99, quarto comma, cod. pen.), si realizza
proprio quel trattamento, in concreto, di maggior favore per il reo.

caducazione della sentenza per sopravvenuta normativa che risulti
solo in astratto più favorevole per positiva incidenza sul trattamento
sanzionatorio ed il relativo motivo va rigettato.
1.3. In piena adesione ai contenuti della norma risulta poi essere
stata apprezzata nell’impugnata sentenza la contestab.condotta di
resistenza ai sensi dell’art. 337 cod. pen., per una motivazione la cui
articolazione non rivela alcuna caduta in punto di logica per la
sintomatica e dedotta, dal ricorrente, figura della illogicità manifesta.
La resistenza, come congruamente apprezzato dalla Corte di
merito, venne posta in essere dal Grossi allorché gli agenti cercavano
di svolgere un atto del loro ufficio, verificando il trasporto di sostanza
stupefacente all’interno del corpo dell’imputato, senza che il timore,
dalla difesa evidenziato, verso l’atto di accertamento medico cui il
Grossi venne, per lo svolgimento dell’indicata verifica, sottoposto,
possa escludere l’elemento psicologico del reato.
Nell’elemento soggettivo del reato di resistenza a pubblico
ufficiale, il richiesto dolo specifico consiste nella coscienza e volontà
di usare violenza o minaccia al fine di opporsi al compimento di un
atto dell’ufficio e ove integrato lo stesso relega nell’area della
irrilevanza gli eventuali motivi di fatto avuti di mira dall’agente (Sez.
6, n. 38786 del 17/09/2014, Eki, Rv. 260469; Id., n. 9119 del
01/06/1995, Caruso, Rv. 202318).
Nella specie la volontà del prevenuto di sottrarsi ad un
accertamento medico (esame radiografico) ritenuto pericoloso non
vale ad escludere infatti la coscienza e volontà di dirigere l’assunta
condotta violenta avverso pubblici ufficiali impegnati nel compimento
di un atto del proprio ufficio, nel piano svolgimento di condotte che,

L’indicata fattispecie impone quindi l’esclusione di ogni

come descritto

nell’impugnata sentenza,

univocamente e

pacificamente, denuncia la contestualità tra il compimento dell’atto e
la reazione del privato.

2.11 proposto ricorso va pertanto, nel suo complesso, rigettato.
Segue per legge (art 616 cod. proc. pen.), all’adottata pronuncia,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

Così deciso in Roma, il 15/04/2016

Il Consigliere estensore

Il Pres

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